L’economia del Nord Italia è sotto attacco da parte della Ue. Ma la ricetta non è il MES/ MATTINALE 532

3 giugno 2020

Sulla sanità lombarda sono state raccontate un sacco di cose non vere. Di vero, invece, ci sono state due informazioni non corrette che hanno fatto ‘sbandare’ la sanità italiana (e non soltanto quella lombarda) e i sindaci di alcune grandi città del Nord Italia. L’odio anti-leghista di un certo meridionalismo da tastiera

Siamo stati tra i primi a segnalare il possibile ruolo dell’inquinamento tra le cause dei danni prodotti dal Coronavirus, o COVID 19 nel Nord Italia e, in particolare, in Lombardia. Non abbiamo mai risparmiato e non risparmiamo critiche al Nord e alla Lombardia, ma oggi, a mente fredda, osservando quanto avvenuto in questa parte dell’Italia, non possiamo non manifestare i nostri dubbi.

E li manifestiamo a partire da due elementi che ci sembrano ormai acclarati. Si tratta di due informazioni non esatte.

La prima informazione non esattamente precisa riguarda la diagnosi di questa malattia virale, la seconda informazione – che non esageriamo a definire sbagliata – ha coinvolto i sindaci di alcuni grandi Comuni del Nord, a cominciare da Milano e Bergamo.

Sulle reali cause dei decessi provocati dal Coronavirus c’è stata una cattiva informazione generale. Lo hanno spiegato a chiare lettere, in un’intervista su Byoblu, due valenti medici, Fabio Milani e Stefano Manera.

L’informazione non corretta su questa malattia è partita dalla Cina e non ha risparmiato l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Sembra paradossale, ma Taiwan ha evitato il Coronavirus perché non ha ascoltato le indicazioni che arrivavano dalla Cina e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità! Inquietante la figura di Tedros Adhanom Ghebreyesus, ex ministro della Salute del governo dell’Etiopia, e oggi direttore dell’OMS legato a doppio filo al learde della Cina, Xi Jin Ping.

Alla carente, se non errata, informazione sulla diagnosi si è sommata una carente informazione ai Comuni del Nord. Ai Comuni di Milano e di Bergamo hanno rimproverato certi comportamenti tenuti a Febbraio. Ma i sindaci di Milano e di Bergamo, rispettivamente, Beppe Sala e Giorgio Gori, non sono nati ieri. Se hanno dato vita alle manifestazioni “Milano Non si ferma” e “Bergamo non si ferma” è evidente che erano in possesso di informazioni che si sono rilevate carenti, se non sbagliate.

In un’intervista a Sky TG24 ripresa dall’AGI, il 23 Aprile, il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, ha detto testualmente:

“Nell’ultima settimana di Febbraio non solo Bergamo, ma anche Milano, Verona, Treviso, Bologna, Torino e tutte le città del Nord Italia hanno detto ‘noi non ci fermiamo’. Ma eravamo in possesso di informazioni che ci dicevano che c’era un focolaio nel Lodigiano ma che per il resto la vita poteva continuare normalmente. Avevamo ristoranti aperti, bar aperti fino alle 18. Era normale che amministratori, politici e giornalisti in quei giorni sostenessero un’idea di equilibrio tra protezione e vita che doveva continuare normalmente. Abbiamo scoperto in questi giorni che invece erano già circolate delle informazioni a livello governativo sulla possibile emergenza, che nelle nostre province c’erano già allora molti casi di polmoniti che nessuno aveva denominato COVID-19 ma che quello erano, palesemente. Forse se qualcuno avesse condiviso quelle informazioni per tempo ci saremmo risparmiati delle uscite inadeguate alla situazione e ci saremmo forse protetti e fatto proteggere i cittadini per tempo”.

Sarebbe anche comodo – visto dal Sud Italia – darle in testa ai sindaci delle città de Nord Italia. Ma sarebbe intellettualmente scorretto. Noi, invece, alla luce di quanto avvenuto, ci poniamo e poniamo la seguente domanda: chi ha informato, o meglio, chi non ha informato adeguatamente i sindaci di alcune importanti città del Nord?

Anche sulla risposta della sanità lombarda al Coronavirus vorremmo replicare ai tanti meridionalisti da tastiera che, da mesi, non fanno altro che dare addosso alla Lombardia e ai suoi amministratori regionali. Noi non pensiamo affatto che la risposta della sanità lombarda al Coronavirus sia stata inadeguata. Anzi.

Se mettiamo assieme le informazioni errate fornite sulla diagnosi di questa malattia virale, la strana direttiva di non effettuare autopsie e le errate informazione fornite ai sindaci di alcune importanti città del Nord Italia, il quadro che viene fuori è tremendo. Sulla Lombardia si è abbattuta una tempesta micidiale. E rispetto a quello che è avvenuto, al contrario di quanto continuano ad affermare e a scrivere alcuni nostri amici meridionalisti, accecati dall’astio anti-Lega – che è uguale e contrario all’odio verso i meridionali della Lega Nord di qualche anno fa – la Lombardia ha reagito con ordine e con grande dignità.

E le città del Sud – a cominciare da Palermo, ma non soltanto Palermo – hanno fatto benissimo ad aiutare gli amici della Lombardia: e di questo debbono essere orgogliosi.

Ai nostri amici meridionalisti da tastiera e a certi amministratori delle Regioni del nostro Sud che si vantano di aver gestito bene la pandemia di Coronavirus diciamo semplicemente: provate a immaginare cosa sarebbe successo se il virus avesse colpito il Sud con la stessa violenza con la quale ha colpito il Nord.

Ve lo diciamo noi cosa sarebbe successo: un disastro sanitario di gran lunga maggiore di quello che è avvenuto a Bergamo e, in generale, in Lombardia.

Dobbiamo ricordare, infatti, che nel Sud Italia, fino a qualche mese prima dell’esplosione dell’emergenza Coronavirus, gli amministratori regionali sbaraccavano, una dietro l’altra, le strutture sanitarie pubbliche per risparmiare secondo le direttive del Governo nazionale e degli strozzini che governano l’Unione europea.

I nostri amici pugliesi – noi ogni giorno, ormai da qualche anno, leggiamo anche qualche quotidiano un line pugliese – sanno niente della riduzione dei servizi sanitari? I nostri amici calabresi sanno niente dei disservizi della sanità della loro terra?

E della sanità della Sicilia – visto che noi siamo siciliani – ne vogliamo parlare? Lo dobbiamo dire o no che, fino allo scorso anno, la Regione siciliana ha continuato a sostenere con poco più di 100 milioni di euro all’anno gli americani dell’ISMETT e che, contemporaneamente, ha tolto agli ospedali pubblici siciliani, per il secondo anno consecutivo, 125 milioni di euro per regalarli ai Comuni siciliani che pagano, ogni anno, i discutibili debiti fuori bilancio?

Agli amministratori delle Regioni del Sud, che oggi si beano delle notizie virologico-tranquillizzanti circa la fine della pandemia, ricordiamo che una cosa simile – molto simile – si verificò anche durante la pandemia della febbre Spagnola. Certo, l’informazione non era quella di oggi. Ma esistono i libri: basta leggerli.

Anche allora, a un certo punto, Paesi che erano stati minimamente colpiti, o esentati dalla febbre Spagnola si interrogavano se riaprire o no ai commerci, proprio come oggi le regioni italiane si interrogano se aprire o no ai turisti. Il dibattito si protrasse per qualche settimana. Poi, alla fine, in tanti si convinsero che la malattia era finita e riaprirono ai commerci. Così le navi tornarono a solcare gli Oceani (allora i trasporti di merci e persone avvenivano via mare).

Quello che avvenne dopo circa un mese potete andare a leggerlo nella storia della febbre Spagnola…

Che dire, in conclusione? Che a nostro modesto avviso è in corso – e non da ora – una manovra per distruggere l’economia italiana che, piaccia o no, è imperniata sul Nord Italia.

Siamo i primi a dire che, dal 1860 ad oggi, il Nord Italia ha derubato il Sud. Siamo i primi ad affermare che gli scippi sono continuati fino ad oggi, come ha documentato l’EURISPES, denunciando gli 840 miliardi di euro che il Nord ha tolto al Sud Italia dal 2000 al 2017.

Ma oggi – lo ribadiamo – l’attacco è contro tutta l’economia italiana. E contro tutti i cittadini italiani. Chi è che sta cercando di distruggere l’economia italiana? Lo ha illustrato molto bene lo scorso 11 Aprile in un’intervista a I Nuovi Vespri il senatore Saverio De Bonis:

“Nei Palazzi’ dell’Unione europea – ci ha detto – hanno capito che, complice la crisi economica provocata dall’emergenza Coronavirus, possono rubare al sistema delle imprese industriali del Nord Italia quote di mercato importanti. E sono certo che proveranno anche a farne fallire un bel po’. Il resto sono polemiche sterili”.

Se a questo aggiungiamo la sceneggiata del Recovery fund – vera e propria presa per i fondelli da parte dell’Unione europea – e il tentativo, avallato da alcuni ‘basisti’ del mondo politico italiano, di riproporre al nostro Paese il MES, lo scenario è completo.

Il tutto con la disperazione delle imprese italiane che si illudono si salvarsi mettendo a rischio il risparmio della famiglie italiane, che dovrebbe essere usato per garantire l’utilizzazione del fondi MES.

Ma nell’Eurozona non c’è spazio per l’economia italiana: con l’euro e con il MES l’economia italiana è destinata a soccombere, piaccia o no agli imprenditori del Nord Italia.

Ci sono altre soluzioni? Sì. Ma bisogna in primo luogo liberare l’Italia dall’attuale Governo Conte bis, vera e propria iattura ‘europeista’ che sta finendo di distruggere l’Italia.

Foto tratta da Il Cittadino MB

 

 

 

 

 

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