Solito gioco litro/kg sul latte. Aumento del prezzo dei mangimi e rischio calo dei consumi interni

10 gennaio 2021
  • Il gioco litro/kg di latte che penalizza gli agricoltori
  • Allarme prezzi per soia e cereali
  • Il rischio è la caduta dei consumi interni
  • Rafforzare i consumi Made in Italy

da Santo Bono e Pino D’Angelo
del Movimento Terra è Vita

Il gioco litro/kg di latte che penalizza gli agricoltori

Ci dicono che dobbiamo essere competitivi. Sfidiamo coloro che ci dicono questo a invertire i ruoli: i vari professionisti dell’agricoltura che sono bravi a dare consigli dovrebbero, per almeno un mese gestire le nostre aziende. Entrando subito nell’argomento, non si capisce perché quando noi vendiamo il nostro latte ai vari caseifici industriali o ai commercianti, ce lo pagano al litro, mentre loro, poi, lo rivendono al chilo. Non è una questione di poco conto. La densità del latte varia da 1,020 kg/L a 1,080 kg/L; ciò significa che 1 kg di latte corrisponde varia da 0,930 a 0,980 litri. Se consideriamo che parliamo di migliaia di litri, non è difficile capire che gli agricoltori, con questo giochetto vengono penalizzati!

Allarme prezzi per soia e cereali

Le principali materie prime agricole per l’industria mangimistica, ovvero soia e cereali, hanno fatto registrare decisi aumenti dei prezzi, cresciuti, come nel caso della soia, di quasi il 30% in poche settimane. Dopo le forti oscillazioni già osservate tra Marzo e Aprile dello scorso anno, con l’avvio del IV trimestre le quotazioni delle materie prime proteiche e dei cereali continuano a segnare incrementi costanti. Gli aumenti sono provocati non a carenza di tali prodotti sul mercato internazionale, ma dal concorso di problematiche di carattere speculativo: notizie di un ipotetico rilancio dei rapporti commerciali tra USA e Cina e incertezze meteorologiche in Sud America. Una situazione che suscita la preoccupazione dell’industria mangimistica italiana per gli effetti a cascata che questa rischia di produrre sulla filiera agro-zootecnica-alimentare. “Queste oscillazioni – sottolinea Marcello Veronesi, presidente di ASSALZOO, l’Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici – sono una minaccia per la catena di valore perché impediscono la corretta gestione dei flussi produttivi con conseguenze sui consumi in un periodo già complicato dagli effetti della pandemia”.

Il rischio è la caduta dei consumi interni

La mangimistica italiana, essendo il settore al centro della filiera e anello di congiunzione tra materie prime e trasformazione industriale, è esposta tanto ai rischi degli aumenti di prezzo delle materie prime quanto a quelli legati alla riduzione dei consumi. “Fino a oggi – dice sempre il presidente di ASSALZOO – con grande impegno dei produttori, la mangimistica italiana è riuscita a svolgere una funzione calmierante dei prezzi. Lo sforzo, anche tramite il ricorso a materie prime alternative e a maggiore efficienza, è stato diretto a evitare la ricaduta degli aumenti delle materie prime sui prodotti finali. L’auspicio è che tale sforzo sia compreso da tutta la filiera e che la mangimistica non debba far fronte a ulteriori pressioni dovute alle crescenti quotazioni delle materie prime”. In questo contesto di grande incertezza, uno degli effetti più evidenti e pericolosi è quello della caduta dei consumi interni anche a seguito della stretta anti-contagio dell’ultima settimana.

Rafforzare i consumi Made in Italy

“Oggi più che mai – conclude Veronesi – è necessario rivolgere un appello a tutti i soggetti della filiera, dai produttori alla GDO e a tutto il commercio, per far sì che ci sia una spinta propositiva a favore dei prodotti italiani. Solo rafforzando la produzione e l’inclinazione dei consumi nel segno del Made in Italy è possibile garantire la tenuta del sistema agroalimentare nazionale gravato dalla crisi di liquidità, dalla pressione dei prezzi e dal sensibile calo dei fatturati”.ASSALZOO rappresenta l’industria mangimistica italiana con un fatturato di oltre 7,5 miliardi di euro, circa 8.000 addetti, escluso l’indotto, e una produzione che supera i 14,6 milioni di tonnellate di latte.

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