Lo stesso Garibaldi aveva rifilato ai romani questa scultura simbolo della retorica risorgimentale. Noi, al Sud e in Sicilia, piuttosto che occuparci dello “Scudo di Garibaldi”, dovremmo liberarci delle statue dedicate a questo personaggio, ai Savoia e agli altri invasori del 1860. Importante, anche, togliere i nomi di Garibaldi e di tutti gli invasori come lui dalle vie, dalle piazze e dalle scuole del Sud e della nostra Isola
Hanno ritrovato lo “Scudo di Garibaldi”. La retorica – che in Italia non manca mai, soprattutto quando c’è da continuare a proporre e riproporre la storia falsata, come quella del Risorgimento nel Sud – racconta che quest’opera sarebbe stata regalata dal popolo siciliano a Garibaldi per riconoscenza dopo l’impresa dei Mille.
Non si capisce per quale motivo i siciliani avrebbero dovuto ringraziare Garibaldi, visto che, con il denaro degli inglesi e con il sistematico tradimento dei più importanti ufficiali del Regno delle Due Sicilie, aveva consegnato la nostra Isola ai Savoia.
Giusto dare merito del ritrovamento ai Carabinieri del Reparto Operativo Tutela Patrimonio Culturale e della Stazione di Roma Gianicolense.
Detto ciò, va ricordato che questa scultura – che esemplifica uno dei periodi più bui della storia della Sicilia e del Sud Italia – è stata sì regalata a Garibaldi, ma non certo dal popolo siciliano.
Il popolo siciliano non ha mai amato né Garibaldi, né i Savoia. I siciliani non avevano motivo di ringraziare Garibaldi. Anzi.
E lo stesso discorso vale per il resto del Sud Italia che, dopo la ‘presunta’ unificazione, ha combattuto una guerra di liberazione dagli oppressori piemontesi che, purtroppo, noi del Sud abbiamo perso.
Quelli che la falsa storia – raccontata dagli “scrittori salariati” – definiva “i briganti” erano, in realtà, uomini e donne del Sud che, con grande coraggio e determinazione, hanno cercato di liberarsi dagli invasori piemontesi.
Del resto, è lo stesso Garibaldi che, in una celebre lettera a Donna Adelaide Cairoli, riconosce che la gente del Sud ha tutto il diritto di ribellarsi ai Savoia:
“Ho la coscienza di non aver fatto male; nonostante, non rifarei oggi la via dell’Italia Meridionale, temendo di esservi preso a sassate da popoli che mi tengono complice della spregevole genìa che disgraziatamente regge l’Italia e che seminò l’odio e lo squallore là dove noi avevamo gettato le fondamenta di un avvenire italiano, sognato dai buoni di tutte le generazioni e miracolosamente iniziato”.
Questa lettera è del 1868. Due anni prima, in Sicilia, era esplosa la ‘Rivolta del Sette e mezzo’: una rivolta popolare – raccontata dal nostro Ignazio Coppola – contro i piemontesi, cioè contro la “spregevole genìa” così definita da Garibaldi.
Garibaldi non era affatto legato a questa scultura: tant’è vero che se ne sbarazzò, rifilandola alla città di Roma che la sistemò prima nel Museo Capitolino e poi nel Museo Nazionale del Risorgimento che si trova nel Palazzo del Vittoriano.
Da qui è stata trafugata e ora è stata ritrovata nell’abitazione di un architetto.
La scultura – che racconta le principali battaglie combattute da Garibaldi e prova a far passare per cosa seria la sceneggiata passata alla storia come impresa del Mille – è opera dello scultore palermitano Antonio Ximenes, padre del più famoso Ettore Ximenes.
Comunque possiamo stare tranquilli: la statua resterà a Roma. In Sicilia ci bastano le statue, le vie, le piazze e le scuole intitolate a Garibaldi e agli altri ‘predoni’ che nel 1860 – ribadiamo: grazie agli inglesi – hanno fatto della Sicilia e del Sud carne di porco.
Quando il Sud e la Sicilia si libereranno di tutte queste statue, cambiando i nomi alle vie, alle piazze e alle scuole dedicate ancora oggi a Garibaldi, ai Savoia e agli altri ‘predoni’ del Risorgimento sarà sempre troppo tardi!
Foto tratta da Seguo News
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