Il grano duro siciliano? Pagato a 47 euro al quintale agli agricoltori. Chi lo acquista lo rivende in Nord Africa a 60 euro al quintale/ MATTINALE 610

28 marzo 2022
  • Con la guerra in Ucraina il Nord Africa non riceve più grano ucraino. E lo acquista dove capita. Anche in Sicilia. Dove gli agricoltori sono alle prese con costi di produzione alle stelle. Ma il prezzo, per loro, è bloccato 
  • Il grano comincia a mancare in tutto il mondo. In compenso, in Sicilia – terra vocata per il grano – al posto del grano si montano pannelli fotovoltaici. Con le autorizzazioni della Regione siciliana. Come nella Val di Noto 
  • Il paradosso è che, per gli agricoltori, alle prese con costi di produzione impossibili, i pannelli fotovoltaici sono convenienti 
  • I disastri provocati in agricoltura dall’Unione europea
  • Ursula von der Leyen, Mario Draghi e Stefano Patuanelli: tre personaggi da dimenticare. Difficoltà incredibili per gli allevatori

Con la guerra in Ucraina il Nord Africa non riceve più grano ucraino. E lo acquista dove capita. Anche in Sicilia. Dove gli agricoltori sono alle prese con costi di produzione alle stelle. Ma il prezzo, per loro, è bloccato 

Russia e Ucraina hanno ridotto l’esportazione di grano in tutto il mondo e, segnatamente, nel Nord Africa. Sono gli effetti della guerra in corso. Il risultato è che questi Paesi rimasti senza grano lo vanno a cercare dove capita. Anche in Sicilia. Così due carichi di grano duro siciliano, in queste ore, dovrebbero prendere la via del Nord Africa dai porti di Termini Imerese e Pozzallo. Lo scenario è problematico. Vuoi perché c’è la guerra in Ucraina, vuoi perché lo scorso anno gli effetti dei cambiamenti climatici hanno ridotto la produzione di grano e di altre colture, vuoi perché in questi casi non mancano le speculazioni, fatto sta che il prezzo dei prodotti agricoli è schizzato all’insù. Con differenze tra una Regione e l’altra d’Italia. In Puglia, ad esempio, il grano duro si vende a 52-53 euro al quintale. Mentre in Sicilia il prezzo pagato agli agricoltori, dopo l’impennata registrata alla fine dello scorso anno, si è stabilizzato a 46-47 euro al quintale. “Può sembrare un prezzo allettante – ci dice Cosimo Gioia, produttore di grano duro nell’entroterra della Sicilia -. Certo, rispetto ai 18-20 euro al quintale di qualche anno fa non c’è paragone. Quello che, però, non viene fuori è lo spaventoso aumento dei costi di produzione. E’ aumentato il prezzo delle sementi. E’ più che raddoppiato il prezzo dei fertilizzanti. Il gasolio agricolo è passato da 0,70 euro al litro a un prezzo che oscilla tra 1 euro e 25 centesimo e un euro e 50 centesimi. Con questi costi di produzione coltivare il grano duro in Sicilia è sempre un problema. Il prezzo del grano duro, in Sicilia, è bloccato a 46-47 euro al quintale. Senza gli aumenti dei costi di produzione sarebbe stato un buon prezzo. Con i costi di produzione più che raddoppiati siamo punto e a capo”.

Il grano comincia a mancare in tutto il mondo. In compenso, in Sicilia – terra vocata per il grano – al posto del grano si montano pannelli fotovoltaici. Con le autorizzazioni della Regione siciliana. Come nella Val di Noto 

Chiediamo a Gioia cosa pensa dell’Unione europea. Dalle parti di Bruxelles si sono pentiti di avere incentivato per decenni la mancata coltivazione del grano con il Set-Aside. E’ inutile girarci attorno: la Ue ha disincentivato la coltivazione del grano nelle aree dell’Europa mediterranea per incrementare gli impianti per la produzione di energia fotovoltaica. E le Regioni del Sud Italia, Regione siciliana in testa, hanno sposato questa follia. Parla il folle campo per la produzione di energia fotovoltaica autorizzato dalla Regione siciliana nella Val di Noto. E non è l’unico esempio. Nessuno ne parla. Anche perché in questi anni non c’è stato un solo parlamentare dell’Assemblea regionale siciliana deciso a fare chiarezza su questo tema scottante. Basterebbe una sola interrogazione parlamentare con richiesta di risposta scritta chiedendo al Governo siciliano di rendere noti i ‘numeri’ del settore: quanti progetti per impianti per la produzione di energia fotovoltaica sono stati presentati negli uffici regionali, quanti ne sono stati autorizzati e quanti sono quelli in corso di autorizzazione. Si troverà un deputato regionale disposto a fare chiarezza su questo tema? Il Parlamento serve anche a questo: a controllare l’attività del Governo.

Il paradosso è che, per gli agricoltori, alle prese con costi di produzione impossibili, i pannelli fotovoltaici sono convenienti 

Oggi, alla luce delle produzioni agricole che cominciano a mancare in tante aree del mondo, visto che tanti Paesi tirano i remi in barca e riducono le esportazioni di prodotti agricoli, un’Unione europea governata da dilettanti allo sbaraglio vorrebbe aumentare da un giorno all’altro le produzioni di grano e magari anche di carne. Ma siccome i governanti europei sono, per l’appunto, dei dilettanti allo sbaraglio non sanno che gli agricoltori e gli allevatori, se non si trova il modo di ridurre i costi di produzione, saranno costretti a ridurre, se non a bloccare le produzioni. “La situazione è paradossale – ci dice ancora Gioia -. Faccio l’imprenditore agricolo da una vita e amo il mio lavoro. Ma se mi offrono 3 mila euro per l’affitto di un ettaro di terreno dove noi coltiviamo il grano duro, montando pannelli solari sopraelevati, che ci consentono di coltivare altre cose, mi dite perché dovrei dire no? Lo scorso anno la semina è stata un problema per le piogge. Il costo delle sementi, il costo dell’urea che ormai è impressionante, il gasolio agricolo. Il rischio, perché in agricoltura l’imponderabile è sempre dietro l’angolo. Con questi costi di produzione è impossibile arrivare a 3 mila euro di utili per un ettaro di grano duro! Ribadisco: se mi offrono 3 mila euro all’anno, più la possibilità di effettuare altre coltivazioni sotto i pannelli perché dovrei dire no? Per lavorare per la gloria e per il paesaggio agrario? Sono questi i problemi reali che la politica deve affrontare. Soprattutto nell’attuale momento storico. Perché tutti sappiamo cosa sta succedendo in agricoltura tra cambiamenti climatici e, adesso, con la disastrosa guerra in Ucraina”.

I disastri provocati in agricoltura dall’Unione europea

Intanto scopriamo che il grano duro siciliano che viene esportato in Nord Africa viene pagato da 55 a 60 euro al quintale. Eh sì, agli agricoltori siciliani viene pagato 46-47 euro al quintale per esse rivenduto a 55-60 euro al quintale. Forse dovrebbero essere gli agricoltori siciliani a organizzarsi. Per cominciare a vendere direttamente il proprio grano ai Paesi del Nord Africa. A cominciare da questa annata, perché da notizie che arrivano, sappiamo che la Russia – che è il primo Paese produttore di grano del mondo – privilegerà la Cina nell’export di grano. Questo significherà una riduzione dell’offerta di grano nel mondo, perché la Cina conta un miliardo e 300 milioni di abitanti. Sappiamo anche che quest’anno la semine, in Ucraina, a causa della guerra, non sono andate bene. Non solo per il grano, ma anche per il girasole. E l’Ucraina è – anzi era, perché quest’anno la situazione cambierà – il terzo Paese esortatore di grano nel mondo e il primo Paese al mondo nella produzione di olio di girasole. Due prodotti vegetali in parte destinati al Nord Africa, che quest’anno avrà problemi sia per il grano, sia per gli oli vegetali. Tutto questo, attenzione, senza considerare i possibili effetti dei cambiamenti climatici in corso, che potrebbero ulteriormente aggravare lo scenario. Ecco, quando noi critichiamo – e lo facciamo da quando siamo in rete – l’Unione europea, ebbene, non lo facciamo per partito preso, ma perché la Politica Agricola Comune (PAC) ha sempre privilegiato gli interessi dell’industria a scapito dell’agricoltura. Ha privilegiato l’industria dei pesticidi, ha privilegiato l’industria degli erbicidi e, nell’ultimi cinque anni, ha privilegiato, nell’Europa mediterranea, la produzione di energie alternative in sostituzione dell’agricoltura. Queste scelte dissennate, oggi, si stanno ripercuotendo sui 500 milioni circa di abitanti dell’Europa. Già quattro anni fa – quindi prima dell’esplosione della pandemia – nell’Unione europea si contavano oltre 100 milioni di poveri. Oggi, tra pandemia e cambiamenti climatici, la situazione è peggiorata. Non a caso la Commissione europea si è rimangiata di corsa la nuova PAC varata nell’Autunno del 2020 – che come al solito, nonostante la pandemia e i cambiamenti climatici, incentrata sugli interessi della grande industria a scapito dell’agricoltura – per cercare di aumentare la produzione agricola.

Ursula von der Leyen, Mario Draghi e Stefano Patuanelli: tre personaggi da dimenticare. Difficoltà incredibili per gli allevatori

Non ci crederete, ma la signora Ursula von der Leyen e gli altri commissari europei hanno scoperto che i pannelli fotovoltaici e i pesticidi e gli erbicidi non si mangiano. Ora, con un colpo di bacchetta magica, gli ‘europeisti’, che dell’agricoltura se ne sono sempre fregati, vorrebbero aumentare la produzione agricola. Il problema è che, ancora oggi, o non adottano i provvedimenti giusti, o prendono provvedimenti sbagliati. Abbiamo detto dei costi di produzione proibitivi per la produzione di grano. Ma lo stesso discorso vale per gli allevatori che, come scriviamo da qualche settimana, non sanno più dove trovare i mangimi per gli animali. E quando li trovano, li debbono pagare a prezzi salatissimi, tanto che ci sono allevatori che hanno deciso di macellare gli animali. Rispetto a questi problemi l’Unione europea non c’è. E non c’è nemmeno il Governo italiano. Rispetto a questo scenario l’Italia si riprova con il capo del Governo, Mario Draghi, e con il Ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, che non stanno facendo nulla di concreto. Nulla di nulla. In Sicilia – nelle altre Regioni non sappiamo – alla fine si inventerà qualcosa la Regione. Ma saranno provvedimenti tampone. In tutto in un contesto con temperature che sforano i 20 gradi centigradi a Marzo, con un grandissimo punto interrogativo per l’Estate. La verità è che in questa Europa finto-unita della finanza e delle banche, l’Italia è nelle mani di nessuno. Anzi, è nelle mani di chi vorrebbe acquistare il gas dagli Stati Uniti in alternativa al gas russo. Una minchiata stratosferica che non farà altro che aumentare i costi di produzione e i disagi.

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