Ars negata a Cuffaro: “Classe politica senza spina dorsale, antimafia pelosa”

8 luglio 2016

Un bel commento su Repubblica Palermo di Gery Palazzotto ci ricorda la levatura di quanti hanno negato l’accesso all’Ars all’ex governatore, in primis il Presidente dell’Ars. Che cita Mattarella, ma poi è il primo a tradire il principio di una “Sicilia con le carte in regola”…

Continua a tenere banco la polemica sul no del Presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, ad un convegno che si sarebbe dovuto svolgere a Palazzo Reale- sede dell’Assemblea regionale siciliana- che vedeva tra i relatori l’ex governatore, Totò Cuffaro. Tema: i diritti dei detenuti. Un no motivato da Ardizzone con l’inopportunità per un condannato per favoreggiamento alla mafia, di parlare in una sede istituzionale e per di più, parole sue, nella sala intitolata a Piersanti Mattarella.

Tra i tanti commenti sul caso, ci colpisce quello del collega Gery Palazzotto pubblicato oggi su Repubblica Palermo. Un collega- per inciso- lontanissimo dal mondo cuffariano. Ed, infatti, il suo articolo parte con una premessa: nessun dubbio che sia stato “un pessimo amministratore”. Ma, nessun dubbio sul fatto che sia stato “un ottimo carcerato”, nel senso che sicuramente Cuffaro ha i ‘titoli’ per parlare di carceri e detenuti.

Quindi il giudizio che condividiamo in toto: negare l’Ars a Cuffaro “è stata una scelta di una ipocrisia pelosa che ben rispecchia la levatura di una classe politica senza spina dorsale”.

Dire no per incompatibilità con la sede istituzionale e citare, addirittura, Mattarella “è un po’- scrive Palazzotto- come elevare la ragioneria a filosofia di vita”. Un esempio “della peggiore antimafia di facciata”.

Ben detto. La definizione più azzeccata, a parte l’antimafia dei ragionieri che ammorba la Sicilia, ci pare quella che definisce la nostra classe politica senza spina dorsale. 

L’ennesima prova della mancanza di spina dorsale- la peggiore degli ultimi tempi- l’abbiamo vista in Aula due giorni fa, quando il partito di Giovanni Ardizzone, insieme con il PD-A (sarebbe il PD con l’aggiunta di una A che sta per ascari) e il NCD, ha approvato l’accordo truffa Stato-Regione pur di non dispiacere il Governo nazionale. Un accordo, che come vi abbiamo più volte detto (in allegato alcuni articoli sul tema), ‘incapretta’ 5 milioni di siciliani cui vengono tolte risorse che gli spetterebbero per diritto in cambio di briciole che pure gli appartengono.

Truffati e imbrogliati con la bugia dei 500 milioni in arrivo da Roma che, pure se arrivassero, non sono soldi che ci vengono concessi, ma una anticipazione che dovremmo ripagare con il nostro gettito fiscale. Rinunciando a tante prerogative e, ovviamente, ai 7 miliardi che dovremmo incassare ogni anno se il nostro Statuto fosse applicato, per stessa ammissione dell’assessore-commissario, nonché tutore di Crocetta, Alessandro Baccei. 

In questa seduta il comportamento di Ardizzone- che ora fa il moralista con Cuffaro- è stato scandaloso. Da vero e proprio maggiordomo della maggioranza e in palese violazione dei più basilari principi parlamentari: l’accordo è stato inserito nella legge di variazioni di bilancio che, come vi abbiamo spiegato nel dettaglio qui, è una legge formale: in queste leggi non sono permesse, né possono essere introdotte norme sostanziali, ovvero norme, per esempio, che autorizzino nuove spese oppure che non riguardino la materia in discussione. Come l’accordo Stato-Regione. 

Non solo. Su questo accordo c’è un dibattito politico a Roma dove è stata sollevata la pregiudiziale di costituzionalità. Ardizzone se ne è infischiato e ha fatto di tutto per andare avanti. Va da sé, come abbiamo già detto, che divide le responsabilità con il resto della maggioranza, ma lui da Presidente del Parlamento aveva il dovere di fare rispettare le regole (per inciso, l’accordo andrebbe  avanti da sé, ma dall’Aula siciliana è arrivato un segnale che renderà più difficile il lavoro di quanti provano a bloccarlo a Roma).

E, allora, Presidente Ardizzone, eviti di sciacquarsi la bocca citando Piersanti Mattarella che quando parlava di “Sicilia con le carte in regole” si riferiva soprattutto al dovere della politica di rispettarle. Cosa che lei non ha fatto. Per non parlare del fatto che, con ogni probabilità, Mattarella che considerava l’Autonomia siciliana una risorsa (la difese strenuamente come potete leggere qui), non avrebbe mai consentito un accordo che la mortifica e che prende in giro i Siciliani.

L’unica cosa che può consolare i Siciliani è che il suo partito è ridotto ad un prefisso telefonico e che l’unione con un altro prefisso telefonico (NCD) non cambierà le cose. I Siciliani vi cancelleranno del tutto. Così come hanno cominciato a cancellare il PD -A che già alle ultime amministrative ha preso una batosta colossale.

Un’ultima cosa: la mafia si nutre anche in quella melma fatta di una politica e di una burocrazia regionale che si piegano ad interessi personali.  Mattarella lo sapeva bene, e lei e i suoi compari?  

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