Agli agricoltori del Sud serve una rivoluzione, non un accordo al ribasso sul latte!/ MATTINALE 297

2 marzo 2019

Oggi, per l’agricoltura del Sud, l’avversario da battere è la globalizzazione dell’economia. Ma, contemporaneamente, bisogna avere chiaro il progetto antimeridionale del Centro Nord Italia ieri del PD e oggi leghista. Questi signori hanno già smantellato il grande e medio sistema imprenditoriale del Sud e si sono presi le banche del Sud. E adesso si vogliono prendere l’agricoltura del Sud affamando gli agricoltori del Sud 

Ci dispiace scriverlo: ma la protesta dei pastori sardi rischia di concludersi nel peggiore dei modi possibili. E questo sarebbe un danno gravissimo per tutta l’agricoltura del Sud Italia: significherebbe la fine di una speranza di riscatto. Eppure è quello – lo ribadiamo – che rischia di succedere. Perché quando si accetta di sedersi a un tavolo dove ti offrono un prezzo ridicolo – 0,70-0,75 euro per un litro di latte di pecora, con l’impegno di aumentare tale prezzo se il Pecorino si venderà bene – la vertenza è in buona parte compromessa.

L’abbiamo già scritto: per quelli che sono i costi di produzione in Italia, per la dignità di chi lavora in questo settore, un litro di latte ovino non può costare meno di un euro e mezzo. E’ semplicemente incredibile pensare di accettare un accordo a meno della metà di un euro e 50 centesimi!

La verità è che la protesta dei pastori sardi – e, tutto sommato, la protesta che, piano piano, sta dilagando in Sicilia – ha toccato nel segno, perché ha colpito al cuore un sistema nel quale l’agricoltura del Mezzogiorno d’Italia è e deve restare l’ultima ruota del carro.

Noi citiamo spesso l’esempio del riso, coltura che interessa la Lombardia, il Veneto, il Piemonte e l’Emilia Romagna. Dal gennaio di quest’anno – dal gennaio di quest’anno e non da dieci anni: quindi l’accordo è dello scorso anno! – con tanto di ‘benedizione’ dell’Unione Europea, sono scattati i dazi doganali sul riso che arriva dalla Cambogia e dalla Birmania.

Eh sì, se si tratta di difendere gli interessi dell’agricoltura del Centro Nord Italia (e della Francia, della Spagna, dove il riso è diffuso, anche se non come in Italia, che produce il 50% del riso dell’Unione Europea), i provvedimenti si adottano di corsa: in questo caso la globalizzazione dell’economia va a farsi benedire!

Vi siete chiesti perché gli stessi provvedimenti non vengono adottati per le colture del Sud Italia? Perché non si adottano i dazi doganali per gli ortaggi e per la frutta del Nord Africa e dell’Asia che massacrano l’agricoltura del Sud? Perché non si ricorre ai dazi doganali per tutelare il grano duro del Sud Italia?

Riuscite a immaginare una speculazione al ribasso sul prezzo – come la speculazione al ribasso che, da anni, colpisce il grano duro nel Mezzogiorno d’Italia – per il grano duro degli Stati Uniti d’America? E’ inimmaginabile, perché gli americani il loro grano duro – il Desert Durum – lo difendono e lo impongono al mercato internazionale a non meno di 40 dollari il quintale. Altro che i miseri 18 euro il quintale pagati per il grano duro del Sud Italia!

Eppure il grano duro prodotto nel Sud Italia non ha nulla da invidiare al Desert Durum: la differenza è che gli USA hanno la forza di imporlo, il Sud Italia, no.

Perché? Il motivo è semplice: perché l’Italia considera il Mezzogiorno una colonia e gli agricoltori del Sud possono pure fallire! 

Sapete qual è stato il primo pensiero della Sardegna che ha appena eletto il presidente della Regione di centrodestra, Christian Solinas? Proteggere i mezzi gommati che trasportano il latte: sì, la protesta dei pastori sardi deve finire!

Pensate un po’ quanto sono stati bravi, in Sardegna, i partiti politici nazionali: sono riusciti a convincere poco più dell’80% circa degli elettori a votare per chi, di fatto, si batterà per fare accettare ai pastori sardi un accordo che sarà molto lontano dai bisogni degli stessi pastori sardi.

Noi meridionali siamo l’ultima ruota del carro e tali dobbiamo restare! Ricordate il “Guai ai vinti” di Brenno? Ecco, una cosa simile si applica, da sempre, al Sud Italia.

Nella storia della Repubblica italiana solo in un periodo – negli anni ’50 – il Sud, come si diceva allora, è stato all’opposizione. I democristiani inventarono la Cassa per il Mezzogiorno.

Per carità: la storia della Cassa per il Mezzogiorno e poi dell’Agenzia per il Mezzogiorno, iniziata nel 1986 e poi ‘inghiottita’ da Tangentopoli ha avuto tanti limiti: ma almeno c’era un certo interesse per la questione meridionale.

C’era sempre la retorica nordista: con il Nord che, da un lato, denunciava gli sprechi dell’intervento straordinario nel Sud mentre, dall’altro lato, tutti i grandi appalti dell’intervento straordinario erano sistematicamente appannaggio delle grandi imprese del Nord, spesso in combutta con le mafie locali.

Quando arrivano i mille miliardi e oltre di lire della legge nazionale n. 64 del 1986, nel giro di pochi anni, i grandi gruppi imprenditoriali del Sud vengono decimati a beneficio dei grandi gruppi del Centro Nord. Questa è storia.

Contestualmente, inizia prima la ‘colonizzazione’ del sistema creditizio del Sud e poi il sistematico smantellamento delle banche del Mezzogiorno utilizzate per salvare le banche del Centro Nord Italia. E anche questa è storia.

Nell’arco di un trentennio il Nord Italia ha decimato la grande e media imprenditoria del Sud e ha eliminato ‘scientificamente’ il sistema creditizio meridionale. L’ultimo colpo di piccone è arrivato con il PD di Renzi: la ‘riforma delle Banche Popolari che, tradotto, significa il trasferimento del risparmio – e quindi degli degli impieghi bancari – dal Sud al Nord.

Pensate un po’: era rimasto in piedi, nel Sud, un piccolo segmento di credito e il Partito Democratico di Renzi – che con le banche ha un ‘certo’ rapporto – ha pensato subito di trasformarlo in spa…

E nel Sud c’è ancora chi vota PD!

Eh sì. Il grande e medio sistema imprenditoriale del Sud, tranne rari casi, non c’è più. Sotto questo profilo, la vicenda della CMC è paradigmatica: Governi di centrosinistra a livello nazionale e nelle Regioni del Sud, arrivo della CMC che si prende i grandi appalti poi ‘girati’ alle imprese del Sud ridotte ad un ruolo ‘ancillare’. E poi… e poi arriva la crisi.

Non ci sono i soldi per pagare le imprese locali, ma guarda che combinazione e… e allora arrivano i sindacati tradizionali – che sono parte integrante del sistema antimeridionale – che gridano:

“Intervenga lo Stato!”.

Così le grandi opere del Sud – tutte rigorosamente lasciate a metà – osteranno il doppio, il triplo e chissà quando verranno completate!

Tutto verrà dimenticato – a cosa servono, sennò, quelle che Fabrizio De Andrè definiva “le verità delle televisione”? – e la responsabilità di un sistema truffaldino che ha truffato il Sud verranno caricate sulle spalle dello stesso Sud. Vi anticipiamo gli slogan:

“I soliti meridionali che non sanno nemmeno completare le opere pubbliche!”.

Svegliatevi, cari agricoltori del Sud! Questi signori prima hanno iniziato a smantellare il grande e medio sistema imprenditoriale del Sud; quasi contemporaneamente si sono presi le nostre banche; adesso si vogliono prendere l’agricoltura del Sud: i vostri terreni, i vostri allevamenti, i nostri e vostri grani antichi (già si sono presi la varietà Senatore Cappelli, che è pugliese, ma oggi parla bolognese..,), le vostre vite. 

La speculazione al ribasso sul grano duro, oltre a favorire la grande industria, serve anche a distruggere la cerealicoltura del Sud. E prima la distruggeranno, prima potranno dire che “il Sud non produce grano duro e bisogna acquistarlo all’estero” (leggere industria della pasta). 

Il “No” dei pastori sardi all’imposizione dei 50 centesimi di euro per ogni litro di latte ovini è stato il granello che ha fatto inceppare il meccanismo: senza la protesta dei pastori sardi la Lega di Salvini, alle elezioni regionali della Sardegna, avrebbe preso una barca di voti.

Poco male: siccome centrodestra e centrosinistra avevano piazzato una miriade di liste locali, i voti che non sono andati alla Lega sono finiti allo stesso centrodestra e ha vinto lo stesso Solinas: ancora una volta i meridionali sono riusciti a votare chi li deve penalizzare. 

Come si esce da questa ‘prigione’? Con una rivoluzione pacifica, non violenta, mettendo alcuni punti fermi. A partire dal latte e dal grano duro. Allargando, piano piano, lo schema a tutti i prodotti agricoli del Sud.

Con un punto programmatico chiaro: l’avversario da battere, oggi, è la globalizzazione dell’economia. Non è vero che la globalizzazione dell’economia ha creato ricchezza: al contrario, oltre a concentrare la ricchezza nelle mani di pochi, rischia di distruggere le agricolture delle aree dove i costi di produzione sono maggiori.

Secondo la logica della globalizzazione, il Pecorino DOP italiano si dovrebbe produrre con il latte di pecora rumeno, perché il latte ovino della Romania costa molto meno. Questa tesi non è sostenibile, perché l’agricoltura non è solo economia: è storia, cultura, vita.

Mentre gli agricoltori del Sud proveranno battersi contro la globalizzazione e contro la ‘prigione’ italiana, i cittadini del Sud possono aiutare concretamente, con le semplici azioni di ogni giorno, a sostenere la stessa agricoltura del Sud. Cominciando ad acquistare solo prodotti agricoli del Sud. Pasta, pane, latte, formaggi, uova, ortaggi, frutta: acquistarli solo se si ha la garanzia che sono stati prodotti nel Sud. 

Se siete meridionali e vivete nel Centro Nord Italia e ve lo potete permettere, potete fare quello che fa il nostro amico Domenico Iannantuoni: acquistare sulla rete i prodotti agricoli del Sud: anche il pane del Sud che, quando è buono, resiste bene una settimana.

Acquistando solo prodotti agricoli del Sud contribuirete a fermare la globalizzazione dell’economia e, contemporaneamente, sosterrete l’agricoltura del Sud.

Foto tratta da winenews.it 

 

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