Coronavirus/ Basta con la “Lombardia locomotiva d’Italia”! Nuove chiusure? La piazza sarà d’accordo?

2 novembre 2020

Buttata fuori dalla porta con la scusa dell’emergenza Coronavirus, la Democrazia, in Italia, sta rientrando dalle piazze invase da cittadini che protestano contro le chiusure. Ieri a Roma non hanno deciso niente. Dicono che decideranno oggi, ma la sensazione è che la gente non segua più l’attuale politica e preferisca la protesta di piazza contro le chiusure. Intanto la Lombardia continua a ‘rompere’ perché vuole misure uniformi per tutte le Regioni 

Dicono che il “coprifuoco” non sarà più alle 18,00, ma alle 21,00. Insomma, nella lotta al Coronavirus il Governo nazionale e le Regioni, bontà loro, stanno ‘concedendo’ ai cittadini tre ore in più di aria. Ma nella riunione di oggi il presidente del Consiglio e i rappresentanti delle Regioni debbono ancora decidere se adottare misure uniformi in tutta l’Italia – come chiedono alcune Regioni del Nord – o se le misure saranno diverse in ragione delle diverse situazioni sanitarie. Il tutto mentre proseguono le proteste di piazza.

Già l’errore di chiudere tutto è stato fatto nel Marzo scorso: allora è passata la linea del Nord: chiusura uniforme per tutti. Il Sud e la Sicilia non avevano bisogno di questo provvedimento drastico: ma sette mesi fa ha trionfato la tesi della “Lombardia locomotiva d’Italia”: quindi per rispetto ai lombardi chiusure per tutti.

Oggi la situazione è un po’ diversa. Perché il Veneto di Luca Zaia, stando a quello che si legge qua e là, non sarebbe d’accordo per la chiusura di tutte le attività. Per carità, in Veneto Zaia e compagni non stanno dicendo che “Coviddi unicinnè”, insomma, sanno che l’infezione c’è ed è sempre insidiosa: ma non sono nelle condizioni della Lombardia e preferiscono non andarci pesante con le chiusure per non bloccare le attività economiche. 

Anche in Lombardia non sembrano essere molto felici per lo stop alle attività economiche: ma da quelle parti il COVID-19 è tornato a picchiare duro. Una spiegazione scientifica allo stato puro del perché in Lombardia il virus sia così aggressivo ancora non c’è: anche se c’è il dubbio – che in realtà è più di un dubbio – che ciò sia dovuto all’inquinamento.

Il primo a scriverlo è stato lo scorso 12 Marzo Domenico Iannantuoni, un ingegnere pugliese trapiantato da decenni a Milano:

“Non lo dicono per ora, ma tra breve sarà un mantra! I virus viaggiano sempre attaccati a qualcuno o a qualcosa! Ebbene, la Pianura Padana è tra le più inquinate nel mondo ed il tasso di PM 10 (polveri sottili) così elevato che non ci meravigliamo affatto della situazione COVID-19 in Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna!”.

Che l’inquinamento dell’aria in Lombardia non sia una coperta recente è noto da tempo. Già alla fine degli anni ’70 del secolo passato nel corso della nota trasmissione Portobello di Enzo Tortora, vene formulata la proposta, che allora sembrò bizzarra, di spianare il Passo del Turchino per consentire il ricambio dell’aria in Lombardia. (Notizie su questa storia le trovare anche in questo articolo).

Messa male, per inquinamento, è anche l’Emilia Romagna, dove si concentra la produzione del 70% della plastica italiana. E dove insistono tanti allevamenti zootecnici intensivi che sono fonte di grande inquinamento. Basti pensare alla Soccida, come vi abbiamo raccontato in questo articolo.

Resta la domanda: cosa decideranno oggi il Governo e le Regioni?

Da quello che si legge qua e là, questa volta la Lombardia non l’avrà vinta. I leghisti che amministrano questa Regione si dovrebbero attaccare al tram, anche perché in tutta l’Italia non mancano le proteste di piazza contro le chiusure: oggi, ad esempio, a Napoli è prevista una grande manifestazione popolare per ‘celebrare’ il ‘Funerale all’economia della Campania’. E altre manifestazioni potrebbero spuntare in altre città italiane.

E’ come se, in questi giorni, fossero presenti, una davanti all’altra, due Italie: l’Italia di un Governo nazionale (sempre meno credibile), delle Regioni e dei Comuni e l’Italia dei cittadini che non vivono a reddito fisso e che non ne vogliono sapere di chiusure.

Chi ha ragione? Secondo noi, i cittadini che non vivono a reddito fisso, ovvero i titolari di bar, ristoranti, partite IVA e via continuando non hanno torto. Queste persone – e sono tantissime – hanno vissuto sulla propria pelle la presa in giro del Governo nazionale nei giorni della chiusura della scorsa Primavera: i 600 euro (cifra già miserabile!) che non arrivavano, la Cassa integrazione in ritardo (e lo è ancora, se è vero che c’è ancora chi deve percepire la Cassa integrazione della scorsa Primavera!) e le tante promesse non mantenute.

Il Governo Conte bis, terrorizzato dalle proteste di piazza, ha varato di corsa il Decreto Ristoro: ma nessuno ci crede, tant’è vero che le manifestazioni di piazza non si sono fermate.

Insomma, per concludere, Conte e i presidenti della Regioni oggi potranno decidere quello che gli pare, ma se la gente continuerà a scendere in piazza, beh, qualche altra cosa se la dovranno inventare.

 

 

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