Effetti economici Coronavirus: perché per noi siciliani sarà importante acquistare prodotti siciliani/ MATTINALE 468

24 marzo 2020

L’emergenza Coronavirus imporrà un ripensamento dell’economia e, in particolare, dell’agricoltura. Quest’ultimo settore diventerà centrale, perché dovrà assicurare la salute dei cittadini (basta al grano e con gli altri prodotti agricoli esteri avvelenati!) e il rilancio economico della nostra Regione. E di tutte le Regioni del Sud. Proviamo a illustrare il perché

Non c’è bisogno di essere economisti per capire che la pandemia di Coronavirus provocherà una crisi economica mondiale che, con molta probabilità, sarà ben peggiore del “Grande crollo del 1929”. La domanda, a questo punto, è: che cosa possiamo fare noi, in Sicilia, per la nostra Sicilia? La prima risposta è: aggrapparci alle cose vere: e la prima cosa vera che noi siciliani dovremo tutelare con tutte le nostre forze sarà l’agricoltura della nostra Isola!

Non è facile capire come finirà questa storia della Pandemia: e non sappiamo che effetti avrà sulla disponibilità di cibo.

Attenzione: non sarà solo una questione di qualità dei prodotti: la qualità è importante, ma altrettanto importante sarà la nostra economia. Nella fase storica che ci accingiamo a vivere sarà fondamentale mangiare siciliano: ovvero privilegiare i cibi siciliani – e quindi l’agricoltura siciliana – rispetto ad altre agricolture, facendo solo eccezioni per le agricolture del Sud Italia. Proviamo a illustrare il perché.

SCENARIO PRE-CRISI – Partiamo dalla condizione pre-crisi Coronavirus.

Più volte abbiamo ricordato che i siciliani, ogni anno, per l’agroalimentare (ovvero la spesa per acquistare i cibi che portano in tavola) spendono circa 13 miliardi di euro. Di questi, solo due miliardi di euro vengono spesi, dai siciliani, per acquistare prodotti della nostra Isola; con gli altri gli 11 miliardi di euro i siciliani acquistano prodotti non siciliani!

Non è, questa, una scelta dei siciliani: ce lo impone il sistema della globalizzazione dell’economia che si è un po’ inceppato, ma solo un poco, credeteci, da quando si è diffuso il cosiddetto Km zero.

Vero è che il Km zero è in crescita, mentre la Grande distribuzione organizzata comincia ad avvertire i primi segni della crisi. Ma ancora è presto per parlare di vera crisi della Grande distribuzione organizzata.

La crisi economica provocata dal Coronavirus ci fornirà una grande possibilità: riequilibrare la spesa per i cibi dei siciliani e, in generale, dei meridionali, indirizzandola verso i cibi prodotti in Sicilia e nelle altre regioni del Sud Italia.

Più volte abbiamo sottolineato quanto sia importante riequilibrare la spesa, creando le condizioni affinché i siciliani acquistino più prodotti agroalimentari della Sicilia e, in generale, del Sud Italia, riducendo, contemporaneamente, l’acquisto di cibi prodotti nel Nord Italia e all’estero.

IL SUD GUARDI AL SUD – Abbiamo citato il caso della spesa per i cibi in Sicilia, ma l’esempio va esteso a tutto il Sud. Dove, su una spesa di circa 72 miliardi di euro all’anno (è la spesa annuale per i cibi di tutti i cittadini del Sud Italia), ben 63 miliardi di euro sono spesi per l’acquisto di cibi provenienti dal Nord (in prevalenza) e dall’estero.

Che significa questo? Che le Regioni del Sud Italia sono il mercato di riferimento delle aziende del Nord Italia: senza la nostra quota di consumi, molte imprese agricole e agro-alimentari del Nord Italia andrebbero in passivo e scomparirebbero.

Di fatto, il Sud Italia è stato colonizzato anche nel cibo da un Nord Italia egoista e affarista. Il risultato di questa colonizzazione economica è che, su 100 euro di spesa effettuata nel Sud, solo 6 euro restano allo stesso Sud, mentre 94 euro vanno a sostenere l’economia del Nord!

 

Proviamo a citare qualche esempio concreto.

E’ noto che la maggior parte delle imposte e delle tasse restano a disposizione delle Regioni. Così se un cittadino del Sud Italia acquista un alimento prodotto in Lombardia, in Veneto o in Emilia Romagna (e questo vale anche per i prodotti non alimentari), la parte dei ricavi dell’azienda versati in imposte verranno utilizzati per realizzare infrastrutture nella Regione dove tale alimento è stato prodotto.

Se, invece, andiamo ad acquistare i nostri alimenti – noi siciliani in Sicilia e ogni cittadino del Sud nelle Regioni di appartenenza – i soldi delle aziende del Sud rimarranno alle Regioni del Sud: le imposte delle aziende siciliane in Sicilia, le imposte delle aziende Campane in Campania e via continuando.

 

In parole semplici, se i siciliani acquisteranno i prodotti agricoli e, in generale, i cibi della Sicilia, aiuteranno l’economia siciliana!

La stessa cosa faranno i campani, i molisani, i pugliesi, i lucani e i calabresi.

Ecco, alla ripresa dobbiamo provare a cambiare paradigma: se oggi, su 100 euro di spesa effettuata nel Sud, solo 6 euro restano allo stesso Sud, mentre 94 euro vanno a sostenere l’economia del Nord, bisognerà fare in modo che, su 100 euro di spesa effettuata al Sud, solo 6 euro vadano al Nord, mentre 94 euro dovranno andare a sostenere l’economia del Sud!

Quindi basta grano canadese! Basta olio d’oliva tunisino! Basta ortofrutta dal Nord Africa e dalla Cina! Acquistiamo solo prodotti agricoli siciliani o del Sud Italia!

Siccome siamo meridionali massacrati dal Nord Italia dal 1860 – anche per allargare lo spettro dei prodotti – alle Regioni del Sud conviene, infatti, fare squadra, magari con il già noto CompraSud. Facendo in modo, però, che ogni Regione del Sud privilegi, in primo luogo, le proprie produzioni.

E’ bene, insomma, che ogni Regione si specializzi nei propri prodotti e si prepari a valorizzare le proprie produzioni. A noi interessa che questo avvenga in Sicilia e, magari, anche nelle altre Regioni del Sud Italia.

Quando la bufera sarà passata prepariamoci a confrontarci con un’analisi della realtà. E la realtà ci dice che nel Nord Italia – soprattutto Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna – si sono presi tutto quello che si potevano prendere (e se non fosse esplosa la pandemia di Coronavirus si sarebbero presi il resto con l’imbroglio della cosiddetta Autonomia differenziata).

Solo che, oggi, emerge in modo molto netto l’inquinamento della Pianura Padana.

Non non sappiamo se ci sia una correlazione tra gli effetti negativi provocati dal Coronavirus e l’inquinamento: cosa che non riguarda solo la Pianura Padana, ma anche la Cina e la Corea del Sud. Ma il tema ormai è stato lanciato e sarà al centro del dibattito futuro.

Ha scritto per noi Domenico Iannantuoni:

La Pianura Padana sarà un campo di battaglia di proporzioni immense con province intere che saranno desertificate in breve tempo. Questo effetto è stato voluto, poiché tutto qui è stato costruito – strade, autostrade, ferrovie, fabbriche e aziende di ogni tipo – fino al punto di spostare nel Nord quarante milioni di abitanti dei quali oltre venti sono di nascita nel nostro SUD! Così questo raro effetto che potremmo nominare Mida’s effect ha riequilibrato teoricamente questa Italia tutta sbilanciata al Nord e noi, se avremo un New Deal dopo il Coronavirus, dovremo opporci con forza al ripetersi di una tale scempiaggine e pensare ad un mondo più equo e più sostenibile!”.

Foto tratta da Confagricoltura Ragusa

 

 

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