Effetto Covid sull’agricoltura siciliana: rischio di chiusura per migliaia di aziende, dighe vuote/ INCHIESTA

17 gennaio 2021
  • Agricoltura, Terra è Vita: serve la dichiarazione di stato di crisi  
  • Il calo dei prezzi ha messo in ginocchio agricoltura e zootecnia
  • Il vino siciliano? Sconta gli effetti negativi del Covid
  • La chiusura di ristoranti e Hotel è un colpo duro per il vino 
  • Benedetto Alessandro: serve la distillazione
  • Agrumi siciliani: la concorrenza di arance e clementine estere
  • Latte in Sicilia: la Regione grande assente
  • Olio d’oliva siciliano, Vito Scalia: bisogna organizzarsi
  • Irrigazione: fino ad oggi le dighe siciliane sono vuote

Agricoltura, Terra è Vita: serve la dichiarazione di stato di crisi  

Come sta iniziando l’annata agraria 2021 in Sicilia? Cosa si prospetta per il grano duro della nostra Isola? E per il vino? E per gli agrumi che prospettive ci sono? Per l’olio d’oliva extra vergine? Abbiamo deciso di fare una chiacchierata a trecentosessanta gradi con i protagonisti del Movimento Terra è Vita. “Sicuramente non sarà una buona annata – ci dicono Pino D’Angelo e Santo Bono -. Comunque cercheremo, per quanto sarà possibile, di rispondere alle vostre domande. Noi diremo qualcosa in generale e poi passeremo la parola agli agricoltori che seguono i vari settori da agricoltori, persone che, come noi, si alzano dal letto ogni mattina alle cinque per rientrare a casa, quando va bene, alle sei del pomeriggio”. Cominciamo con il cambio della guardia ai vertici politici dell’assessorato regionale all’Agricoltura. “Sul cambio ai vertici dell’assessorato regionale all’Agricoltura possiamo affermare quello che ha dichiarato l’assessore uscente Edy Bandiera: e cioè che sono stati spesi buona parte dei fondi comunitari destinati al nostro settore. Speriamo che queste risorse possano portare linfa all’agricoltura e non fare indebitare ulteriormente le nostre aziende agricole. Sul nuovo assessore Toni Scilla potremo dire qualcosa quando di metterà all’opera. Dalle sue prime dichiarazioni sembrerebbe che voglia prestare più attenzione alle piccole e medie aziende: già questo e un buon auspicio. ​Come Movimento Terra è Vita chiediamo di intervenire per far fronte al momento di crisi del comparto agro-zootecnico siciliano alle istituzioni regionali e, in particolare, chiederemo al nuovo regionale all’Agricoltura Tony Scilla che si attivino tutte le procedure affinché si predispongono interventi ad hoc. In particolare, chiediamo che si istituisca un tavolo tecnico per istituire un fondo regionale per la stipula delle polizze assicurative agevolate contro i danni economici arrecati da calamità naturali e da crisi economiche; che si esonerino i produttori in crisi dal pagamento dei tributi locali, delle concessioni governative e dei tributi consortili maturati nell’anno in corso, intervenendo anche nei confronti delle banche affinché applichino le norme previste riguardanti il consolidamento delle passività onerose e i nuovi investimenti, come fece a suo tempo l’ex Ministro Lillo Mannino. Proponiamo inoltre di riattivare, con funzionalità e scopi diversi, l’Osservatorio regionale dei prezzi dei prodotti ortofrutticoli e zootecnici, affinché ci sia una maggiore conoscenza del processo di formazione dei prezzi finali di vendita, anche, per esempio, imponendo l’apposizione del doppio prezzo (origine e consumo); chiederemo, poi, all’assessore Scilla di intervenire presso il Governo nazionale affinché dichiari lo stato di crisi per tutto il settore agricolo e zootecnico siciliano, con la conseguente esenzione dal pagamento degli oneri fiscali e previdenziali”.

Il calo dei prezzi ha messo in ginocchio agricoltura e zootecnia

Santo Bono e Pino D’Angelo parlano anche degli effetti negativi provocati dal Covid: “In seguito agli eventi pandemici​ la situazione dell’agricoltura e della zootecnia siciliana è sicuramente in uno stato di grandissima difficoltà. Il calo dei prezzi all’origine e l’aumento dei costi di produzione ha ormai messo in ginocchio entrambi i comparti che, occorre ricordare, sono elementi vitali e portanti dell’intera economia siciliana. Le imprese agricole e zootecniche siciliane, ogni giorno di più, perdono competitività sui mercati nazionali ed internazionali. Il crollo dei prezzi praticati è l’elemento di maggiore preoccupazione per i coltivatori e allevatori. Vi sono prodotti, come il grano duro, la frutta e l’uva da vino che hanno subito una flessione negativa di circa il 40%, mentre per altri prodotti come gli ortaggi, il latte bovino, la carne e l’olio d’oliva la diminuzione dei prezzi si attesta intorno al 35-40%. A tutto questo si aggiunge una serie di eventi atmosferici che, negli ultimi mesi, ha arrecato danni gravissimi alle produzioni ed alle strutture agricole. Migliaia e migliaia di agricoltori ed allevatori saranno, a breve, costretti ad abbandonare l’attività produttiva, dando, di fatto, non solo un durissimo colpo ad ogni possibile prospettiva di sviluppo socio-economico dell’intera Sicilia, ma creando un nuovo bacino di disoccupazione settoriale che vedrà decine di migliaia di lavoratori ritrovarsi senza alcuna forma di sostentamento. I processi di allargamento dei mercati non sono stati governati da idonee politiche di accompagnamento e di supporto, indispensabili per aiutare le aziende siciliane ad affrontare le nuove sfide del mercato globale, tenendo conto anche della peculiarità tipica siciliana legata alla sua insularità che, ovviamente, incide in maniera rilevante sui costi di spedizione e di trasporto. Regione, Stato e Unione europea non hanno aiutato l’agricoltura siciliana rispetto ai guasti provocati dalla globalizzazione dell’economia. Ormai lo stato di crisi si sta allargando in maniera esponenziale toccando tutti i principali comparti della filiera agro-zootecnica della Sicilia: ortofrutticolo, terricolo, viticolo, cerealicolo, olivicolo, agrumicolo e zootecnico”.

Il vino siciliano? Sconta gli effetti negativi del Covid

E il vino? “Non va bene nemmeno questo settore – dicono i due esponenti di terra è Vita -. Nel settore vino si scontano gli affetti negativi del Covid in materia di commercio, con perdite che vanno da 2 a 2,5 miliardi di euro. E in questo calcolo non entrano le circa 8 mila cantine che operano anche nel cosiddetto hospitality. Prendendo spunto da quanto detto all’ANSA qualche giorno fa da​ Donatella Cinelli Colombini, prima promotrice del turismo del vino in Italia, artefice di​ Cantine Aperte​ e presidente delle​ Donne del Vino, che ha fatto il punto della situazione sugli effetti del virus e sulle cantine che perdono introiti e posti di lavoro, c’è da ricordare che le 25 mila aziende enologiche italiane aperte al pubblico danno lavoro a 30 mila dipendenti stagionali addetti all’enoturismo, oltre al personale a tempo indeterminato. Tutte persone che potrebbero perdere il lavoro. L’arresto di molti degli ordini sul canale Ho.Re.Ca., poi, sta originando gravi ammanchi di incassi sulle gestioni ordinarie delle aziende. Tuttavia la natura non può fermarsi e la vigna non può di certo essere abbandonata a se stessa. Un effetto, questo, che avrà ripercussioni negative sull’intera filiera produttiva del vino, da sempre negli anni orgoglio italiano, specie se a questo ‘dramma’ aggiungiamo le lentezze della burocrazia di Governo e dei suoi interventi pubblici. Un duro colpo per un settore da un lato abituato e fortificato alle imprevedibilità della Natura, ma che dall’altro s’è trovato ‘nudo’ di fronte alla fragilità dell’uomo al cospetto di una forza oscura e imprevedibile. Diceva​ Albert Einstein: «La creatività nasce dall’angoscia; nella crisi nascono le inventive, le scoperte, le grandi strategie». In Italia, e in particolar modo nel Sud e in Sicilia, manca quella spinta, quello scatto da velocista che consentì, ad esempio, il miracolo economico del secondo dopoguerra per l’Italia. Il coronavirus, come ottanta anni fa la guerra, sarà il pretesto attraverso il quale traghettare verso situazioni migliori? Lo dirà solamente il tempo”.

La chiusura di ristoranti e Hotel è un colpo duro per il vino 

Sul vino ascoltiamo anche Benedetto Alessandro, responsabile marketing della cantina​ Alessandro di Camporeale. Cominciamo mcon un argomento un po’ particolare: il lavoro da casa. Lo smart working applicato al vino funziona? “Lo​ smart working​ – ci risponde Alessandro – si può applicare alle attività amministrative, in parte anche alle attività commerciali, promozionali, ma è chiaro che il lavoro in campagna e cantina continua. Averlo applicato comporterà sicuramente degli stravolgimenti futuri ai metodi quotidiani fino a prima del virus”. Osserviamo: Eccezion fatta per le enoteche, i canali Ho.Re.Ca. sono praticamente chiusi. Com’è la situazione di mercato? Intendiamo mercato interno e mercato estero. “Per la nostra azienda, ad esempio – ci risponde Alessandro – il 90% della nostra produzione è diretto ai canali Ho.Re.Ca., mentre solo il 10% a privati e piccoli punti vendita specializzati. Quel 90% al momento è bloccato. È aumentata leggermente l’attività con i privati, ma è irrilevante, come capirete bene, rispetto al fatturato. Con l’estero si lavorava ancora nei primi giorni italiani di​ lockdown, poiché l’allarme pareva non essere ancora arrivato. Due settimane dopo, lo stop per tutti. In sintesi, i numeri totali sono davvero molto piccoli”. Chiediamo: le produzioni caleranno o si attesteranno sempre sui quantitativi degli anni precedenti? Che soluzioni adotterete? “Posso solo dire – ci risponde il responsabile marketing della cantina​ Alessandro di Camporeale – che la natura fa il suo ciclo. Per qualcuno può essere utile qualche incentivo sulle vendemmie verdi o sulla distillazione. La vigna non è un’industria per la quale l’uomo può modulare a piacimento i numeri. Le produzioni caleranno solo di poco, ma le uve andranno vendemmiate tutte. L’intenzione, già in atto peraltro, è quella di non imbottigliare subito tutta la nuova produzione. Faremo dei lotti di imbottigliamento scaglionati, man mano che ce ne sarà l’esigenza. E comunque dipenderà da come evolverà nel breve termine la situazione. La crisi continuerà ben molto dopo la fine del​ lockdown. Resta il punto interrogativo di quando apriranno i ristoranti e, soprattutto, con quali regole. Il turismo, ad esempio, si è bloccato e le prenotazioni tutte disdettate. Hotel chiusi. Anche se apriranno, il turismo non si recupererà facilmente. Questo influisce anche sul mercato del vino”.

Benedetto Alessandro: serve la distillazione

Una domanda sul futuro, visto magari con un po’ di ottimismo: quali sono le misure, tenui o drastiche, da adottare affinché il vino in Sicilia ritorni sulla retta via? “Parlando per i grandi volumi – ci risponde Alessandro – le politiche che potrebbero in parte risollevare, ad esempio, sono il controllo della produzione con incentivi su potatura verde. Per le piccole aziende tutto dipende dalla liquidità: quando girerà per loro sarà tutto a cascata. Per le aziende più grandi, invece, sarebbe auspicabile un viraggio della produzione verso la distillazione, sotto incentivi ovviamente, che ti permettono di diminuire l’offerta di mercato, cercando di raggiungere l’equilibrio tra la domanda e l’offerta che c’era prima della crisi. Per la Sicilia mi auguro una velocissima ripresa lavorativa. Tutti gli ingranaggi devono funzionare. Se se ne rompe anche solo uno, tutti gli altri ne subiscono le conseguenze. Sarebbe perfetto se si raggiungesse quel punto di equilibrio a cui accennavo prima, dimodoché non ci siano riduzioni forzate di volumi conseguenti a minori richieste. Le piccole e le grandi cantine non sarebbero, così, costrette, a svendere il loro prodotto presso i propri clienti, senza influenzare, di conseguenza, l’intero mercato del vino. In questo modo si ritornerebbe, seppur lentamente, alla normalità”.

Agrumi siciliani: la concorrenza di arance e clementine estere

Agrumi. Ci dicono che per le arance la produzione di quest’anno non è male. Soprattutto nella Piana di Catania. Ma i prezzi sono bassi. E’ vero? E’ vero che per le clementine è un mezzo disastro a causa della produzione spagnola molto trattata chimicamente? Ci risponde Ciro Miceli, produttore e agronomo di Burgio, provincia di Agrigento: “Sull’agrumicoltura ci sarebbe tantissimo da dire. Facendo una brevissima sintesi possiamo dire che attualmente il settore, in seguito ai continui e repentini cambiamenti climatici, registra una minore produzione”. Osserviamo: con la diminuzione dell’offerta i prezzi dovrebbero essere in salita? “Non è così, purtroppo – ci risponde Ciro Miceli -. Perché nel mercato siciliano sono arrivati agrumi esteri a prezzi concorrenziali. Il risultato è che registriamo prezzi di vendita all’ingrosso medio bassi. Inoltre se a tutto ciò si aggiunge che dobbiamo fronteggiare nuove fitopatologie, che richiedono interventi che hanno un certo costo, lo scenario inevitabilmente si complica”. Le soluzioni? “Per superare le attuali difficoltà – conclude Miceli – servirebbe una migliore vendita del prodotto finale, magari con  la costituzione di associazioni che raggruppino più aziende, per ridurre i costi di produzione e, allo stesso tempo, per essere più incisivi nella commercializzazione”.

Latte in Sicilia: la Regione grande assente

Il latte. Di recente abbiamo raccontato cosa combinano i commercianti giocando sul litro-kg di latte. Ci sono novità? ​ Lo chiediamo a Domenico Bavetta, allevatore di Montevago. “Migliaia di aziende zootecniche rischiano di chiudere – ci dice Bavetta – perché il latte di pecora va da un prezzo medio di 78 centesimi di euro, compreso di IVA, ad un massimo di 82 centesimi di euro, compreso IVA. va detto che quello dell’allevatore non è un mestiere facile. Si lavora tutti i giorni, senza interruzioni. Produrre un litro di latte per noi ha un costo di 80 centesimi di euro. Se consideriamo tutti i costi – sementi, fieno, mangimi, affitti, tasse, contributi e via continuando – ci accorgiamo che vendiamo il nostro latte sotto-costo. La stragrande maggioranza di pastori siciliani non trasforma il latte che produce e si ritrova a vendere il proprio prodotto in un mercato taroccato, dove chi acquista il latte a litro va a rivenderlo fuori dalla Sicilia a prezzi che arrivano anche a 97 euro quintale, più IVA. Perché succede tutto questo? La causa principale è il disinteresse della politica siciliana. Basti pensare che non è stato fatto niente per le Dop siciliane dei formaggi”.

Olio d’oliva siciliano, Vito Scalia: bisogna organizzarsi

Olio d’oliva in Sicilia: qual è la situazione? La parola a Vito Scalia, produttore di Piana Albanesi. “Ritengo che in un periodo che stiamo attraversando – ci dice Scalia – il mondo olivicolo sia sotto attacco su più fronti. La prima causa va individuata nel Covid e i relativi  lockdown: i negozi specializzati ed i canali Ho.Re.Ca. restano chiusi, e questo è già un grosso problema. In secondo luogo ci sono le speculazioni che si notano nella Grande distribuzione organizzata (Gdo), con olio d’oliva extra vergine in promozione a 2, 60 euro al litro. Terzo – e secondo me il fattore più importante – la mancanza di organizzazione da parte dei produttori sempre più isolati. Conclusione: organizzarsi con le Opi per affrontare i mercati ed avere la possibilità di stare nella Gdo per dare la possibilità al consumatore di scegliere come alimentarsi. Uniti si ha più forza e più visibilità”.

Irrigazione: fino ad oggi le dighe siciliane sono vuote

​L’irrigazione, infine. ​ Le piogge basteranno? Come si presenta l’annata irrigua? ​ Risponde Giuseppe Fontana, agricoltore di Gibellina, provincia di Trapani. “L’annata irrigua si presenta male. E’ vero che ha piovuto, ma le dighe della Sicilia sono ancora vuote” Fontana è pur sempre un agricoltore e dice la sua anche sulla situazione generale del settore in Sicilia: “La manodopera scarseggia a causa del Covid.​ ​Il prezzo del grano si prospetta al ribasso, soprattutto il biologico. Il prezzo dell’ uva scenderà, specialmente perché al Nord registrano un 35 per cento di bollicine invendute. Quindi tutto questo vino bianco – che non è di qualità eccelsa – diventerà tutto bianco comune. Penso anche l’olio d’oliva scenderà di prezzo, compreso quello biologico penalizzato dal Covid”.

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