Grano/ La mozione di Attiva Sicilia: buona volontà, troppa fiducia nella Ue e un po’ di confusione sui grani antichi

17 settembre 2020

Che la politica siciliana si occupi del grano duro della nostra Isola è un fatto positivo. Ben venga la mozione dei cinque parlamentari di Attiva Sicilia. Evitando, però, di enfatizzare il ruolo della Ue, che fino ad oggi, sul grano, ha prodotto solo enormi danni. Improprio accomunare grani antichi e grani convenzionali: hanno storie e mercati diversi 

Attiva Sicilia è un gruppo parlamentare dell’Assemblea regionale siciliana. Ne fanno parte Valentina Palmeri, Angela Foti, Matteo Mangiacavallo, Sergio Tancredi e Elena Pagana. Sono cinque deputati che hanno lasciato il Movimento 5 Stelle per dare vita a quello che potrebbe diventare, chissà, un nuovo soggetto politico.

Questi cinque deputati hanno presentato una mozione su una questione che I Nuovi Vespri affronta da quando è in rete: il grano duro della Sicilia. Il titolo della mozione è: “Misure volte a favorire la trasparenza sul grano d’importazione e la commercializzazione dei grani antichi siciliani”.

La mozione parte da una nota diffusa lo scorso 2 Luglio da Confagricoltura Foggia che denuncia uno delle tante ‘furbate’ su grano duro e pasta:

LA DENUNCIA DI CONFAGRICOLTURA FOGGIA – “Importanti trader da alcuni giorni comprano grano duro estero, quasi certamente di dubbia qualità in base al prezzo d’acquisto, per rivenderlo ai commercianti locali. Al momento della vendita la relativa fattura, in molti casi, porta la seguente dicitura (fuorviante?) ‘grano duro naz.’, laddove per ‘naz.’ dovrebbe intendersi nazionalizzato. Correttezza vorrebbe che in fattura si indicasse: grano duro d’importazione nazionalizzato”.

Di questa storia abbiamo scritto lo scorso 4 Luglio nel seguente articolo:

Grano & navi: come prendere in giro i consumatori. La denuncia di Confagricoltura Foggia

“Confagricoltura Foggia – leggiamo nella mozione presentata dai cinque parlamentari regionali di Attiva Sicilia – pur ammettendo che la dicitura più corretta non è obbligatoria, fa notare come ‘Non a caso, in un momento di crescita del prezzo del grano locale, anche per la scarsa disponibilità di prodotto dovuta alle avversità atmosferiche, è bastato il semplice arrivo di tali grani esteri per invertire la tendenza di mercato. Siamo consci che i pastifici vogliano pagare prezzi d’acquisto del grano più bassi – afferma il presidente di Confagricoltura Foggia, Filippo Schiavone – ma non vorremmo che per raggiungere tale obiettivo acquistino grani che d’italiano abbiano solo la scritta in fattura’”.

RISCHIO? NO, REALTA’! – “Il rischio che si corre – scrivono i cinque parlamentari di Attiva Sicilia nella mozione – è che il grano venga da Paesi in cui, per le elevate estensioni aziendali, ci si avvale di una elevata meccanizzazione e si riescono, pertanto, a fissare prezzi di produzione molto più bassi, dato che riescono a coprire anche i costi di trasporto, operando in tal modo una competizione sleale a discapito delle nostre produzioni agricole ottenute, invece, in aziende che operano con un sistema completamente diverso”.

In realtà, più che un rischio, il grano che arriva in Sicilia e in Italia da Paesi esteri è una realtà: ed è realtà già da anni! E non arriva solo grano duro da Paesi dove il prezzo di questo cereale è più basso grazie a condizioni economiche più favorevoli rispetto all’Italia: arriva anche da Paesi – per esempio il Canada – dove il grano duro, in buona parte, viene fatto maturare artificialmente con il glifosato (come potete leggere qui).

Di più: negli anni in cui il prezzo del grano duro del Sud Italia e della Sicilia era oggetto di una speculazione al ribasso e non andava oltre i 18-20 euro al quintale, non solo l’Unione europea dell’euro faceva in modo di far arrivare in Italia in grano duro canadese, ma le industrie acquistavano il grano canadese ad un prezzo superiore a quello del grano duro del Sud Italia e della Sicilia!

DESERT DURUM – Questo avveniva perché non c’era ancora la sensibilità dei consumatori, che non erano sufficientemente informati e venivano gabbati. Oggi i consumatori sono più informati, sanno che non è vero che tutta la pasta italiana è prodotta con grano duro italiano: tant’è vero che, da qualche tempo, alcune industrie della pasta fanno sapere ai consumatori che producono pasta con il grano duro italiano e con il Desert Durum, il grano duro prodotto negli Stati Uniti d’America e, precisamente, in Arizona e in California!

Insomma, la realtà è un po’ più complessa e per coglierla appieno bisogna avere chiaro il ruolo degli imbrogli sul grano messi in campo dall’Unione europea dell’euro.

Nella mozione si sottolinea “l’importanza anche dei controlli sui prodotti alimentari che sbarcano nei porti siciliani (vedi Pozzallo) e che alimentano i magazzini dei più grandi importatori italiani, che devono essere propedeutici in quanto l’indagine visiva non può determinare la presenza di fitofarmaci, né può rilevare la presenza di micotossine, dato che le stesse tendono a prodursi non nella parte superficiale del carico, ma lì dove temperatura, umidità, carenza di ossigeno e di luce ne favoriscono lo sviluppo”.

Cosa, questa, assolutamente giusta.

AFLATOSSINE – Nella mozione si legge del possibile “sviluppo delle cosiddette aflatossine quali la B1. In particolare, l’aflatossina B1 è la tossina di maggiore interesse tossicologico in quanto genotossica ed epatocancerogena, che può svilupparsi durante la coltivazione ed il raccolto. Nel 1993 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, ha classificato la Aflatossina B1 nel Gruppo 1, cioè come ‘agente cancerogeno per l’uomo’. Essendo l’aflatossina B1 genotossica, non è possibile stabilire una soglia massima di assunzione con la dieta e, pertanto, il principio tossicologico di riferimento è quello di mantenere il livello di esposizione il più basso possibile. Altri effetti tossici osservati negli studi condotti su specie animali sono iperplasia dei condotti biliari, emorragia del tratto gastrointestinale e dei reni”.

Fin qui tutto corretto (anche se manca il riferimento all’eventuale presenza nel grano estero del glifosato: problema oggi centrale).

TROPPA FIDUCIA NELLA UE! – Dopo di che, però, i cinque parlamentari di Attiva Sicilia dimostrano di essere un po ingenui. Perché? Perché ipotizzano che l’Unione europea, che è responsabile dei problemi enormi creati nel mondo del grano (non soltanto nel grano duro, ma anche nel grano tenero: perché l’Italia è invasa anche dal grano tenero varietà Manitoba), possa risolvere gli stessi problemi che ha creato!

“L’Unione Europea, nel suo Green New Deal – scrivono nella mozione i cinque parlamentari – indica a chiare lettere il percorso che oramai dovrà seguire sempre più l’agricoltura, attraverso un sempre maggiore ricorso all’agricoltura biologica, la conversione agroecologica delle stesse, l’abbandono definitivo dell’uso di OGM ed attuando, pertanto, un processo di biodiversificazione che sia il frutto di processi di selezione naturale, indicando a chiare lettere come anche l’uso di grani nanizzati, ottenuti tramite radiazioni ionizzanti, sia da abbandonare per avere produzioni maggiormente resilienti”.

I fatti, in realtà, dicono tutt’altra cosa: tant’è vero che è stata proprio la Ue a sdoganare ed imporre all’agricoltura (e di fatto anche ai Paesi europei che non sono d’accordo!) i cosiddetti OGM, gli Organismi Geneticamente Modificati! Bastano le ‘promesse’ di quattro burocrati della Ue per eliminare tutte le storture introdotte dalla stessa Ue? Chi ci crede, si accomodi pure!

Però bisogna guardare i fatti reali, oggettivi, non alle promesse su carta. E i fatti ci dicono che sui cereali, tra glifosato e micotossine, la Ue ne ha combinate di tutti i colori, consentendo – per esempio – al grano canadese di entrare in Europa grazie a un assurdo innalzamento dei limiti di glifosato e micotrossine! 

Certo, ora la Ue si presenta con il volto del Green New Deal. Ma dietro lo stesso Green New Deal ci sono già le multinazionali pronte a fare business sull’ecologia!

Ora, a noi non risulta che chi fa business lo fa per tutelare l’ambiente: di solito è l’esatto contrario! E, fino ad oggi, i liberisti che controllano la Ue – liberisti che oggi propongono il Green New Deal: non vi suona strano? – sono gli stessi che hanno sfasciato il Pianeta!

A parte questi passaggi ingenui di chi ancora crede che l’attuale Unione europea possa fare qualcosa di utile per le agricolture mediterranee – e segnatamente per il grano duro e tenero – nella mozione è apprezzabile l’idea di “un sistema che tuteli maggiormente i consumatori dal punto di vista della trasparenza, in modo che possano scegliere liberamente conoscendo l’esatta origine dei prodotti, anche e soprattutto per questioni legate al rispetto degli standard di sicurezza alimentare, nonché per evitare interpretazioni elusive, nel rispetto anche del diritto alla salute”.

“La dizione grano ‘naz.’ – scrivono i parlamentari – potrebbe indurre in errore il produttore finale e, quindi, il consumatore, stante che il produttore potrebbe convincersi che sta usando grano nazionale mentre così non è; ultimamente un noto produttore italiano, che basa la sua produzione sui sistemi tradizionali di lenta essicazione e trafilatura, ha stretto un accordo con i produttori locali, per potere utilizzare grano scelto italiano , privo di fitofarmaci, dando in tal modo sicurezza e stabilità ai produttori locali”.

Nell’ultima parte della mozione – quella che dovrebbe impegnare l’attuale Governo regionale che in verità, fino ad oggi, sul grano duro siciliano non ha fatto una mazza! – c’è un po’ di confusione.

Ad esempio, si mescola la questione del grano duro siciliano convenzionale con i grani antichi, che hanno invece una storia a sé, accomunandoli in eventuali “accordi di rete, sistemi di cooperazione, accordi di filiera, al fine di creare forme di valorizzazione e aggregazione dei produttori locali di grani antichi siciliani, per raggiungere le dimensioni di scala sufficienti ad una stabile produzione e commercializzazione di specialità tradizionali garantite, attivandone i percorsi di riconoscimento”.

Giusta la richiesta al Governo nazionale di un’informazione corretta sull’origine e sulla provenienza dei grani che arrivano nella nostra penisola, nel rispetto “della consapevolezza nella scelta del consumatore”;
così com’è giusta la richiesta del controllo del “percorso dei grani esteri, dal loro arrivo nei porti italiani fino alla loro trasformazione”.

In realtà, oltre al controllo sul percorso, andrebbe garantito il controllo di qualità, come chiede invano da anni GranoSalus!

Per concludere: non sappiamo se si riuscirà a salvare il grano duro della Sicilia: ma se ciò avverrà, ciò avverrà contro la Ue, non certo con i favori di un’Unione europea di ‘banditi’!

P.s.

Un consiglio agli amici parlamentari di Attiva Sicilia: non parlare mai più di “accordi di filiera”: sono stati inventati dalle industrie per penalizzare gli agricoltori!

 

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