Stato sociale 7/ Come garantire la certezza della pena tra prevenzione e repressione

22 maggio 2018

Oggi concludiamo il nostro “viaggio” nello Stato sociale italiano. E lo facciamo occupandoci di come prevenire comportamenti contrari alla Legge. Ovvero illustrando il valore delle sanzioni, che sono di monito a chi volesse seguire lo stesso percorso sbagliato 

Piaccia o non piaccia, l’uomo non è ineluttabilmente buono (come immaginava Rousseau). Lo abbiamo detto e lo confermiamo: il permissivismo incoraggia il delitto. La pulsione criminale può nascere anche nel benestante o nel laureato: non esistono condizioni di favore che la prevengano. E non esistono neanche condizioni di disagio che la producano necessariamente, come dimostra la rettitudine di gran parte delle persone che si barcamenano tra le difficoltà di tutti i giorni, e che hanno il diritto di non essere considerati semplici “fessi”.

Repressione e prevenzione non sono alternative anche perché sono due facce della stessa medaglia. La sanzione della legge, infatti, non è una “vendetta” sociale. Oltre che un valore “riparativo” (che pure esiste) ha anche un valore che è preventivo.

La sanzione previene nuovi reati innanzitutto perché mette in condizioni di non nuocere (anche con la rieducazione, per il periodo di tempo proporzionato alla gravità del crimine) le persone che hanno dimostrato attitudini antisociali.

Ma, soprattutto, la sanzione è di monito a chi volesse seguire lo stesso percorso sbagliato. Per cui un sistema sanzionatorio efficace toglie la sensazione d’impunità, dissuade dal commettere reati e… non riempie le carceri! (un po’ come la severità a scuola: il risultato non è di veder bocciati troppi studenti, ma di indurli a studiare).

Perché il monito sia veramente efficace non è tanto importante la severità, quanto la certezza della pena. Lo ricordava Cesare Beccaria nel suo fondamentale Dei delitti e delle pene (1764), da tutti considerato manifesto della moderna concezione del diritto penale.

Il ministro della Giustizia dell’Italia post-unitaria, Zanardelli, rincara la dose:

“L’Italia è un Paese dalle mille leggi, temperate dalla loro generale inosservanza”.

Insomma: servono poche norme, chiare, applicate con rigore. Invocare la certezza del diritto, e l’applicazione degli strumenti sanzionatori (“repressivi”), non significa assolutamente voler intaccare il “garantismo”, cioè il rispetto del diritto alla difesa di ogni cittadino. Non si tratta di chiedere allo Stato la “faccia feroce”, di colpire nel mucchio. Questo tipo di politica apre la porta ad abusi pericolosissimi.

Si tratta piuttosto di chiedere che i colpevoli, tutti i colpevoli (non solo quelli di reati ritenuti arbitrariamente più gravi), individuati con ragionevole certezza secondo procedure e istituzioni garantiste scontino effettivamente la pena inflitta.

Troppe volte le eccezioni e i distinguo ci fanno dimenticare il rispetto di questi fondamentali principî.

Contraddicono la certezza della pena quegli indulti o quelle amnistie approvati “perché le carceri sono piene”.

Contraddicono la certezza della pena anche le grazie e gli sconti riconosciuti a molti condannati senza adeguata valutazione del loro effettivo recupero o magari sulla base delle sponsorizzazioni politiche.

È altresì scandaloso offrire – a chi ha scontato la propria pena, ma non ha fatto pubblica ammenda delle sue colpe – incarichi di prestigio sociale e accademico.

Non è accettabile che una pubblica istituzione utilizzi il denaro pubblico per retribuire con una “consulenza” pregiudicati non pentiti.

Non è accettabile che terroristi non pentiti come Renato Curcio, fondatore delle Brigate Rosse, tengano ai giovani lezione nelle Università.

Dunque, la connotazione più coerente e corretta di uno Stato che voglia veramente migliorare la condizione sociale e civile dei propri cittadini e strutturarsi per il perseguimento del bene sociale comune e per quanto umanamente possibile di una giustizia e di una pax sociale, la repressione deve procedere parallelamente alla prevenzione. E non è una affermazione retorica. Non basta indicare ai cittadini cosa non bisogna fare; bisogna anche spiegare perché.

Fine/ QUI DI SEGUITO LE PUNTATE PRECEDENTI:

Stato sociale 1/ Una chiacchierata su un vecchio amico che se ne è andato: lo Stato sociale

Stato sociale 2/ 1989: la caduta del Muro di Berlino segna l’inizio della crisi dello Stato sociale in Occidente

 

Stato sociale 3/ L’Italia è una Repubblica fondata sui fabbricanti d’armi e sulle lobby militari?

 

Stato sociale 4/ Il casco di un pilota di un F 35 costa 600 mila euro!

 

Stato sociale 5/ I costi sociali? Paga la collettività. Esempio: i morti di amianto

 

Stato sociale 6/ Come garantire la sicurezza ai cittadini: repressione o prevenzione?

 Foto tratta da maremagnum.com

 

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