Lo scippo di 600 milioni all’anno dello Stato alla sanità siciliana: finalmente uno spiraglio

25 luglio 2019

Ne parla, in un comunicato, il vice presidente della Regione siciliana e assessore all’Economia, Gaetano Armao. La novità è che la Corte Costituzionale (che dal 1957 nove volte su 10 penalizza la Sicilia), con una sentenza, avrebbe manifestato qualche apertura nei confronti della “Colonia-Sicilia”. Speriamo bene  

Finalmente uno spiraglio per la sanità siciliana che, a causa della legge Finanziaria nazionale del 2007, voluta dal centrosinistra contro la Sicilia, ha fatto perdere alla nostra Regione, dal 2009 ad oggi, circa 600 milioni di euro all’anno.

I Nuovi Vespri denunciano questo scippo dal 2016. Fino ad oggi – e di questo gliene diamo atto – il primo Governo regionale a porre la questione con intelligenza è l’attuale. E va dato merito al vice presidente della Regione e assessore all’Economia, Gaetano Armao, di aver trovato la via per intavolare con Roma – cosa non facile – una trattativa su questo scippo ai danni di 5 milioni di siciliani.

Leggiamo il comunicato di Armao:

“Con la legge di bilancio del 2018, la Regione aveva indicato in entrata 600 milioni di euro di trasferimento di accise, secondo le previsioni della legge finanziaria dello Stato del 2007 che non hanno mai trovato applicazione, ma sono ancora vigenti e che prevedono la retrocessione di tale importo delle accise (che vengono incassate dallo Stato) proprio per contribuire alla spesa sanitaria regionale. Finalmente la Corte costituzionale con la sentenza di ieri ha offerto una grande apertura in favore della Sicilia”.

Va ricordato che nel 2012 la Regione aveva contestato di fronte alla stessa Corte la legittimità costituzionale della legge di bilancio statale, poiché non prevedeva tale trasferimento, ma la Corte non accolse il ricorso, legittimando, così, la condotta statale (sentenza n. 246 del 2012, ma lo aveva fatto già anteriormente con la sentenza n. 145 del 2008).

“Questa volta, su proposta del Governo, al fine di superare uno stallo che danneggia la Sicilia, la Regione ha invece previsto tali somme in entrata nel proprio bilancio, cautelativamente, destinandole ad un fondo da utilizzare solo dopo l’esito del contenzioso con lo Stato – dice il vicepresidente della Regione -. La Corte, staccandosi dal precedente orientamento – e questo rappresenta un primo punto a favore della Regione – ha ritenuto di verificare in concreto la spettanza del trasferimento finanziario. Quello che lo Stato opponeva alla Sicilia nella retrocessione delle accise era un muro nel quale la Corte costituzionale, con la sentenza-ordinanza istruttoria n 197 del 2019, ha aperto un’importante breccia”.

“Per quanto riguarda le accise che servono a finanziare il sistema dei Lea (Livelli essenziali di assistenza) – aggiunge Armao – la Corte ha richiesto un supplemento istruttorio, al fine di verificare se le due parti, Stato-Regione, abbiano adottato una corretta ripartizione delle risorse finanziarie relative alle accise e se, quindi, risulti infondato, come si deve ritenere, il rifiuto dello Stato di corrispondere quanto dovuto. La Corte Costituzionale, riguardo alla devoluzione delle accise da parte dello Stato per finanziare i Lea, precisa testualmente che deciderà dopo averne appurato l’integrale finanziamento”.

Infine, per quanto riguarda la decisione della Corte sulla inutilizzabilità delle risorse che la Regione ha incassato dalle banche, in seguito alla restituzione di rate di mutui pregressi, il Ragioniere generale della Regione, Giovanni Bologna, ha concluso che si deve prendere atto della decisione della Corte e adottare le misure correttive, fermo restando la pertinenza regionale di tali somme.

Che dire? Forse un po’ di storia non guasta.

Per la cronaca, nel 2006, con la citata legge Finanziaria nazionale del 2007 lo Stato, unilateralmente, ha deciso di aumentare la quota di compartecipazione della Regione siciliana alle spese sanitarie dal 42% circa al 50% circa.

Con un passaggio della stessa legge Finanziaria nazionale – che poi si rivelerà ingannevole – lo Stato ‘giustificava’ questo maggiore esborso della Regione (quasi 600 milioni di euro in più a partire dal 2009) precisando che la stessa Regione si sarebbe ripresi i fondi dalle accise sui carburanti.

Se ci riflettiamo è un non senso: perché togliere 600 milioni di euro circa alla sanità pubblica siciliana scrivendo, nella stessa legge, che la Regione si sarebbe ripresi tali fondi a valere sulle accise sui carburanti?

Chi ha pensato questa norma – gli ‘scienziati’ del Governo nazionale di Romano Prodi – lo ha fatto con un intento diverso dal testo della legge Finanziaria nazionale approvato dalla Camera dei deputati. E infatti, quando il testo è passato al Senato le cose sono state imbrogliate.

Franco Piro – che all’epoca dei fatti era parlamentare nazionale – in una lettera a I Nuovi Vespri dello scorso anno, ha dato la sua versione dei fatti.

Noi, però, restiamo fermi alle nostre convinzioni: a nostro avviso non c’era affatto bisogno di portare la quota di compartecipazione alle spese sanitarie della Regione siciliana dal 42 al 50% circa, inventando, poi, una serie di strumenti, più o meno ingannevoli, se non farlocchi, per fingere di far recuperare tali fondi alla Sicilia.

Quanto avvenuto nel 2006 è stato il frutto di una penalizzazione che l’allora Governo nazionale (e dell’allora maggioranza risicata di centrosinistra) – nessuno ce lo leverà mai dalla testa – ha voluto appioppare all’allora Governo regionale siciliano di Totò Cuffaro. Una penalizzazione degna del peggiore colonialismo, al limite del razzismo, che, fino ad oggi, è costata alla sanità pubblica siciliana oltre 6 miliardi di euro, provocando, in buona parte, l’attuale caos che si riscontra negli ospedali pubblici e, segnatamente, nei Pronto Soccorso. 

Ci permettiamo di aggiungere che, in generale, la Repubblica italiana, con la Sicilia, sin dai tempi di Einaudi, ha sistematicamente penalizzato i siciliani, con un atteggiamento che non è esagerato definire razzista e colonialista.

In questo quadro generale si inserisce il PD, partito che, soprattutto con l’avvento di Matteo Renzi alla segreteria nazionale, ha penalizzato ripetutamente la Regione siciliana, con l’avallo di parlamentari nazionali e regionali siciliani del PD. 

Quello che è assurdo – non troviamo una parola più calzante – è che dopo tutto quello che il PD ha fatto, di negativo, alla Sicilia, ci siano ancora siciliani che votano per questo partito antimeridionale e antisiciliano.

 

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