La ‘moltiplicazione’ dell’olio d’oliva extra vergine del Nord Italia a spese delle olive e dell’olio di oliva del Sud e della Sicilia/ MATTINALE 499

1 dicembre 2021
  • Dal 1860 in poi, piano piano, pur avendo una quantità di alberi di olivo che, ancora oggi, non supera il 5% degli alberi di olivo presenti in Italia, il Nord controlla il mercato dell’olio d’oliva italiano. Oggi raccontiamo come avviene questa magica ‘moltiplicazione’ 
  • Il pregevole articolo di MeridionLine
  • E la ‘Grande informazione italiana’ che fa? Che raccontano i TG delle Regioni meridionali e della Sicilia? 
  • Il ruolo dei partiti politici nazionali che ‘pugnalano’ ogni giorno Sud e Sicilia grazie ai voti degli elettori meridionali e siciliani

Dal 1860 in poi, piano piano, pur avendo una quantità di alberi di olivo che, ancora oggi, non supera il 5% degli alberi di olivo presenti in Italia, il Nord controlla il mercato dell’olio d’oliva italiano. Oggi raccontiamo come avviene questa magica ‘moltiplicazione’ 

Da quando siamo in rete abbiamo aperto una ‘finestra’ sul mondo dell’agricoltura. Ci occupiamo spesso di grano, olio d’oliva, agrumi e, in generale di ortofrutta e, anche se un po’ meno, di vino. Cerchiamo, insomma, di fare il punto della situazione sull’agricoltura mediterranea. Sull’olio d’oliva abbiamo scritto decine e decine di articoli raccontando in tutte le salse il paradosso di un Sud che, mettendo insieme Puglia, Calabria e Sicilia, produce oltre l’80% dell’olio d’oliva extra vergine italiano, che raggiunge il 90% circa della produzione se aggiungiamo l’olio extravergine di oliva della Campania, della Basilicata e della Sardegna. Ebbene, in questo scenario, da sempre, il mercato dell’olio extra vergine di oliva è controllato dal Nord Italia – Toscana in testa – mediante un’operazione economica e di mercato che definire coloniale è poco. La domanda è semplice: se il Nord Italia produce una frazione minima di olive e di olio d’oliva come fa a controllare il mercato italiano? E’ evidente che le olive debbono arrivare da qualche altra parte. E’ di qualche settimana fa la denuncia della Confederazione Italiana Agricoltori (CIA) della Puglia: “Olive e olio made in Puglia venduti e utilizzati altrove per dare sostanza e qualità alle produzioni di altre Regioni. Si sta riproponendo in modo drammatico un fenomeno che mortifica l’olivicoltura pugliese: olive e olio made in Puglia venduti e utilizzati altrove per dare sostanza e qualità alle produzioni di altre regioni”. Incredibile il racconto di Giuseppe Creanza, direttore CIA Levante (Bari e BAT) al giornale agricoltura.it: “In molti casi si tratta degli stessi frantoi pugliesi che acquistano dal produttore locale olive a 40 euro al quintale, per rivenderle ai frantoi del Centro-Nord a 90 euro al quintale. In altri casi c’è il grave fenomeno dei furti di prodotto, frequenti nelle aree di Bari, BAT e nel Foggiano: in quel caso, presumiamo che le olive che partono non siano neppure tracciate. Così le olive pugliesi finiscono nel Nord Italia, in particolare in Liguria, in Toscana e in Umbria (qui un nostro articolo per esteso).

Il pregevole articolo di MeridionLine

A questo punto diventa illuminante un articolo pubblicato da MeridionLine, dove si illustra la “parabola della moltiplicazione” dell’olio d’oliva del Nord Italia. “Il patrimonio olivicolo italiano è stimato in 150 milioni di piante distribuite su una superficie di 1.165.458 ettari. La Puglia vanta il più alto numero di aziende olivicole (267.203), seguita da Sicilia (196.352), Calabria (136.016) e Campania (112.093). L’olivicoltura nelle Regioni meridionali ed insulari (Puglia, Calabria, Sicilia, Basilicata, Sardegna) rappresenta l’88% della produzione nazionale. La Toscana, prima regione italiana per export di olio l’oliva, stabilisce il record nazionale per numero di molitori (325) ed imbottigliatori (721), superando ampiamente la Puglia (che produce più olio nel nostro Paese), nella quale sono presenti ‘solo’ 163 molitori e 140 imbottigliatori. Secondo una stima, ad ogni litro d’olio prodotto in Toscana corrispondono 10 litri di olio imbottigliato che finisce negli scaffali nazionali e soprattutto internazionali, dando così vita alla parabola della ‘moltiplicazione’ dell’extravergine. Le 70 mila aziende olivicole Toscane (di cui il 43% di esse ha una superficie inferiore all’ettaro, il 60% inferiore a due ettari) producono in totale solo il 5% circa dell’olio italiano; se paragonate alle 267 mila aziende olivicole Pugliesi che producono circa il 50% dell’olio italiano, ci rendiamo subito conto di quanto i dati sull’export di olio extravergine ‘toscano’ siano ‘incredibili’ ed impressionanti. Infatti circa un quarto del valore di prodotti agricoli e agroalimentari che la Toscana esporta nel mondo è dato dall’olio di oliva, con un fatturato di 650 milioni di euro. In aumento dell’1,7% nel periodo Gennaio-Giugno (fonte Istat)”. MeridionLine riporta anche la dichiarazione di Fabrizio Filippi, Presidente Coldiretti Toscana: “L’olio extravergine è uno dei prodotti di punta del nostro Made in Tuscany all’estero. In dieci anni le esportazioni sono aumentate del 60% con un trend in continua crescita”.

E la ‘Grande informazione italiana’ che fa? Che raccontano i TG delle Regioni meridionali e della Sicilia? 

Ora, circola questa informazione nei grandi giornali italiani e in televisione? La televisione italiana – i TG delle Regioni meridionali di Puglia, Calabria, Sicilia, Campania, Basilicata, Sardegna – raccontano quello che succede con l’olio d’oliva? Esiste in Italia un programma  televisivo di approfondimento che illustra agli italiani la verità sull’olio d’oliva del Nord Italia prodotto con pochissimi alberi di olivo? A parte la CIA pugliese, c’è qualcuno che racconta a tutti gli italiani e ai consumatori che acquistano felici lo ‘splendido’ olio d’oliva extra vergine prodotto nel Nord Italia che “olive e olio made in Puglia venduti e utilizzati altrove” vanno a “dare sostanza e qualità alle produzioni di altre regioni”? Sarebbe comunque un errore prendersela con la Toscana e, in generale, con il Nord Italia. Dal 1860, da quando il Sud e la Sicilia sono stati conquistati dai Savoia per dare vita alla ‘presunta’ unità d’Italia va in scena uno spettacolo coloniale che arriva fino ai nostri giorni. I cittadini meridionali e siciliani che celebrano le ‘gesta’ dell’attuale Governo di Mario Draghi ignorano che gli oltre 200 miliardi del Pnrr sono stati assegnati all’Italia dalla Ue perché una parte dell’Italia – Sud e  Sicilia – sono indietro in termini economici e infrastrutturali. Questi 200 miliardi di euro circa dovrebbero andare per il 60% a Sud e Sicilia e per il 40% al Nord. Invece, dallo scorso Luglio, sappiamo tutti che, in un modo o nell’altro (vedi lo scippo dei fondi per l’irrigazione alla Sicilia) andranno per l’80% al Nord e per il 20% a Sud e Sicilia.

Il ruolo dei partiti politici nazionali che ‘pugnalano’ ogni giorno Sud e Sicilia grazie ai voti degli elettori meridionali e siciliani

Attenzione: questo sta avvenendo con il Governo Draghi. Oggi non siamo nel 1860, quando Garibaldi conquistava la Sicilia e il Sud con l’appoggio degli inglesi, della massoneria, della mafia e della camorra. Oggi non ci sono più i generali di casa Savoia – Fumel e Cialdini, per citarne due – che piombavano nel Sud e in Sicilia per scannare meridionali e siciliani che si ribellavano alla conquista piemontese definiti  “Briganti” dalla ridicola storia che ancora oggi viene celebrata in Italia. Oggi a rendere il Sud e la Sicilia sempre più poveri e a programmare e realizzare lo scippo ai danni di Sud e Sicilia sono i politici meridionali e siciliani che ‘esercitano’ il loro mestiere nei partiti politici nazionali. Chi sono i presidenti delle Regioni meridionali e della Regione siciliana? Tutti politici che, di diritto o di rovescio, fanno capo ai partiti politici nazionali-coloniali. Tutti politici che vengono eletti con i voti di meridionali e siciliani che vengono regolarmente ‘incaprettati’ ora con lo scippo di olive e olio d’oliva, ora con le speculazioni per tenere basso il prezzo del grano duro per favorire le industrie del Nord che lavorano il grano, ora organizzando nel Sud e in Sicilia grandi appalti ferroviari e stradali che non vengono quasi mai completati, ma che sono ventennali o trentennali ‘greppie’ per le imprese del Nord. Sono sempre i politici del Sud e della Sicilia che, tra qualche settimana, nel Parlamento nazionale, quando si approverà la legge di stabilità nazionale 2022, con molta probabilità approveranno l’Autonomia differenziata per scippare altri 60-70 miliardi di euro all’anno alle Regioni del Sud e alla Sicilia per darli alle Regioni del Nord Italia. E quando nel Sud o in Sicilia nasce qualche movimento che cerca di sovvertire questa dialettica dell’oscurantismo economico e coloniale – com’è avvenuto nelle scorse settimane con la candidatura di Luigi De Magistris alle elezioni regionali in Calabria – c’è sempre qualcosa che va storto. De Magistris si è presentato contro i partiti politici nazionali di centrodestra e centrosinistra. E che hanno fatto i ‘meridionalisti’ che avrebbero dovuto appoggiarlo? Hanno trovato una scusa per non sostenerlo. Ricordiamoci che nel Sud e in Sicilia l’ascarismo ha mille volti: anche i volti di coloro i quali si presentano come i vendicatori di Sud e Sicilia…

QUI PER ESTESO L’ARTICOLO DI MeridionLine

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