Accordo UE-Canada: ci costringeranno a mangiare il grano duro canadese e tanto altro ancora

24 gennaio 2017

Una delle commissioni del Parlamento Europeo ha già espresso parere favorevole al CETA. Una seconda commissione si pronuncerà in queste ore. A febbraio la parola passerà allo stesso Parlamento di Strasburgo in seduta plenaria. Quindi la ratifica di ognuno dei 28 Paesi UE. Quello che sembrava un accordo economico e commerciale con il Canada già pericoloso (soprattutto per la salute umana) è, in realtà, molto più profondo e molto più pericoloso e, soprattutto, più oneroso. Si va verso un’ulteriore perdita di sovranità nazionale anche sulla sanità. I controlli di GranoSalus potrebbero essere contestati dai canadesi  

Entra nel vivo l’accordo tra l’Unione Europea e il Canada. Parliamo del cosiddetto CETA, del quale cominciano a venire fuori nuovi particolari fino ad oggi poco conosciuti. In queste ore se ne sta occupando la Commissione per il Commercio internazionale (INTA). A febbraio la parola passerà al Parlamento Europeo. E’ lì i Paesi Europei e i gruppi parlamentari dovranno scoprire le carte.

Presentato come una sorta di intesa economica e commerciale per alcuni prodotti e per alcuni servizi, ora invece si scopre che il CETA è molto di più. L’accordo transatlantico, infatti, potrebbe creare seri problemi ai Paesi dell’Unione Europea, compreso il Regno Unito, che ancora non ha lasciato l’Unione. Insomma, il CETA non riguarda solo agricoltura e servizi, ma anche la salute pubblica, la gestione dei beni comuni e i servizi di interesse generale. Questo perché le imprese canadesi – e le imprese americane che hanno sede in Canada – potranno agire in giudizio nei confronti dei governi europei ogni qualvolta che ritengano che una normativa locale ostacoli i propri interessi.

Intanto è una mazzata per i produttori di grano duro del Sud Italia. E’ nota la battaglia che tanti agricoltori delle Regioni del Mezzogiorno hanno avviato contro il grano duro ‘sporco’ che arriva dall’estero. In prima fila c’è GranoSalus, l’associazione che raccoglie, per l’appunto, produttori di grano duro del Meridione e tanti consumatori.

Proprio in questi giorni GranoSalus ha reso noti i primi risultati sui grani duri esteri che arrivano in sei porti pugliesi, come potete leggere in questo articolo:

Primi controlli di GranoSalus sul grano duro che arriva con le navi: ecco cosa ci fanno mangiare!

E proprio in questi giorni GranoSalus ha anche avviato i primi controlli sui derivati del grano duro.

Ma, adesso, tutto questo potrebbe non bastare. O meglio, potrebbe servire a poco. Questo perché – come si legge su Food Times Blog (qui potete leggere l’articolo per esteso) “grazie a una simile clausola a suo tempo inserita nell’accordo NAFTA (North American Free Trade Agreement), il solo Canada ha dovuto versare a gruppi privati statunitensi 170 mln di US$ a titolo di risarcimenti danni, con spese legali ulteriori per 65 mln”.

Per dirla in breve, anche se il grano duro canadese dovesse presentare problemi (e il grano duro prodotto nelle aree fredde e umide del Canada presenta grandi problemi, a cominciare dalla presenza di glifosato e micotossine DON), diventerà impossibile avviare contestazioni.

Vediamo, adesso, di entrare nel merito di questo accordo UE-Canada (che potete legge qui).

Cominciamo col dire che la Commissione ENVI (Environment, Public Health and Food Safety) del Parlamento ha già espresso il proprio parere non vincolante a favore dell’approvazione del CETA.

Come accennato all’inizio, il CETA è adesso all’esame della Commissione per il commercio internazionale (INTA). poi toccherà al Parlamento Europeo in seduta plenaria.

“Nella malaugurata quanto probabile ipotesi di ratifica da parte del Parlamento europeo, il CETA potrà venire applicato in via provvisoria – escludendo la sola clausola ISDS (Investor-State Dispute Settlement) – per entrare a pieno regime a seguito delle ratifiche dei 28 Stati membri UE”.

A questo punto, prepariamoci al peggio. In base al CETA, infatti, ogni legge di uno Stato dell’Unione Europea che mira a tutelare la salute pubblica – per esempio il no a prodotti contenenti pesticidi, erbicidi, ormoni, OGM e via continuando – potrà essere oggetto di ritorsioni legali dei gruppi industriali contro-interessati, oltreché del governo canadese.

“Basti pensare che il Canada – leggiamo sempre su Food Times Blog – ha già mosso trenta contestazioni nei confronti dell’UE, presso il WTO, adducendo che le nostre regole in tema di registrazione e autorizzazione all’immissione in commercio di sostanze chimiche (REACH), in quanto basate su apposite procedure di analisi del rischio, ostacolerebbero il libero scambio”.

Insomma, per essere sempre chiari, ci stanno costringendo a importare prodotti alimentari tossici. Grazie al CETA, le contestazioni, anche oggettive, servirebbero a poco. Perché ci verrebbero a dire che la tossicità di questa o quella sostanza è un ‘nostro parere’.

Si parla anche della possibilità che i colossi del  junk-food e fast-food possano mettere in discussione le politiche educative, commerciali e persino fiscali dei Paesi dell’Unione Europea. Qualcuno, addirittura – ma noi non ci vogliamo credere – potrebbe anche contestare le politiche europee che tendono a ridurre l’uso del tabacco!

“In compenso, si fa per dire leggiamo sempre su Food Times Blog – saremo inondati delle messi di filiere agroalimentari su scala gigantesca, con residui agrotossici a volontà, additivi in gran guisa e la maggior onta di Italian sounding e contraffazioni del Made in Italy a go-go. Poiché solo 1/7 delle DOP e IGP italiane – 41 su 280 – sono state riconosciute ‘degne’ di tutela”.

“La Commissione dell’europarlamento delegata alla tutela dell’ambiente e della salute pubblica – leggiamo sempre su Food Times Blog – ha perciò favorito gli interessi di Coca-Cola e PepsiCo, Kraft-Mondelez e Kellogg’s, Monsanto, rispetto a quelli dei cittadini europei, sebbene il 99% abbia già manifestato una netta contrarietà. Niente di nuovo, verrebbe da dire, anche se su vicende così epocali ci si sarebbe atteso un minimo di coraggio. Tanto più che la Commissione parlamentare incaricata di occupazione e affari sociali (EMPL, Committee for Employment and Social Affairs) aveva invece espresso opinione contraria alla sigla dell’accordo, l’8.12.16″.

Di fatto – e questa è storia – l’unica realtà che si è opposta al CETA nell’Unione Europea è stata la Vallonia, una delle ‘entità’ del Belgio.

Il nostro blog, il 25 ottobre dello scorso anno, dava notizia della solitudine della Vallonia nella lotta contro i giganti del CETA:

Gli agricoltori della Vallonia fanno saltare l’accordo UE-Canada. E la Sicilia? Grazie agli ‘ascari’ mangiamo grano avvelenato!

Qualche giorno dopo – noi ne diamo notizia il 31 ottobre – la Vallonia è costretta ad accettare:

La Vallonia cede: approvato l’accordo commerciale UE-Canada. Problemi per il grano duro del Sud Italia

In questa fase erano chiari gli interessi del Canada in materia di agricoltura.

Oggi scopriamo che la sovranità nazionale che l’Italia rischia di perdere è molto più ampia di quanto sembrava nello sorso ottobre e non riguarda solo agricoltura e servizi. Si va, insomma verso una liberalizzazione e de-regolamentazione di ogni servizio fino ad oggi gestito dalle pubbliche amministrazioni di ogni Paese, con riferimento al sociale, al settore sanitario, alle politiche educative, alla gestione delle reti reti idriche, fino alla già citata agricoltura.

Come finirà? Non sono mancate le manifestazioni popolari contro il CETA (le ultime nei giorni scorsi). Ma la battaglia si annuncia dura.

Foto tratta da geopolitica.info

 

 

 

 

 

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