Il ‘buco’ finanziario con la Regione siciliana intorno

25 ottobre 2019

Pubblichiamo, commentandola, una lettera sul conti economici e finanziari della Regione siciliana di Giuseppe Pizzino. Il personaggio è un buon conoscitore del Bilancio regionale. La sua analisi è interessante. Anche se – a nostro modesto avviso – dà troppo poco peso ai danni prodotti dallo Stato alla Regione durante di anni del Governo Crocetta

Giuseppe Pizzino ci ha inviato una lettera sui conti economici della Regione siciliana. E’ una persona che conosce l’argomento. Noi non condividiamo le sua analisi, perché a nostro avviso trascura il ruolo esercitato dallo Stato.

Detto questo, proponiamo ai nostri lettori la sua analisi.

“Il prossimo 13 dicembre – scrive Pizzino – la Corte dei Conti della Sicilia ‘dovrebbe’ decidere se parificare o meno il Rendiconto Generale al Bilancio 2018, il primo della XVII Legislatura, guidata dal Presidente Nello Musumeci. Non si può ipotizzare se saranno accolte le modifiche apportate dall’assessorato regionale all’Economia l’8 agosto dopo la pesante censura di giugno, quando è emerso un ‘inatteso’ disavanzo plurimiliardario”.

“Non è dato sapere – prosegue Pizzino – se sarà ‘pareggio di bilancio’ dopo le modifiche apportate o, se non accolte, quale sarà l’importo del disavanzo che emergerà e quali risorse saranno/sarebbero destinate alla sua copertura. Non è chiaro se e di quanto l’esercizio 2019 sarà oggetto di aggiustamenti/assestamenti. Quello che, invece, sappiamo è che, ai fini della spesa, sia corrente che capitale, il Bilancio preventivo 2020 dovrà essere elaborato tenendo conto sia del vero disavanzo del 2018 che delle stime del disavanzo 2019. Qualsiasi esso sia, piccolo o grande, milioni o miliardi di euro, dovrà essere sommato al disavanzo strutturale di € 2 miliardi che ogni anno dissangua l’Ente Regione. Non sarà più possibile coprire il disavanzo strutturale, come in passato, attraverso il ricorso alla finanza creativa, a nuovi Accordi Stato/Regione, alle entrate in conto capitale, a nuovo debito oneroso”.

Fin qui concordiamo con lui. Appena due giorni fa, abbiamo scritto che la Regione siciliana potrebbe essere commissariata.  

“Dopo la Sentenza della Corte Costituzionale del gennaio 2019 – scrive sempre Pizzino – che impone il risanamento di eventuali disavanzi nella legislatura corrente, dopo l’applicazione della Legge 118/2011 che obbliga al rispetto delle principi contabili nell’elaborazione dei bilanci pubblici, il prossimo Bilancio 2020 potrebbe essere veramente l’ultimo dell’Autonomia regionale siciliana. A partire dal 2008, ogni anno, a prescindere dal Governo, il disavanzo (le perdite) della Regione siciliana è stato di oltre € 2 miliardi, più di € 20 miliardi in 10 anni. Oggi come ieri, ogni mese, nella Regione le entrate correnti sono solo € 1,1 miliardi mentre le uscite sono € 1,3 miliardi per un saldo negativo (disavanzo) di € 200 milioni al mese”.

“Dall’ultimo anno di Cuffaro (2008) all’ultimo anno di Musumeci (2019), passando per gli anni di Lombardo e Crocetta – scrive Pizzino – nulla è cambiato e nulla cambierà, perché le spese correnti della Regione (€ 15,6 miliardi) sono ormai diventate strutturali mentre le già scarse entrate (€ 13,2 miliardi) diminuiscono ancora per effetto del minor gettito tributario determinato dal minor numero di occupati ed imprese, peraltro quasi tutte in perdita”.

Qui dobbiamo fermare il nostro amico Pizzino per sottolineare che sì, le entrate della Regione “diminuiscono ancora per effetto del minor gettito tributario determinato dal minor numero di occupati ed imprese, peraltro quasi tutte in perdita”, ma le entrate della Regione – aggiungiamo noi, sono diminuite e continuano a diminuire anche per effetto dei due ‘Patti scellerati’ siglato dal passato Governo di Rosario Crocetta e per effetto del prelievo di un miliardo e 340 milioni all’anno che lo Stato trattiene ancora oggi alla Regione siciliana.

Pizzino ci potrà rispondere che tutte le Regioni italiane concorrono al finto “risanamento” dei conti pubblici italiani: formula linguistica per nascondere ai cittadini gli interessi su debito pubblico che l’Italia paga ogni anno (da 70 a 90 miliardi di euro all’anno).

Un altro elemento che Pizzino con considera è quanto avvenuto nel 2015, quando sono stati cancellati dal Bilancio della Regione crediti sbrigativamente definiti “inesigibili”. 

Ancora: Pizzino non considera gli effetti negativi, se non ne fasti, prodotti dalla Commissione Paritetica Stato-regione su IRPEF e IVA. 

Pizzino, insomma, analizza le minori entrate del Bilancio regionale, ma non si pone tante domande.

“Ogni nuovo Governo, ad inizio legislatura – scrive – addebita le responsabilità ai predecessori, per poi continuare a produrre nuovi disavanzi, secondo lo schema consolidato: dopo una rituale ‘operazione verità sui conti’, la colpa viene addebitata al predecessore consapevoli che il successore si comporterà di conseguenza mentre gli occupati e le imprese (soluzione al problema) continuano a diminuire inesorabilmente come le entrate tributarie. In merito alle responsabilità dei vari predecessori, è bene chiarire che i bilanci 2011 (disavanzo € 3,8 miliardi), 2012 (disavanzo € 2,9 miliardi), 2018 (disavanzo € 2,1 miliardi ?), 2019 (?), quattro su otto (2011/2019), sono stati elaborati dallo stesso, oggi, Assessore regionale all’Economia”.

Il riferimento, in questo caso, è all’attuale assessore all’Economia, Gaetano Armao.

“Il metodo usato per il falso in bilancio – scrive sempre Pizzino iniziando ad alzare un po’ i toni – è anche piuttosto banale: al fine di ottenere maggiori trasferimenti da parte dello Stato, nel bilancio preventivo si stimano maggiori entrate false per € 1,5 miliardi e minori spese per € 1 miliardo, mistificando un falso pareggio di bilancio per poi nel consuntivo apportare correzioni quasi sempre fraudolente”.

Il linguaggio è un po’ crudo, ma il senso dovrebbe essere chiaro.

“Le false previsioni di maggiori entrate venivano ‘giustificate’ – scrive sempre Pizzino – in parte dai cosiddetti residui attivi (€ 7 miliardi in 10 anni), facendo credere che trattavasi di crediti non riscossi piuttosto che crediti inesistenti, ed in parte venivano utilizzate come entrate correnti quelle in conto capitale (€ 8 miliardi) che invece erano destinate agli investimenti”, sacrificando le nuove generazioni.

Anche qui un appunto: come già accennato, non tutti i crediti della Regione cancellati erano inesistenti.

“Le false previsioni di minori spese – prosegue Pizzino – venivano coperte con nuovo debito (€ 5 miliardi in 10 anni) e, quando non bastava, anche con mancati trasferimenti verso gli enti locali (Comuni, ex province) ed enti controllati e/o collegati (Asp, Ato, società varie) costrette ad indebitarsi direttamente”.

Questo è assolutamente vero e noi l’abbiamo denunciato spesso: non ci sono mai stati, dal 2011 in poi “debiti della sanità”, ma mancati trasferimenti al sistema sanitario regionale, se è vero che i giudici della Corte dei Conti, in un’audizione presso la commissione Finanze dell’Ars nel settembre del 2016, hanno stigmatizzato l’uso improprio dei fondi della sanità, destinati ad altre finalità.   

“Tutto questo disavanzo accumulato in 10 anni (€ 20 miliardi) – scrive Pizzino – è oggi diventato debito: verso istituti di credito (€ 8 miliardi); verso lo Stato per il riaccertamento straordinario dei residui attivi (trentennale di € 4/6 miliardi); verso enti locali, enti controllati, fornitori, Inps, debiti fuori bilancio diversi (€ 4/6 miliardi)”.

Qui orniamo a contestare Pizzino: sul riaccertamento, forse, è lo Stato che dovrebbe restituire soldi alla Regione siciliana!

“Da tempo, ciclicamente – conclude Pizzino – si grida ‘AL LUPO, AL LUPO’ la REGIONE è FALLITA, irritando gli amministratori di turno che provano a buttarla in politica piuttosto che affrontare la realtà. Ha funzionato fino ad oggi, potrebbe funzionare ancora, le vie della politica potrebbero essere infinite, anche se questa volta servirebbe un MIRACOLO, bello grande, altro che Moody’s”.

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