La crisi del ‘Giornale di Sicilia’ e la crisi di altri quotidiani al tempo del liberismo economico e dell’euro

21 gennaio 2023
  • Il comunicato della FIGEC sulla crisi del Giornale di Sicilia 
  • I liberisti si sono ‘masticati’ la sanità pubblica e si dovrebbero creare problemi con i quotidiani? 
  • L’Italia ha cominciato a tramontare con il post Tangentopoli. A oltre vent’anni dall’avvento della truffa monetaria e politica dell’euro ‘viaggia’ ormai inesorabilmente verso i titoli di coda… 
  • Un quotidiano dovrebbe costare 50 centesimi 

Il comunicato della FIGEC sulla crisi del Giornale di Sicilia 

Un comunicato della FIGEC, la  Federazione Italiana Giornalismo Editoria Comunicazione, a proposito della crisi del Giornale di Sicilia, ci offre l’opportunità di commentare quanto sta avvenendo nel mondo dei giornali cartacei e, in particolare, nel mondo dell’informazione. Cominciamo con il comunicato, anche per capire cosa sta succedendo al Giornale di Sicilia: “L’editore dello storico quotidiano Giornale di Sicilia ha intenzione di ridurre ulteriormente la presenza dei giornalisti in organico ed eliminare l’edizione del lunedì. Una decisione che colpisce al cuore un pezzo di storia dell’informazione in Sicilia, mettendo a rischio la sopravvivenza di un organo d’informazione fondato nel 1860″. Lo dicono i consiglieri nazionali siciliani della FIGEC Cisal, esprimendo solidarietà ai giornalisti del Giornale di Sicilia che hanno affidato al Cdr un pacchetto di dieci giorni di sciopero, dei quali il primo è scattato subito e impedirà l’uscita del giornale che oggi non è in edicola. I consiglieri siciliani della Federazione Italiana Giornalismo Editoria Comunicazione “comprendono l’esasperazione dei colleghi che in questi ultimi anni, con grandi sacrifici personali ed economici, hanno fatto vivere il giornale assicurandone l’uscita nelle edicole tutti i giorni: impresa non sempre facile visto il progressivo assottigliarsi dell’organico. Adesso la ricetta proposta è sempre la stessa: ancora tagli, di organico o dell’edizione del lunedì, eventualità che inciderebbe profondamente sulle retribuzioni dei redattori. E dispiace molto – sottolinea la FIGEC Cisal – la replica al Cdr da parte dell’editore che liquida le rivendicazioni dei dipendenti riconducendo tutto alla dinamiche di una qualsiasi azienda che, come tale, deve rispondere a una esigenza di equilibrio economico-finanziario. È vero, ma un giornale è anche un prodotto speciale, svolge una sua funzione sociale, parla alla gente che ne misura ogni giorno la credibilità, grazie all’impegno dei suoi giornalisti di cui occorre valorizzare professionalità ed esperienza, tenendo fede all’impegno che la confluenza in un unico gruppo editoriale non sarebbe andata a scapito della salvaguardia dei livelli occupazionali. Siamo convinti che, dopo tanti sacrifici, possa essere trovata di comune accordo tra editori e redazione, una soluzione alternativa che non penalizzi ulteriormente i giornalisti, ansiosi di vedere finalmente presentare in piano di rilancio che allontani le nubi oscure sul futuro”.

 

I liberisti si sono ‘masticati’ la sanità pubblica e si dovrebbero creare problemi con i quotidiani? 

La chiave per ‘leggere’ quello che sta succedendo sta nella replica dell’editore “che liquida le rivendicazioni dei dipendenti riconducendo tutto alla dinamiche di una qualsiasi azienda che, come tale, deve rispondere a una esigenza di equilibrio economico-finanziario”. In questa replica c’è il ‘succo’ del modello di società imperniato sul liberismo economico che, da tempo, ha investito anche il mondo dell’informazione. Chi pensava che il diavolo liberista non avrebbe toccato i giornali e, in generale, l’informazione ha commesso un gravissimo errore. La contestazione a questo sistema andava fatta quando hanno trasformato gli ospedali pubblici in “Aziende”. E’ allora che bisognava scatenare un casino e avrebbero dovuto essere i giornali a dare battaglia. Ma così non è stato. Cosa c’è di più “sociale” della sanità pubblica? Invece tutto è passato in cavalleria. Sette anni fa o giù di lì abbiamo denunciato la follia di una sanità pubblica siciliana che, con i Progetti obiettivo, premiava i medici di Pronto Soccorso che dimettevano in tempi brevi i pazienti, perché facevano ‘risparmiare’ soldi e tempo alle “Aziende” ospedaliere! Si sono ‘masticati’ la sanità pubblica e dovrebbero risparmiare i giornali? Oggi non è un po’ tardivo richiamare la funzione “sociale” dei giornali? E’ noto che i quotidiani vivono grazie alla pubblicità. Ma se l’economia di un Paese va in crisi – è il caso dell’Italia – la pubblicità si riduce e gli introiti per i giornali diminuiscono. Oggi che la recessione mondiale sta facendo franare interi settori dell’economia (stamattina abbiamo dato la notizia che Google si accinge a licenziare 12 mila addetti) lo scenario, per i giornali cartacei, non può che peggiorare.

 

L’Italia ha cominciato a tramontare con il post Tangentopoli. A oltre vent’anni dall’avvento della truffa monetaria e politica dell’euro ‘viaggia’ ormai inesorabilmente verso i titoli di coda 

Però bisogna essere onesti. L’Italia, prima di Tangentopoli, era una delle più grandi potenze industriali del mondo. Non per l’industria automobilistica – che nel nostro Paese è sempre stato un peso per l’economia, tenuta in piedi dal denaro pubblico – ma grazie alle Partecipazioni Statali e alle Piccole e medie imprese. Cosa hanno fatto i ‘Grandi’ giornali italiani dopo Tangentopoli? Hanno applaudito alle privatizzazioni, a cominciare dallo smantellamento dell’IRI. E’ allora che inizia la crisi economica dell’Italia che procede, di pari passo, con la crisi dei giornali. Nei primi anni ’90 del secolo passato, invece di tutelare le Partecipazioni Statali e le Piccole e medie imprese, i Governi, appoggiati dalla ‘Grande’ informazione, hanno continuato a foraggiare l’industria automobilistica, avallando lo smantellamento dell’IRI e il crescente aumento dell’imposizione fiscale a carico delle Piccole e medie imprese. Altro problema: l’euro. Quanti giornali italiani hanno denunciato la truffa della moneta unica europea? In Germania ancora oggi utilizzano il Marco tedesco: ed è anche logico, visto che l’euro non è altro che la moneta tedesca ‘travestita’ da divisa europea! In Italia, prima dell’avvento della truffa dell’euro, chi guadagnava 2 milioni e mezzo al mese era un benestante che poteva acquistare senza problemi due giornali al giorno e un paio di settimanali. Oggi con mille e 250 euro al mese, anche vivendo da singolo, non si arriva nemmeno alla fine del mese. Se, poi, 2 mila e 500 euro è il reddito di una famiglia, tanto peggio. Veramente c’è qualcuno che pensa che con mille e 250 euro al mese in famiglia si possono spendere circa 100 euro al mese per due quotidiani al giorno e un settimanale? Per non parlare di coloro i quali guadagnano mille euro al mese. Ai tempi della lira 2 milioni al mese era uno stipendio che faceva vivere bene. Oggi con mille euro al mese sono dolori, altro che acquistare giornali e settimanali!

 

Un quotidiano dovrebbe costare 50 centesimi 

Anche nei prezzi dei giornali ci sono esagerazioni. Con l’euro il potere d’acquisto delle famiglie si è drasticamente ridotto. E cosa fanno gli editori? Aumentano il prezzo dei giornali! Negli anni ’90 il prezzo dei giornali era in crescita costante. Già mille lire per un quotidiano era un prezzo eccessivo. Ma oggi un quotidiano costa un euro e mezzo, cioè quasi il triplo rispetto a quanto costava prima dell’euro. Improponibile: e infatti tutti i giornali hanno perso copie. C’entra anche la rete con la crisi dei giornali cartacei? Sicuramente. Ma se un giornale costasse 50 centesimi di euro non si venderebbero più copie? A nostro avviso, sì. Anche perché oggi i quotidiani sono fatti bene, puntano sull’approfondimento. Ma se la pubblicità non c’è perché l’economia non gira e se le famiglie sono sempre più povere i giornali cartacei sono destinati a chiudere. Per capire questo non c’è bisogno di essere economisti: basta un po’ di buon senso. Chi scrive, per anni, acquistava ogni giorno La Sicilia, il Corriere della Sera e Il Sole 24 Ore. La Sicilia, a Palermo, non si sa dove trovarlo; il Corriere della Sera abbiamo smesso di leggerlo dal 2006, quando si schierò in campagna elettorale in occasione delle elezioni politiche. Il Sole 24 Ore, soprattutto la Domenica, con il supplemento culturale, per noi era un’istituzione. Oggi, la Domenica, questo giornale costa più di 2 euro. Eccessivo. Un giornale non può costare più di 4 mila lire! E’ una questione di principio. Ci rendiamo conto che gli editori di questo quotidiano sono gli industriali, che sono ricchi: e noi siamo contenti per loro. Ma il loro giornale, per quanto ci riguarda, a questo prezzo, come si usa dire dalle nostre parti, su ponnu tieniri!

P. s.

Ah, dimenticavamo: modello economico liberista e euro sono le due facce della stessa medaglia. Così, tanto per ricordarlo ai giornali – oggi in crisi – che negli anni passati criticavano “l’eccesso di statalismo nell’economia” e celebravano l’Unione europea e l’euro. Chi semina vento raccoglie tempeste, si diceva una volta.   

Foto tratta da Blitz quotidiano

   

 

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