MATTINALE 51/ I have a dream: affondare le navi cariche di grano che arrivano a Pozzallo…

5 maggio 2018

Qualche volta starsene seduti può anche essere un atto rivoluzionario: basta sedersi nel posto giusto e per il tempo necessario. I coloni americani che presero parte al Boston Tea Party, prima di sedersi, gettarono in mare le casse di tè. E magari erano pure seduti coloro i quali spararono il primo colpo dall’incrociatore Aurora. E allora? Tutti seduti nel porto di Pozzallo…

Il Boston Tea Party fu un atto di protesta dei coloni americani, verificatosi giovedì 16 dicembre 1773, nel porto di Boston, in risposta al continuo innalzamento delle tasse attuato dal governo britannico. Una compagine di giovani americani, appartenenti al gruppo patriottico Sons of Liberty, si travestì da indiani Mohawk e si imbarcò a bordo della navi inglesi ancorate nel porto di Boston. Una volta a bordo furono gettate in mare le casse di tè trasportate dalle navi.

La notte di quel 16 dicembre 1773 fu uno dei principali catalizzatori che condussero alla guerra di indipendenza americana. Inoltre l’evento permise di raccogliere numerosi appoggi per i rivoluzionari delle tredici colonie che in seguito avrebbero avuto la meglio nella loro lotta per l’indipendenza.

L’Aurora è un incrociatore protetto russo costruito nei cantieri navali di San Pietroburgo e varato l’11 maggio 1900. Nel 1904-1905 prese parte alla guerra russo-giapponese. Nel 1908 fu una delle prime navi a portare i soccorsi alla popolazione di Messina e Reggio Calabria colpite dal terremoto del 1908. Nell’ottobre del 1917 sparò il colpo che diede il segnale per la conquista del Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo durante la Rivoluzione russa, alla quale partecipò attivamente. Oggi sonnecchia placido sulle acque della Neva.

La storia, e a volte le rivoluzioni le fanno le navi, dunque. Questa piccola, doppia, rievocazione non vi fa venire in mente niente? Non c’è forse una nave che puntualmente approda nella nostra Isola dalle parti di capo Pachino, portando miseria e veleni?

Non sarebbe il caso di dare inizio anche noi ad una rivoluzione, incruenta, legale, gentile e gandhiana, cingendo con un cordone sanitario fatto di siciliani, uomini. donne semplici cittadini, produttori e commercianti di grano siciliano questa arca malefica, un cordone che impedisca questo continuo massacro della nostra economia, nel silenzio distratto e forse complice delle istituzioni?

Che cosa c’è di più rivoluzionario che starsene seduti in tondo a “fare quadrato” contro la mafia delle importazioni?

Non sarebbe utile e costruttivo, contarsi, lì, i buoni e i cattivi?

Non farebbe bene alla Sicilia, alla salute nostra e a quella dei nostri figli, alla nostra economia e ai posti di lavoro in agricoltura?

A volte starsene seduti è rivoluzione in atto: basta sedersi nel posto giusto e per il tempo necessario. Non è difficile lottare per affermare i propri diritti, primo di tutti il diritto di esistere. Ma è necessario farlo insieme.

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