Mario Pagliaro: “In Sicilia ci sarà un aumento e non una diminuzione delle coltivazioni di grano duro perché i prezzi del grano cresceranno ancora”

6 novembre 2021
  • Appassionato di climatologia e agricoltura, Mario Pagliaro, chimico del Cnr, nel nostro consueto appuntamento di fine settimana per fare il punto della situazione sul grano porta una ventata di ottimismo
  • In Francia grande preoccupazione per l’aumento del prezzo della tradizionale baguette
  • Nel mercato di Foggia il prezzo del grano duro è fermo a 55 euro al quintale. Ma potrebbe essere anche maggiore. In Sicilia il prezzo dovrebbe essere tra 40 e 50 euro al quintale. Ma anche in questo caso non si escludono alti e bassi
  • La preoccupazione per l’amento del costo dei fertilizzanti e dell’energia non scoraggerà gli agricoltori a seminare il grano, perché il prezzo di questo cereale è in crescita e continuerà a crescere, perché nel mondo c’è una domanda crescente di grano che farà crescere ulteriormente i prezzi. Questa la tesi di Pagliaro

Appassionato di climatologia e agricoltura, Mario Pagliaro, chimico del Cnr, nel nostro consueto appuntamento di fine settimana per fare il punto della situazione sul grano porta una ventata di ottimismo

Come ogni fine settimana proviamo a fare il punto della situazione del grano. E lo facciamo con la preziosa collaborazione di Mario Pagliaro, chimico del Cnr e appassionato di climatologia e di agricoltura. “Come previsto – ci dice Pagliaro – l’arrivo del maltempo che ha già colpito l’Italia settentrionale con tutte le Alpi imbiancate ha portato ad un’accelerazione della carenza di grano, che si riflette nell’andamento dei prezzi dello stesso grano e dei sui derivati, ormai in aumento settimana dopo settimana. Il Sole 24 Ore – – quotidiano della Confindustria  dello scorso il 3 Novembre, scrive addirittura di carenza della semola, la materia prima per produrre pasta. Ottobre che si è appena concluso ha segnato lievi rialzi dei prezzi. E la tendenza al rialzo sembra continuare in questi primi giorni di Novembre, con un aumento dell’intensità. Nel mercato cerealicolo di Chicago – forse un dei più importanti del mondo – le quotazioni hanno superato 8 dollari per bushel, in italiano staio, unità di misura che negli Stati Uniti  equivale a 27,216 kg di grano; quindi 4 bushel equivalgono a poco più di un quintale di grano, che a Chicago viene pagato circa 30 dollari. Prezzi in crescita anche in Europa, mentre in Africa c’è chi ricorda che l’aumento del prezzo dei cereali, circa un decennio addietro, contribuì a scatenare la cosiddetta Primavera araba.

In Francia grande preoccupazione per l’aumento del prezzo della tradizionale baguette

Gli aumenti di pane, pasta, semola, farine toccano un po’ tutti i Paesi. “In Francia – ci dice Pagliaro – la baguette aumenta di quasi il 10%, aggiungendo 6 centesimi agli 89 centesimi attuale prezzo medio, stabile per anni”. “E’ un enorme aumento – dice a INDIPENDENT Dominique Anract, presidente della Confederazione francese dei panifici e delle pasticcerie -. La baguette è preziosa. È aumentato solo di 23 centesimi negli ultimi 20 anni. Anche tre centesimi in più sono terribili se giocati a livello nazionale. La baguette è il nostro emblema, il nostro simbolo, il termometro della nostra economia. È forse come la pinta di latte della Gran Bretagna. Non potrà mai superare un euro”. Nell’articolo si ricorda che l’aumento del prezzo del pane è legato a un aumento mondiale del prezzo del grano. Anract si sofferma anche sull’aumento dei prezzi dell’energia. Insomma, cuocere il pane è diventato più costoso. “I 67 milioni di francesi – leggiamo sempre su INDIPENDENT – sono consumatori voraci di baguette. L’Osservatorio del pane del Paese – una venerabile istituzione che segue da vicino le fortune della famosa pagnotta da 65 centimetri (26 pollici) – osserva che i francesi sgranocchiano 320 baguette al secondo. Questa è una media di mezza baguette a persona al giorno e 10 miliardi ogni anno”.

Nel mercato di Foggia il prezzo del grano duro è fermo a 55 euro al quintale. Ma potrebbe essere anche maggiore. In Sicilia il prezzo dovrebbe essere tra 40 e 50 euro al quintale. Ma anche in questo caso non si escludono alti e bassi

A Foggia – che è il mercato del grano duro più importante d’Italia – il prezzo del grano duro segna ancora 55 euro a quintale. “Ma questo non significa che gli acquirenti trovino poi effettiva disponibilità di grano duro, tanto meno di quello ‘fino’, ovvero di maggiore qualità – dice Pagliaro -. Molti produttori, specialmente quelli più grandi, sono in grado di stabilire loro il prezzo. In una situazione di carenza generalizzata, sanno che ci sarà sempre un acquirente in grado di offrire quanto richiesto”. Aumenti dei prezzi del grano e dei derivati del grano si registrano in tutta l’Italia. Difficile dire quello che succede in Sicilia. Il prezzo del grano duro dovrebbe essere arrivato intorno a 48-50 euro al quintale. Il condizionale è d’obbligo, perché la situazione è fluida. Il fatto che gli agricoltori canadesi, in questa fase, hanno deciso di non vendere il proprio grano, in attesa che i prezzi aumentino, significa poco. Ci sono altri Paesi del mondo dove – a differenza di Canada, Stati Uniti e Russia – la produzione di grano non ha subito riduzioni, perché il clima non ha fatto i capricci: per esempio l’India. In un mondo ad economia globalizzata il grano può arrivare da qualunque Paese. Anche se, a livello globale, l’offerta di grano p inferiore alla domanda e i prezzi restano comunque elevati ed in crescita. Cosa vogliamo dire? Che questa volta anche la Sicilia, terra dove gli agricoltori sono soggetti a speculazioni di ogni genere, dovrà adeguarsi all’andamento del mercato mondiale.

La preoccupazione per l’amento del costo dei fertilizzanti e dell’energia non scoraggerà gli agricoltori a seminare il grano, perché il prezzo di questo cereale è in crescita e continuerà a crescere, perché nel mondo c’è una domanda crescente di grano che farà crescere ulteriormente i prezzi. Questa la tesi di Pagliaro

Altro argomento: l’aumento del costo dei fattori della produzione – fertilizzanti, gasolio agricolo e, in generale energia – che potrebbe scoraggiare la semina del grano. Ipotesi che non convince Mario Pagliaro: “Al contrario di chi parla di riduzione della superficie coltivata dovuto all’aumento dei prezzi dei fertilizzanti – ci dice Pagliaro – il prezzo del grano quasi triplicato porta gli agricoltori a seminare grano duro ovunque. Secondo un recente sondaggio fra 10.000 coltivatori italiani, come si legge su l‘INFORMATORE AGRARIO – il grano duro è al vertice delle preferenze. Nel dettaglio, più del 50% degli intervistati conferma le superfici della scorsa campagna, con un 34% degli intervistati vorrebbe incrementare. Il solo 11% afferma di voler ridurre coltivazione del grano terreni a Nord di Roma, dove la produzione 2021 è letteralmente collassata. Alcuni si chiedono se sarà ancora conveniente coltivare il grano in Sicilia, visto l’aumento di prezzo di fertilizzanti, gasolio e sementi – dice sempre Pagliaro -. Siamo ai primi di Novembre e sono già innevate non solo tutte le vette della piccola Europa occidentale, ma la Siberia, vaste aree di Mongolia, Cina, e Nord America. La domanda di grano nel 2022 sconterà il fabbisogno non soddisfatto nel 2021 di pastifici, mugnai, aziende alimentari e, in misura ancora maggiore, dei Paesi che non riescono a produrre grano a sufficienza per sfamare grandi popolazioni in costante crescita, a partire da tutti i Paesi nordafricani. In un contesto comune a buona parte dei Paesi industrializzati di sostenuti aumenti dei prezzi di energia, alimentari, semilavorati e beni industriali finiti, come ad esempio i pannelli fotovoltaici, non c’è alcuna possibilità che il prezzo del grano possa recedere. Sarà difficile, al contrario, che non continui a crescere. La Sicilia non vedrà l’installazione di campi fotovoltaici al posto dei seminativi. Ma vedrà crescere i campi coltivati in ognuna delle tre ‘Valli’ in cui è suddivisa”. Anche sull’assalto degli speculatori ai terreni siciliani, da riempire di pannelli fotovoltaici, Pagliaro è ottimista. Noi lo siamo un po’ meno perché conosciamo l’ascarismo di una arte della politica siciliana, sempre pronta a svendere la Sicilia e il suo territorio per beceri interessi personali. Che dire? Speriamo che abbia ragione Pagliaro e torto noi.

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