La svendita dei terreni agricoli lungo l’asse Ciminna-Chiaromonte Gulfi per favorire il colonialismo energetico/ MATTINALE 525

26 maggio 2020

Un post su Facebook di Giuseppe Li Rosi rilancia una grande questione geo-politica e coloniale: i terreni da scippare agli agricoltori siciliani e del Sud Italia per produrre energia fotovoltaica. Operazione di Land gabbring che lascerà terreni disattivati, povertà ed ennesima frustrazione. Gli interessi di gruppi internazionali, a cominciare dai tedeschi. Lo smantellamento delle Sovrintendenze siciliane e il ruolo delle navi cariche di grano estero che invadono la Puglia e la Sicilia  

Un post su Facebook, pubblicato da Giuseppe Li Rosi, tra i protagonisti, in Sicilia, dell’esperienza di Simenza, accende i riflettori su alcune questioni strettamente interconnesse: la crisi – voluta – dell’agricoltura siciliana; il fallimento di molte aziende agricole della nostra Isola e le relative richieste di acquisto di terreni da parte di imprecisati soggetti che agiscono direttamente o per conto terzi; gli interessi di chi intende realizzare in Sicilia, nei terreni agricoli (per lo più seminativi: la crisi del grano duro, coltura d’elezione del Sud Italia e della Sicilia non è casuale)  impianti per la produzione di energia alternativa, per lo più solare.

Il fenomeno dell’accaparramento dei terreni, noto come Land gabbring, va in scena dal 2008, cioè da quando è iniziata la crisi economica. E se in quegli anni le terre venivano acquistate per garantirsi l’autonomia alimentare, da qualche anno a questa parte la situazione è mutata.

Noi ci siamo occupati del Land gabbring nel 2016, in occasione del dibattito sulla Finanziaria nazionale portata avanti allora dal Governo nazionale di Matteo Renzi:

“La manovra a tenaglia sugli agricoltori, giocata su IMU agricola e IVA – scrivevamo poco meno di quattro anni fa – non servirebbe al Governo solo per fare ‘cassa’, ma anche per creare le condizioni per acquisizioni di terreni agricoli da parte di imprecisati soggetti. Si profila una perdita di accesso sulle terre eventualmente cedute e alle risorse naturali come l’acqua?“.

Allora si pensava all’acqua. oggi si parla di energie alternative. Ma leggiamo il post di Giuseppe Li Rosi:

“In questi ultimi 20 anni – scrive Li Rosi – abbiamo assistito alla disattivazione dell’agricoltura nella nostra Isola che ha messo in grave sofferenza la maggior parte degli operatori veri. Alla luce di alcune notizie, questa sembra essere un’azione propedeutica affinché le proposte di compravendite o affitti dei terreni agricoli fatte da sensali paraninfi agli agricoltori ‘disfiziati’, per la costruzione di impianti fotovoltaici, vengano accettate. Ad un povero agricoltore non gli sembra vero che qualcuno possa offrire il doppio del prezzo di mercato per un ettaro di terra che non conviene più coltivare”.

“La cosa interessante – prosegue uno dei protagonisti di Simenza – è che questa masnada di ruffiani del territorio, che contattano i poveri agricoltori per vendere o affittare i loro terreni, gravitano proprio lungo il corridoio dell’elettrodotto Ciminna-Chiaramonte Gulfi che non serve solamente a ‘mettere in sicurezza’ il sistema elettrico e per sviluppare il territorio regionale, come dicono i giornali, ma serve, sopratutto, a chiudere il ‘Cerchio Magico’ che collega l’energia prodotta in Tunisia da una cordata Italo-Tedesca, a quella prodotta in Sardegna ed il potenziamento dell’elettrodotto sotto lo Stretto + il Sicilia-Malta (info: Istituto TerraeLiberAzione). Inoltre, lungo questo corridoio isolano – (“l’anello elettrico funzionale al saccheggio dell’Isola e del Mediterraneo centrale cfr.Istituto TerraeLiberAzione) – vedremo nascere i più grandi parchi di fotovoltaico d’Europa che produrranno energia sui terreni agricoli acquisiti in logiche di Land grabbing 2.0: coi soldi. Quindi, la Sicilia diventa piattaforma produttiva e snodo di enormi flussi energetici che lasceranno a noi terreni disattivati, povertà ed ennesima frustrazione. Quanto alle ‘energie pulite’, di rinnovabile hanno i profitti e le bollette: in breve, paghiamo tutto noi in bolletta. Per 20 anni!. In poche parole, questo corridoio assomiglia sempre più alla classica galleria che i ladri scavano per portare via l’oro dal caveau di una Banca”.

A questo punto Giuseppe Li Rosi cita una questione che noi abbiamo iniziato a trattare da qualche giorno: l’incredibile disegno di legge, presentato in Assemblea regionale siciliana, che sembra puntare allo smantellamento delle Sovrintendenze. Scrive infatti, Giuseppe Li Rosi:

“Infine le nostre istituzioni, per favorire la pianificazione e lo scavo della galleria dei banditi, nella nostra ‘cara’ Assemblea regionale si studia un disegno di legge che toglierebbe potere sul Paesaggio ed i Beni Culturali alle Sovrintendenze per assegnarlo in ultima istanza ai Comuni e chiaramente ai geometri di essi. Vi immaginate?. Altri soldi ai mercenari di turno: piccole mance agli indiani delle riserve”.

Li Rosi, come potete leggere, solleva questioni importanti. Questioni che I Nuovi Vespri trattano da tempo. Come la crisi – ribadiamo: voluta – dell’agricoltura siciliana e, segnatamente, del grano duro siciliano, come segnala da anni Cosimo Gioia, produttore di grano duro nell’entroterra della Sicilia.

“E’ un problema enorme – ci raccontava nell’Agosto dello scorso anno Cosimo Gioia -. Il costo della manodopera, da noi, è di almeno dieci volte superiore a quello dei Paesi produttori da cui importiamo prodotti agricoli. Qui da noi in Sicilia molti agricoltori abbandonano perché non ce la fanno a competere. Un operaio agricolo, nella nostra Isola, tra tasse e balzelli vari, costa più di 100 euro al giorno. E chi sgarra, anche per una minima fesseria, viene per pronto accomodo accusato di ‘Capolarato’ dai solerti funzionari e magari arrestato, salvo poi ad essere discolpato ma multato per decine di migliaia di euro e, quindi , rovinato… Succede che noi agricoltori siamo spesso oggetto di controlli a tempesta, tipo ‘Ghestapo’, con gente che ti dice: ‘La rovino, le faccio vendere l’azienda’. Parole pronunciate con sadica soddisfazione, come mi raccontava un amico incappato in una vicenda di questo tipo. E chi si azzarda più a coltivare in queste condizioni?”.

“La rovino, le faccio vendere l’azienda”.

Torniamo al cuore di questo articolo. Nell’Agosto dello scorso anno abbiamo scritto il seguente articolo:

“Il paradosso: i siciliani non comprano vini veneti, ma i veneti si prendono i terreni agricoli della Sicilia”.

Quattro mesi dopo – Dicembre dello scorso anno – abbiamo scritto un atro articolo:

“Sicilia e Puglia: fanno fallire gli agricoltori per prendersi i terreni per quattro soldi”.

Dopo di che il nostro amico Mario Di Mauro, vulcanico protagonista di TerraeliberAzione, peraltro citato da Giuseppe Li Rosi, ha scritto un lungo post su Facebook dove si parla di acquisizione dei terreni siciliani da parte di gruppi esteri, soprattutto tedeschi.

 “Caro Giulio Ambrosetti,

come ti ho detto anche al telefono, nella sola PIANA DI CATANIA e dintorni abbiamo già censito oltre 2000 ettari opzionati o ‘in trattativa’ per farne un DESERTO ENERGETICO MILIARDARIO… ma non si tratta su ‘quattro soldi’: le offerte sono da LAND GRABBING 3.0: solo di opzione si va da 2000 euro a ettaro in su per l’affitto annuale dei diritti di superficie / altra cosa è la debolezza della filiera agroalimentare siciliana: qui, al netto di preziose eccezioni, si stanno suicidando da mezzo secolo -> l’inchiesta di TERRAELIBERAZIONE (lunga dagli anni Ottanta!) continuerà su questo tema a gennaio: stiamo solo verificando alcuni dati e i contratti, molti riconducibili a gruppi tedeschi o italo-tedeschi”.

“Sullo sfondo – prosegue Di Mauro – c’è la GRANDE MENZOGNA dei ‘cambiamenti climatici di prevalente causa antropica’ e tutto il circo delle energie rinnovabili colonialiste: è la fase due, che include lo sviluppo di reti, elettrodotti ecc. in una logica neocoloniale che prende di mira la Sicilia e la Tunisia. La prima fase, in Sicilia, avendola capita per tempo, siamo riusciti a ostacolarla, questa sarà più complicata. Ma serve un movimento di massa serio e lucido: scientifico. Di più non possiamo FARE. No slogan. E, così come su altre questioni cruciali, non stamu jukannu”.

Dopo di che Di Mauro illustra anche il modello di contratto proposto agli agricoltori:

“Ecco un modello di contratto (tanti agricoltori manco lo sanno leggere: e non vi mancano certo un paio di tranelli…). Ma i soldi che offrono sono tanti… Per quanto poca cosa rispetto ai profitti che se ne ricaveranno. Il contratto standard è questo: tanti agricoltori manco lo sanno leggere”. 

(QUI TROVATE PER ESTESO IL NOSTRO ARTICOLO CON LE RIFLESSIONI DI MARIO DI MAURO E CON UNA SINTESI DEGLI INTERESSI DEI TEDESCHI IN SICILIA)

Non possiamo non segnalare, infine, la ‘sorpresa’ che ‘rischia’ di interrompere l’accaparramento di terreni – per lo più seminativi – da parte di soggetti imprecisati (per lo più esteri): l’inaspettato aumento del prezzo del grano duro in tutto il mondo e, quindi, anche nel Sud Italia. Basti pensare che, nel Sud Italia, il prezzo del grano duro è passato dai 18-20 euro al quintale dello scorso anno ai 28-30 euro al quintale di oggi.

Inaspettato per modo di dire, se è vero che Mario Pagliaro, chimico, ricercatore del CNR, appassionato di climatologia, ha previsto.

All’aumento del prezzo del grano duro – che come già accennato, ‘rischia’ di mandare all’aria chi pensava di accaparrarsi i seminativi del Sud Italia (perché tale fenomeno non interessa solo la Sicilia, ma anche altre aree del Mezzogiorno d’Italia) – corrisponde un incredibile aumento di grano duro arrivato con le navi tra la Puglia e la Sicilia.

E’ la denuncia del senatore Saverio De Bonis di questi giorni:

“Con la scusa del Coronavirus in Italia 2 milioni di quintali di grano con le navi senza controlli”.

Ma guarda un po’ che combinazione strana: il prezzo del grano duro del Sud Italia è cresciuto di circa 10 euro al quintale e in piena emergenza Coronavirus, tra Pozzallo e Bari, le navi cariche di grano – addirittura senza controlli! – non si contano più. Magari qualcuno potrebbe anche pensare che la speranza di chi manovra il tutto sia quella di far precipitare il prezzo del grano duro del Sud per convincere gli agricoltori a vendere i terreni…

 

 

 

 

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