Puglia: canapa coltivata per eliminare diossine e altri inquinanti dai terreni. Perché non provare a Gela, Milazzo, Melilli, Priolo e Augusta?

19 settembre 2019

In Puglia si sta sperimentando una particolare caratteristica di questa pianta: la fitodegradazione, che permette ad alcune piante erbacee a rapido accrescimento di assorbire inquinanti organici dal terreno. Perché non provare nelle aree della Sicilia inquinate dalle grandi industrie? L’occasione cade a fagiolo, perché la canapa legale è in piena diffusione nella nostra Isola  

In Puglia gli agricoltori cominciano ad utilizzare le piantagioni di canapa per purificare – e quindi salvare – i terreni contaminati da diossina e, in generale, da metalli pesanti.

La storia la racconta un articolo pubblicato da Zapping, Il blog della gente che informa:

“Purificare i terreni dalla diossina, grazie a una piantagione di canapa. È questo l’obiettivo che si era prefissato Vincenzo Fornaro, un allevatore della provincia di Taranto che a causa dell’inquinamento del terreno ha perso tutto. Vincenzo non è il primo che utilizza la canapa per purificare un’area in cui è presente un eccessivo quantitativo di inquinanti”.

Nell’articolo si racconta che prima di lui un altro imprenditore agricolo,  Andrea Carletti, socio di Assocanapa e presidente del consiglio di amministrazione dell’impresa agricola Le Terre del Sole, ha piantato la canapa in 12 ettari di terreno: in particolare, ha puntato su una varietà di canapa selezionata in Francia – varietà Futura 75 – che è il frutto di un incrocio di semi di canapa a bassissimo contenuto di thc (0,2%).

Questo punto è importante. Il thc (tetraidrocannabinolo), è il principio psicoattivo contenuto nelle piante di canapa: in pratica, la droga (per intendersi, la marijuana con la quale si preparano gli ‘spinelli’).

E’ noto che in Italia non si può coltivata la canape per produrre droga. La legge nazionale n. 242 del 2016 stabilisce, infatti, che è vietata la coltivazione della canapa che contiene più dello 0,2% di thc. Sotto questa soglia la coltivazione è invece consentita, tant’è vero che l’Unione Europea ha elencato tutte le varietà di canapa che contengono meno dello 0,2% di thc e che, di conseguenza, possono essere coltivate.

Al di sotto di questa soglia di thc entriamo nel campo della cosiddetta canapa industriale: una pianta che può essere coltivata in pieno campo e su grandi superfici.

Fatta questa precisazione, torniamo a quello che stanno facendo in Puglia. Il progetto sperimentale di Carletti è molto importante per la zona di Brindisi, considerate le notevoli capacità della canapa di eliminare dai terreni eventuali contaminanti.

“Questa pianta – leggiamo sempre nell’articolo di Zapping – funziona come una sorta di pompa che assorbe dal terreno le sostanze inquinanti e i metalli pesanti, stoccandoli poi nelle foglie e nel fusto. Un ulteriore vantaggio della coltivazione della canapa è che la pianta, oltre che per bonificare i terreni, può essere impiegata successivamente per altri usi, come la bioedilizia e la produzione di olio. Un processo di purificazione del suolo in cui nulla va perduto”.

Vincenzo Fornaro ci crede. Nel 2008 l’allevatore con azienda dalle parti di Taranto è stato “costretto ad abbattere duemila pecore, a causa della contaminazione da diossina, generata probabilmente dal vicino polo industriale. Un’intera attività, portata avanti dalla sua famiglia da oltre un secolo, annientata in battito di ciglia a causa dell’inquinamento”.

Taranto e inquinamento è un binomio legato all’acciaieria dell’ILVA. Una battaglia che i tarantini fino ad oggi hanno perso, traditi da una politica banditesca che promette di chiudere questo sito industriale inquinante e poi lo lascia aperto: anzi adesso stanno cercando una soluzione affinché chi inquina non ne paghi le conseguenze!

Fornaro, racconta sempre Zapping, ha investito tre ettari di terreno a canapa. E conta di sfruttare il processo di fitodegradazione, “che permette ad alcune piante erbacee a rapido accrescimento di assorbire inquinanti organici dal terreno”.

Ma come funziona questo processo? Lo spiega, sempre su Zapping, Angelo Massacci, direttore dell’Istituto di biologia agro-ambientale e forestale del Cnr di Porano:

“Le piante – dice – hanno evoluto efficienti sistemi di difesa e tolleranza verso gli inquinanti del suolo. Alcune specie vegetali, dette ‘escludenti’, riescono a evitare l’effetto tossico dei metalli pesanti in eccesso, preservano i frutti e le parti edibili ed eliminano il rischio di diffusione nella catena alimentare. Altre, definite ‘iperaccumulatrici’, sono invece capaci di assorbire e immagazzinare nei propri tessuti quantità di metalli pesanti da decine a migliaia di volte superiori a quelle tollerate da altri organismi”.

A quanto racconta sempre Zapping, questa strada interessa altri allevatori della provincia di Brindisi, che operano sui terreni del parco naturale Punta della Contessa, a due passi dalla centrale Enel di Cerano e dal polo petrolchimico, “una zona ad altissimo tasso di inquinamento ambientale”.

“Qui Tommaso Picella ed il nipote Andrea Sylos Calò, dal 2014 – racconta Zapping – hanno deciso di convertire la propria attività in piantagione di canapa destinata alla creazione di fibre tessili o all’edilizia. Una scelta fatta per evitare la morte di una terra la cui contaminazione ha reso inservibile a scopo alimentare”.

A questo punto ci chiediamo: e in Sicilia? Nella nostra Isola non mancano le aree inquinate dall’industria. Bisognerebbe capire se la canapa è in grado di eliminare gli inquinanti che sono presenti, ad esempio, nell’area di Gela e, in particolare della Riserva naturale del Biviere di Gela, o delle sostanze inquinanti presenti nell’area del comprensorio di Milazzo e della Valle del Mela, o, ancora, dell’inquinamento del ‘triangolo’ compreso tra Augusta, Melilli e Priolo in provincia di Siracusa.

(Proprio ieri abbiamo scoperto che dalle parti di Augusta – già inquinata da raffinerie e chimica ‘pesante’ – è operativo un inceneritore di rifiuti speciali; un secondo inceneritore è operativo a Carinima non abbiamo notizie precise sull’impatto ambientale). 

Detto questo, non sarebbe sbagliato utilizzare la canapa nei terreno intorno alla discarica di Bellolampo di Palermo e, perché no?, anche dalle parti di Carini.

Su questo punto bisognerebbe dare la parola agli esperti. Di certo c’è che la nostra Isola ha già puntato sulla canapa se è vero che è in corso la realizzazione un impianto – che si annuncia come il più grande in Italia – per la produzione di oli essenziali e distillati di canapa industriale da utilizzare per la produzione di farmaci e prodotti cosmetici.

Nei mesi scorsi, come leggiamo nei mesi scorsi dal quotidiano La Sicilia, “a Ragusa la Canapar Srl, filiale italiana della canadese Canapar Corp, ha avviato ufficialmente la realizzazione dell’impianto con l’obiettivo di sviluppare e implementare la diffusione della canapa in Italia ed in Europa”.

“Abbiamo deciso di investire in Sicilia – ha detto a la Sicilia Sergio Martines, il siciliano Ceo di Canapar Corp – sia per la sua posizione geografica strategica al centro del Mediterraneo che per la sua storia di regione principale produttrice di canapa industriale nel suo recente passato. Per la Sicilia, l’Italia e tutta l’Europa si stanno aprendo scenari importantissimi per il mercato della canapa e dei suoi derivati. Si stima che il mercato degli estratti della canapa crescerà di 2,1 miliardi di dollari entro il 2020, pari ad un incremento del 700% rispetto agli utili maturati dalle imprese nel 2016″.

Se è vero che la pianta della canapa ‘disintossica’ i terreni, gli effetti positivi potrebbero essere due: liberare i terreni dalle sostanze inquinanti e entrare a pieno titolo nel mercato degli estratti della canapa.

Foto tratta da Dolce Vita Magazine

QUI L’ARTICOLO DI ZAPPING PER ESTESO

QUI L’ARTICOLO DE LA SICILIA

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