Ettore Pottino: la SIS e la Coldiretti hanno creato il monopolio sul Senatore Cappelli. Intervenga il nuovo Ministro

26 giugno 2018

In effetti, quello che sta succedendo è incredibile: una società privata si è impossessata, per quindici anni, di una delle più note varietà di grano duro antico italiane e fa il bello e il cattivo tempo. In questa intervista il presidente di Confagricoltura Sicilia, Ettore Pottino (nella foto al centro) svela alcuni retroscena, denuncia le anomalie, chiama in causa l’ex Ministro Maurizio Martina e chiede l’intervento del nuovo Ministro Gian Marco Centinaio

Un dato è certo: durante il periodo in cui l’Italia è stata governata dal centrosinistra gli agricoltori italiani, e segnatamente i produttori di grano duro, hanno subito uno fatto clamoroso: la ‘privatizzazione’ di una delle antiche varietà di grano duro più famose d’Italia: il Senatore Cappelli, sulla quale – e scusate il gioco di parole – la società bolognese SIS ha messo il ‘cappello’, creando una situazione di monopolio, sotto gli occhi ‘distratti’ di tutte le autorità, a partire dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nota anche come Antitrust.

Noi ci siamo già occupati di questa incredibile storia (QUI IL NOSTRO ARTICOLO). Una vicenda che, stranamente, non sta registrando grande interesse da parte della politica: né dai parlamentari nazionali, né dai parlamentari dell’Assemblea regionale siciliana, né dai parlamentari europei eletti nel Sud Italia. Silenzio su tutta la linea, almeno fino a questo momento.

Per approfondire un caso dai contorni poco chiari abbiamo fatto una chiacchierata con Ettore Pottino, presidente di Confagricoltura Sicilia e, soprattutto, agricoltore che, da anni, coltiva proprio la varietà Senatore Cappelli: varietà di grano duro antico che non coltiverà più, proprio perché si rifiuta di sottostare ai voleri di chi ha monopolizzato questa cultivar di grano duro antico, di fatto ‘brevettando’ un essere vivente.

Non abbiamo deciso di intervistare Ettore Pottino per caso: è grazie a lui – per la precisione a un suo post su facebook – che abbiamo scoperto che la società bolognese che oggi controlla la cultivar Senatore Cappelli detta le regole del gioco. In questo momento, Ettore Pottino – che con il grano Senatore Cappelli produce una pasta artigianale di qualità (NE ABBIAMO PARLATO IN QUESTO ARTICOLO) – non può vendere né il grano Senatore Cappelli, né la pasta prodotta con la dizione ‘Pasta prodotta con grano duro Senatore Cappelli’.

E’ così?

“Purtroppo è così”.

Come ha scritto su facebook lei dirà addio alla coltivazione del grano duro Senatore Cappelli?

“E che dovrei fare? Sottomettermi a chi è diventato monopolista di una varietà di grano duro che dovrebbe essere patrimonio di tutti gli agricoltori italiani? Non lo farò mai!”.

Che farà con la produzione di grano Senatore Cappelli di quest’anno?

“Avrò difficoltà a venderla. I titolati dei molini mi hanno detto che non possono accettare grano Senatore Cappelli che non sia certificato”.

Certificato da chi?

“Dai signori della SIS, la società bolognese che ha acquisito l’esclusiva per moltiplicare il seme della varietà Senatore Cappelli”.

C’è un documento dell’Ufficio Repressioni Frodi che dà indicazioni in tal senso?

“No. Ma i titolari deki molini mi chiedono la tracciabilità”.

Sulla base di quale indicazione presentano questa richiesta? Se non ricordiamo male, la legge sementiera dice tutt’altro.

“Esattamente. La legge sementiera non pone limiti al reimpiego del grano. E noi, nella nostra azienda, reimpieghiamo da anni il grano duro Senatore Cappelli. La verità è che, in questa vicenda, ci sono alcune stranezze”.

Ovvero?

“Prendiamo l’esempio del Kamut (QUI LA STORIA DI QUESTA VARIETA’ DI GRANO REGISTRATA IN AMERICA). E’ una varietà che non è presente nel Registro nazionale italiano. Mentre la varietà Senatore Cappelli è iscritta in tale Registro”.

Spieghiamo meglio questo concetto.

“Ci proviamo. Come mai io per poter vendere il grano Senatore Cappelli devo avere necessariamente impiegato grano certificato come seme, mentre per se utilizzo il Kamut, facendo un contratto con la società americana che ne è titolare, il mio grano può essere chiamato Kamut senza avere impiegato seme certificato e iscritto nel Registro delle varietà italiane? Così, in Italia, abbiamo varietà di grano coltivate con regole diverse. Ora, o le regole valgono per tutti o non valgono. Ma questa non è la sola anomalia. Anche la registrazione presenta elementi di poca chiarezza”.

Proviamo a descriverli.

“La cultivar Senatore Cappelli è stata iscritta nel Registro nazionale delle varietà nel 1969 con il nome Cappelli. E viene iscritta sempre con il nome Cappelli fino al 2011, anche se nelle schede tecniche si fa riferimento alla varietà Sentore Cappelli. Dopo di che, nella manifestazione di interesse del Crea di Foggia rivolta alle aziende interessate ad acquisire il controllo della moltiplicazione di questa varietà di grano duro – manifestazione di interesse pubblicata nell’estate del 2016 – si fa riferimento a una ‘Nuova cultivar’. Perché questa confusione? Perché scrivono ‘Nuova cultivar’ se si tratta di una varietà che risale ai primi del ‘900?”.

Ci sono altre anomalie?

“Sì. Il Crea di Foggia ha ceduto alla SIS l’esclusiva per il seme per quindici anni. Ma la società bolognese si comporta da padrona di tutta la filiera del grano duro Senatore Cappelli. E’ questa è una grande anomalia, perché il Crea ha dato a tale società l’esclusiva per il seme, non il monopolio per la coltivazione e per la vendita di questo particolare grano duro! E c’è di più”.

Ci dica.

“Fino ad ora, a proposito della manifestazione di interesse del Crea di Foggia rivolta alle aziende sementiere, abbiamo dato per scontato che si sia trattato di un pubblico incanto, ovvero di una gara aperta a tutti. In realtà, non si è trattato di un pubblico incanto, ma di una trattativa privata. Non c’è stata un’apertura delle buste per verificare la migliore offerta. Il Crea ha selezionato alcune aziende e poi ne ha scelto una. Questa si chiama trattativa privata”.

Torniamo alla filiera del Senatore Cappelli: davvero chi semina questa varietà di grano duro deve consegnare la produzione alla SIS?

“E’ così. Danno il seme, ma per potere vendere il prodotto come grano duro Senatore Cappelli bisogna passare da loro. Lo ribadisco: la SIS ha creato il monopolio di questa varietà. Per quindici anni sarà così. Gli agricoltori – soprattutto gli agricoltori del Mezzogiorno d’Italia che coltivano il grano duro in biologico (il grano duro Senatore Cappelli si presta bene alla coltivazione in biologico, perché l’altezza delle spighe lo rende molto competitivo rispetto alle malerbe ndr) – sono stati penalizzati. Siamo davanti  a un’espropriazione violenta. In modo rapace i signori della SIS e la Coldiretti si sono appropriati per quindici anni di una varietà che – questo non finirò mai di ripeterlo – è patrimonio di tutta l’agricoltura italiana. Tutto questo è semplicemente incredibile”.

Eppure in Parlamento l’ex Ministro delle Risorse agricole, Maurizio Martina – autorevole esponente del PD, partito del quale è segretario nazionale reggente – ha negato che l’acquisizione di questa varietà di grano duro, da parte della SIS, avrebbe creato una situazione di monopolio (QUI LA DICHIARAZIONE DELL’EX MINISTRO MARTINA IN UNA SEDUTA IN PARLAMENTO).

“L’ex Ministro Martina conosce benissimo i fatti. Martina, in Parlamento, non ha detto come stanno veramente le cose. Gli chiedo: cosa debbono fare gli agricoltori italiani per seminare il grano duro Senatore Cappelli senza passare dalle forche caudine della SIS? L’ex Ministro renda pubblico – se c’è – un percorso alternativo”.

Anche in agricoltura il PD non sta facendo una bella figura. Tra il Pci di Antonio Gramsci ed Emilio Sereno e il PD di Renzi e Martina qualche differenza… 

“In politica il caso non esiste quasi mai. Se oggi la sinistra italiana post comunista è giunta dov’è giunta, con gli elettori che fuggono, ebbene, un motivo ci sarà. Quello che stiamo vivendo con il grano duro Senatore Cappelli è una vicenda paradigmatica di una certa sinistra italiana. Molti caminetti e poca, pochissima trasparenza, almeno in questa vicenda”.

 

Cosa può fare il nuovo Ministro delle Risorse agricole e alimentari, Gian Marco Centinaio?

“Sganciarsi dalle scelte del passato. Analizzando obiettivamente come stanno le cose. Senza condizionamenti e senza vincoli”.

Nel concreto cosa dovrebbe fare?

“Il Crea di Foggia, che ha creato questa incredibile situazione, è pur sempre un ente pubblico controllato dal Ministero delle Risorse agricole. Bene. Siamo davanti a un provvedimento, avallato dal passato Governo, che ha leso un diritto degli agricoltori. Ripeto: la SIS e la Coldiretti non possono creare una condizione di monopolio per il grano duro Senatore Cappelli. Il Ministro intervenga”.

Avete pensato di rivolgervi all’Antitrust?

“Sì. Abbiamo avviato dei contatti. Ci hanno chiesto la documentazione. Ci stiamo lavorando”.

La Regione siciliana può fare qualcosa?

“Non credo. Il Senatore Cappelli è iscritta nel Registro nazionale delle varietà. E’ un problema nazionale. E’ il Governo nazionale che deve occuparsi di questa vicenda”.

La creazione di un monopolio per il Senatore Cappelli non può essere un precedente pericoloso per i grani antichi della Sicilia? C’è già stato un tentativo di mettere il cappello, da parte di gruppi del Nord Italia, anche su alcune varietà di grani antichi della nostra Isola…

“Non credo che i grani duri antichi della Sicilia corrano questo pericolo. La Regione ha nominato, per queste varietà, gli agricoltori custodi. Sono figure importanti: è a loro che gli agricoltori si debbono rivolgere per acquistare il seme di questi grani. Gli agricoltori che decidono di seminare questi grani antichi siciliani acquistano il seme e possono vendere con tranquillità il proprio prodotto. Possono utilizzare una parte per la semina e via continuando in totale libertà”.

Insomma, nessuno si dovrebbe appropriare dei grani antichi siciliani. La notizia ci tranquillizza, perché, come lei ben sa, i grani antichi spuntano prezzi molto più alti rispetto al grano tradizionale.

“Almeno fino ad ora, per i grani antichi siciliani, non vedo all’orizzonte operazioni neocolonialiste sul modello della SIS- Coldiretti…”.

 

 

 

 

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