Palermo, qualcuno sta controllando l’inquinamento dell’aria in città dopo che il Ponte Corleone è andato in tilt? / MATTINALE 512

27 febbraio 2021
  • Lo chiediamo perché, da qualche giorno, i mezzi pesanti e tantissime automobili che prima entravano e uscivano dalla parte orientale della città passando dal Ponte Corleone ora invadono le vie di Palermo
  • Il paradosso beffardo del ripristino di una ZTL sempre più grottesca. Qualcuno ha controllato l’inquinamento dell’aria in questi giorni di caos?
  • Ma da quanti anni il Comune di Palermo avrebbe dovuto occuparsi del Ponte Corleone? E quanto durerà il caos? 
  • L’articolo pubblicato da Palermo in Progress

Lo chiediamo perché, da qualche giorno, i mezzi pesanti e tantissime automobili che prima entravano e uscivano dalla parte orientale della città passando dal Ponte Corleone ora invadono le vie di Palermo

Qualche anno fa una stima ha calcolato che circa 10 mima mezzi pesanti percorrono ogni giorno la Circonvallazione di Palermo. A questi si aggiungono circa 70 mila automobili. Non è un caso che la stessa Circonvallazione, nota anche come via della Regione siciliana, sia una delle zone più inquinate della città. Ebbene, da qualche giorno tantissimi automobilisti e tutti i conducenti dei mezzi pesanti, per entrare e uscire dalla parte orientale della città non percorrono più il Ponte Corleone, ma invadono le vie del capoluogo della Sicilia. Per gli automobilisti è una scelta dettata dal fatto che, per attraversare il Ponte Corleone, impiegano un’ora circa. La prima volta incappano, poi cercano via alternative. I mezzi pesanti, invece, non hanno alternative: debbono per forza di cose attraversare la città. Il Ponte Corleone – non da ora, ma da anni – è in pessime condizioni: di conseguenza i mezzi pesanti non potranno passare da lì. Il crollo del Ponte Morandi di Genova consiglia di evitare altre tragedie.

Il paradosso beffardo del ripristino di una ZTL sempre più grottesca. Qualcuno ha controllato l’inquinamento dell’aria in questi giorni di caos?

Il paradosso beffardo di questa storia viene fuori mettendo insieme il disastro che va in scena sul Ponte Corleone, con il carico di sostanze inquinanti che si è riversato in tutta la città, e l’amministrazione comunale di Leoluca Orlando e Giusto Catania che ha ripristinato – peraltro in piena pandemia – la Zona a Traffico Limitato (ZTL). In un momento in cui tutta la città dovrebbe essere messa al riparo dall’aumento dell’inquinamento, la preoccupazione del sindaco e del suo assessore è quella di andare a riattivare la contestatissima ZTL per continuare a svuotare le tasche dei cittadini, nell’illusione di rinvigorire i conti di un Comune ormai alla frutta. Inutile ribadire che durante una pandemia le ZTL vanno abolite, perché bisogna incentivare i trasporti privati e ridurre gli assembramenti nei trasporti pubblici. Del resto, nel Paese dove la pandemia è stata affrontata con i bonus vacanze, con i banchi di scuola con le rotelle, con i migranti che vanno e vengono, con i turisti e con i crocieristi, il Comune di Palermo, con la sua ZTL sempre più grottesca, è perfettamente in linea. Vorremmo porre una domanda: dal momento che cittadini, commercianti, artigiani non hanno legittimazione e interesse per contestare la ZTL, come stabilito dal TAR Sicilia, chi dovrebbe avere “legittimazione” e “interesse” per capire cosa fare con i gas di scarico dei mezzi pesanti e delle automobili che in questi giorni sono aumentanti in modo impressionante? E ancora: in genere, nelle città civili, quando aumenta l’inquinamento dell’aria qualcuno si prende cura di studiare la situazione. A Palermo qualcuno sta controllando i livelli di inquinanti  presenti nell’area?

Ma da quanti anni il Comune di Palermo avrebbe dovuto occuparsi del Ponte Corleone? E quanto durerà il caos? 

La domanda è: quanto durerà il caos automobilistico che si è scatenato nelle vie di Palermo? Ricordiamoci che in città ci sono tanti cantieri aperti: Anello ferroviario, Passante ferroviario, collettore fognario, i lavori in corso in via della Regione siciliana. La parziale chiusura del Ponte Corleone ha fatto crescere in proporzione geometrica il traffico veicolare. La responsabilità di tutto quello che sta succedendo è del Comune di Palermo che, da anni, ha praticamente ignorato i problemi di un tratto stradale ammalorato. Tre anni fa le polemiche sul Ponte Corleone e sul Ponte Oreto sono state durissime. Ci sono stati interventi di alcuni consiglieri comunali che allora erano nel Movimento 5 Stelle. C’è stata la replica piccata del sindaco Orlando e dell’allora vice sindaco Emilio Arcuri. E c’è stata una dura presa di posizione del parlamentare nazionale grillino, Giorgio Trizzino. Ma poi non è servito a nulla, perché il Comune ha continuato ad ignorare il problema. Può Palermo continuare a sopportare il carico di inquinamento che si sta registrando in questi giorni?

L’articolo pubblicato da Palermo in Progress

Intanto è bene leggere un articolo pubblicato nella pagina Facebook Palermo in Progress. E’ una pagina che si occupa dei problemi strutturali della città, a cominciare dalle grandi opere pubbliche, trasporti compresi.  Il titolo dice già tutto: “Ponte Corleone, gravi le condizioni strutturali: si intervenga!”. Leggiamo adesso l’articolo che porta la firma di Roberto Palermo: “I risultati degli ultimi, ennesimi sopralluoghi effettuati dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco presso il Ponte Corleone, grande ammalato della viabilità palermitana, suonano come l’ennesimo allarme, speriamo non inascoltato. Sono elencati in una nota di 5 pagine pervenuta l’11 Febbraio scorso al Comune di Palermo. L’inerzia di chi dovrebbe intervenire e continua a non farlo fa da drammatico contraltare alla serietà con cui i tecnici dei VV.FF. segnalano, elencandoli uno ad uno, gli ammaloramenti della struttura. Segni evidenti di un degrado che si è lasciato progredire per decenni, ed a cui adesso non è più possibile assistere inermi. Anche perché quanto abbiamo letto nella relazione sopra citata, ci lascia molto, ma molto preoccupati. E lo diciamo da tecnici. Nel merito, proviamo a selezionare soltanto i più gravi episodi di degrado strutturale che sono stati rilevati nella struttura, e proviamo a farvi comprendere di cosa si tratta:

1.1 Estradosso carreggiate

– Fessurazione trasversale all’altezza della spalla del ponte che si sviluppa per l’intera carreggiata in uscita direzione CT/ME – PA (diapositiva n.8 dell’allegato 1);

– Fessurazione trasversale in corrispondenza degli appoggi Gerber della porzione centrale dell’impalcato che si sviluppa per l’intera carreggiata (diapositiva n.9 dell’allegato 1); …….”

In pratica, si tratta di fessure che attraversano, da parte a parte, tutta la carreggiata, e che si trovano sia all’altezza di una delle “spalle” del ponte, vale a dire la parte dell’impalcato più vicina all’estremità, che (secondo punto) al centro della stessa.

Più avanti si legge:

1.2 Ponte direzione PA- CT/ME

– Cattiva regimentazione delle acque meteoriche dall’impalcato stradale con pluviali che scaricano, in molti casi, direttamente sui pilastri delle pile ovvero sulle superfici degli archi con conseguente degrado corticale e ammaloramento diffuso (diapositive 14, 16 e 21 dell’allegato 1).

In parole povere, le tubazioni che dovrebbero allontanare le acque piovane dal ponte, le scaricano invece proprio sulle strutture, al di sotto del piano stradale.

– Distacco del copriferro con avanzato stato di ossidazione delle armature longitudinali e rottura delle staffe a carico del pilastro n.1 della pila M (diapositiva 15 dell’allegato 1)

E’ solo uno dei tanti pilastrini interessati da degrado. Si tratta di quelle piccole pile verticali che scaricano il peso dell’impalcato stradale sui grandi archi sottostanti. Il distacco del copriferro indica la perdita di quello strato di calcestruzzo (in genere 2-3 cm) che ricopre i ferri di armatura, proteggendoli dagli agenti atmosferici: in sua assenza, la ruggine prende il sopravvento, e può arrivare a ridurre drasticamente la sezione delle armature, vale a dire il loro spessore, fino alla rottura. Ed è quello che viene registrato in questo caso: la rottura delle staffe. Elementi, questi ultimi, che collaborano alla resistenza a schiacciamento di queste piccole strutture e che funzionano, in sostanza, come i cerchi di una botte: cosa succede ad una botte piena se questi elementi si rompono?

 – Distacco del copriferro con ossidazione delle armature longitudinali e delle staffe a carico del 2° arco nel tratto compreso tra la pila H e la pila I (diapositiva 17 dell’allegato 1)

Attenzione a questo punto: il degrado del ponte non riguarda solo i pilastrini e l’impalcato, ma anche un arco portante; come vedremo, non è il solo. Si tratta, in sostanza, delle parti strutturali più importanti dell’intero ponte, sulle quali si scaricano tutti i carichi in transito sul ponte, oltre al peso del ponte stesso: se collassano, gli effetti non possono che essere disastrosi.

-1.3 Ponte direzione CT/ME – PA

Dalla verifica visiva è emerso quanto di seguito indicato:

-Distacco localizzato del copriferro della trave longitudinale esterna con ossidazione delle armature longitudinali e delle staffe con rottura di alcune di queste ultime nella faccia inferiore (diapositiva 32 dell’allegato1), con evidente fenomeno di degrado corticale causato da una cattiva regimentazione delle acque pluviali.

Ancora staffe rotte, questa volta nella carreggiata opposta ed in corrispondenza di una delle travi portanti dell’implacato. In questo caso, a risentirne è la resistenza agli sforzi “di taglio” quelli, per intenderci, che tendono a far scorrere due sezioni contigue di una trave in direzioni opposte: una verso l’alto, l’altra verso il basso, “tagliando” in due la trave.

– Avanzato fenomeno di degrado corticale, determinato da una cattiva regimentazione delle acque meteoriche, a carico del pilastro n. 12 della pila H e dell’arco n. 6 (diapositiva 36 dell’allegato 1)

Distacco del copriferro con ossidazione delle armature inferiori della trave longitudinale relativa all’impalcato compreso tra le pile H e G; anche in questo caso è evidente il fenomeno di dilavamento delle acque meteoriche a carico della trave longitudinale (ove si è verificato il distacco di copriferro) e l’arco n. 6 (diapositiva 38 dell’allegato 1);

– Il dilavamento a carico della intradosso dell’arco n. 6 per buona parte del suo sviluppo è ancora più evidente dall’analisi della diapositiva n. 39 dell’allegato 1

– Distacco del copriferro di una porzione dell’intradosso del 4° arco con evidente ed avanzato stato di ossidazione delle armature longitudinali e trasversali; analogo fenomeno è presente anche in prossimità della sezione d’incastro dello stesso arco
(diapositiva 24 dell’allegato 1)

– Distacco localizzato del copriferro con ossidazione dell’armatura a carico dell’arco n. 6, nella sezione d’incastro (diapositiva 34 dell’allegato 3);

Nella superficie laterale esterna dell’arco n. 6 è possibile apprezzare una delle tracce, di probabile trafilamento d’acqua proveniente dall’interno della sezione cava dell’arco parabolico n. 6. Si sottolinea in proposito che tale fenomeno, di particolare rilevanza tecnica, è stato già riscontrato ed evidenziato dal prof. ing. Palizzolo nell’ambito dello studio di consulenza effettuato nel settembre del 2004 (diapositiva 29 dell’allegato 1).“

Mali antichi, quindi, di almeno 16 anni, e che riguardano, ancora una volta, gli archi portanti (vedi sopra). Da quanto leggiamo, questo arco 6 non sembra messo affatto bene: dilavamento da acque piovane, armature ossidate e addirittura, a quanto leggiamo, acqua he dall’interno dell’arco stesso (a sezione cava) perviene all’esterno! Il fenomeno, non soltanto è gravissimo, come sottolinea la stessa relazione, ma antico, essendo noto dal lontano 2004. Ma come abbiamo visto sopra, preoccupano e non poco anche le condizioni degli archi 4 e 2.

Quelli che abbiamo elencato sono solo i più dignificativi dei 25 punti in cui vengono riassunti i punti di degrado più allarmanti del ponte Corleone. Al termine della nota, non potevano che arrivare, laconiche, le prescrizioni. Oltre ad una “analisi tecnica approfondita dell’opera ” propedeutica a certificarne le condizioni, i tecnici dei VV.FF. concludono che

Che cosa fare

“…si ritiene necessario procedere, con carattere d’urgenza, a:

1. precludere il transito ai veicoli aventi massa complessiva superiore a 27 tonnellate come indicato nel certificato del prof. Palizzolo del settembre 2004 mantenendo il limite di velocità pari a 30 km/h previsto nell’Ordinanza Dirigenziale n. 294 del 24/02/2005 e dalla segnaletica verticale già in essere, evidenziando che tali condizioni dovranno essere oggetto di idonee misure di vigilanza, da chi di dovere, che ne assicurino, in ogni tempo, la corretta e costante attuazione;

2. interdire le corsie esterne, adiacenti ai marciapiedi di ogni carreggiata, consentendo il traffico veicolare sulle due restanti corsie per ogni senso di marcia;

3. interdire l’uso dei marciapiedi nelle more che venga effettuato il ripristino della rete metallica di protezione e la rimozione delle porzioni di lamiere non vincolate;

4. controllare su entrambe le carreggiate le condizioni di corretto ancoraggio delle scossaline longitudinali di estremità della soletta dell’impalcato”.

“Ci domandiamo prosegue l’articolo pubblicato da Palermo in Progress -: basteranno queste prescrizioni, tutte volte ad evitare sollecitazioni troppo forti per le malridotte strutture del ponte, nonché a irreggimentare le acque piovane che, come abbiamo letto, le irrorano indisturbate? Noi non ci mettiamo le mani sul fuoco. Ed invitiamo, ancora una volta, chi di dovere ad intervenire, anche con decisioni drastiche. Non sarebbe il caso, ad esempio, invece di firmare protocolli d’intesa con altri enti, che lasciano invariati i tempi pachidermici dei procedimenti, di intervenire d’urgenza per ripristinare, quanto meno, le armature ammalorate, rotte o distaccate? Sostituirle con elementi (tiranti) di rinforzo esterni, come si fa in questi casi? Siamo sicuri che si possa ancora aspettare? Dove sono finite le procedure d’urgenza previste nel Codice degli Appalti, esattamente all’art. 163 (“Procedure in caso di somma urgenza e di protezione civile”)? Sussistono o no le condizioni di cui al comma 1? Leggiamolo insieme: ‘In circostanze di somma urgenza che non consentono alcun indugio, il soggetto fra il responsabile del procedimento e il tecnico dell’amministrazione competente che si reca prima sul luogo, puo’ disporre, contemporaneamente alla redazione del verbale, in cui sono indicati i motivi dello stato di urgenza, le cause che lo hanno provocato e i lavori necessari per rimuoverlo, la immediata esecuzione dei lavori entro il limite di 200.000 euro o di quanto indispensabile per rimuovere lo stato di pregiudizio alla pubblica (e privata) incolumita’. In ultimo, per favore, non ci si venga a raccontare che non ci sono i soldi od altre scuse simili: quelli si trovano anche per cose molto, ma molto meno urgenti”.

 

 

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