L’agricoltura siciliana scomparirà se non si abbasserà il costo del lavoro/ MATTINALE 342

19 luglio 2019

Le cronache di queste ore ci raccontano di altri due imprenditori agricoli siciliani arrestati perché sfruttavano i braccianti. Chi sfrutta il lavoro è giusto che paghi. Resta da capire come gli agricoltori siciliani debbono fronteggiare prodotti agricoli che arrivano da Paesi esteri a prezzi stracciati grazie al fatto che lì il costo del lavoro è irrisorio. In più, al Governo della UE, grazie agli ‘intelligenti’ europarlamentari grillini, è stata eletta una fautrice degli effetti ‘benefici’ della globalizzazione dell’economia. Ma nelle mani di chi siamo?  

Titolo di un articolo pubblicato da BlogsSicilia.it:

“Sfruttavano braccianti agricoli, arrestati due imprenditori”.

Segue l’articolo:

“I carabinieri di Noto e Rosolini hanno arrestato due imprenditori agricoli con l’accusa di aver violato le norme sull’occupazione e aver sfruttato braccianti, molti dei quali stranieri. I militari dell’Arma insieme agli uomini del Nucleo ispettorato del lavoro, hanno fermato T.M., 45 anni, residente a Rosolini e G.F, 44 anni, residente a Ispica, ma proprietari di terreni a Noto. Secondo i carabinieri, il primo avrebbe reclutato 8 braccianti, tutti romeni, 4 dei quali in nero, facendoli lavorare in condizioni di sfruttamento a 4 euro l’ora invece di 7 e ospitandoli in un magazzino privo anche di servizi igienici”.

“L’imprenditore di Ispica – prosegue l’articolo – avrebbe invece reclutato 19 braccianti, dei quali 5 nigeriani, 7 gambiani privi di permesso di soggiorno e 4 romeni. Anche in questo caso i lavoratori sarebbero stati sfruttati con paghe minime e in assenza dei requisiti minimi di sicurezza. I militari hanno fatto scattare sanzioni per 31 mila euro e sospeso l’attività dell’imprenditore di Rosolini. Sono in corso le verifiche su 37 braccianti assunti regolarmente. I due uomini si trovano agli arresti domiciliari”.

Tutto giusto: lo sfruttamento del lavoro va punito. Dopo di che ci chiediamo e chiediamo: e poi che si fa?

Nell’articolo non si specifica che cosa si coltiva nei terreni dei due imprenditori. Poco importa: si tratterà, quasi sicuramente, di prodotti agricoli che subiscono la concorrenza di prodotti agricoli che arrivano dal Nord Africa o dalla Cina a prezzi stracciati.

Ribadiamo a scanso di equivoci: noi siamo contrari allo sfruttamento dei lavoratori, siano essi stranieri o italiani. Però non possiamo ignorare il fatto che in altri Paesi del mondo – che esportano i propri prodotti anche in Sicilia – il costo del lavoro sia addirittura più basso dei 4 euro l’ora pagati dagli imprenditori siciliani arrestati!

E’ chiaro che c’è un problema: se gli agricoltori siciliani (e il discorso riguarda anche altre Regioni d’Italia) debbono misurarsi con le produzioni agricole che arrivano da altri Paesi a dazio zero – e se in tali Paesi è consentito pagare i lavoratori a 2 euro e anche a 1 euro l’ora – è chiaro che i nostri agricoltori possono abbandonare i terreni.

E’ questo ciò che si vuole?

Di più: i nostri agricoltori rispettano certe regole agronomiche. Ci sono pesticidi, dannosi per la salute umana, che l’Italia ha bandito dalla fine degli anni ’70 del secolo passato. C’è il dubbio che in alcuni Paesi questi prodotti chimici vengano adoperati perché costano meno e perché eliminano gli agenti patogeni che danneggiano le piante aumentando la produzione.

Dopo di che questi prodotti agricoli che arrivano chissà dove giungono sulle nostre tavole senza che alcuna autorità ne abbia controllato la salubrità.

Quindi il sistema in cui siamo finiti – che è il sistema del liberismo selvaggio voluto dall’attuale Unione Europea dell’euro – utilizza le leggi dei Paesi che debbono essere ‘colonizzati’ con queste produzioni di scarsa qualità e, magari, dannosi per la nostra salute per distruggere la nostra agricoltura. E’, questo, un dato di fatto che non possiamo ignorare.

Restiamo in Sicilia. Le imprese agricole che rispettano la legge e pagano ai braccianti il salario previsto dal contratto di lavoro, in molti casi, operano in perdita: perché i prodotti che arrivano nella nostra Isola hanno il pregio di costare molto meno.

Gli imprenditori agricoli che, per abbassare i costi di produzione, sfruttano i lavoratori rischiano l’arresto.

In questo sistema l’agricoltura siciliana è perdente. Non è così per tutte le colture. Restando a Siracusa e provincia, ad esempio, ci sono limoneti di elevata qualità gestiti da imprese che non hanno problemi a retribuire gli operai – o braccianti – in base al contratto di lavoro. Questo perché vendono i propri limoni a prezzi remunerativi.

Ma quello dei limoni di Siracusa e provincia, purtroppo, non è la regola generale per l’agricoltura siciliana.

Per i pomodori di pieno campo, ad esempio, questa regola non vale: in questo settore – alla luce della spietata concorrenza dei pomodori che arrivano da altre parti del mondo a prezzi stracciati – non ci sono molte alternative: o si abbassa in un modo o nell’altro il costo del lavoro, o si chiude.

Quello del pomodoro è un caso emblematico: infatti, quando si parla di sfruttamento di lavoratori in agricoltura, si fa quasi sempre riferimento alle colture di pomodoro di pieno campo del Centro Sud Italia (anche se i controlli, di solito, riguardano il Sud: chissà perché…).

E’ per questo che noi consigliamo ai nostri lettori di fare come si faceva un tempo: ovvero acquistare i pomodori presso aziende di fiducia e preparare in casa la salsa di pomodoro, i pomodori pelati, la polpa di pomodoro e il concentrato di pomodoro (‘ù strattu). Prepararlo in casa e conservarlo, come si faceva un tempo (IN CALCE TROVATE I NOSTRI ARTICOLI).

Ovviamente, non possiamo concludere il nostro articolo senza fornire possibili soluzioni a un problema molto complicato. Anche se dobbiamo fare una doverosa premessa.

Ricordatevi che il ‘sistema’ che sta portando alla morte della nostra agricoltura è voluto dall’attuale Unione Europea dell’euro, che ha fatto propria la follia liberista.

Ricordatevi del grano canadese, duro e tenero che arrivava prima del CETA (il trattato internazionale tra UE e Canada), oggi, a maggior ragione, è presente in modo più massiccio grazie al CETA oggi in vigore (più tardi pubblicheremo un articolo sui prezzi del grano da dove viene fuori che la presenza del grano canadese – che avrebbe dovuto scomparire dopo le polemiche sulla presenza di glifosato e micotossine DON – è ordinariamente presente nei nostri mercati locali…).

Ricordatevi dell’olio d’oliva tunisino che, grazie alla UE, ha ormai invaso l’Europa, anche se non si capisce come e dove venga commercializzato (c’è il dubbio che diventi ‘italiano’…).

Ricordatevi di tutte le altre produzioni che arrivano da chissà dove: per esempio, l’immangiabile frutta estiva che, sempre più spesso, arriva sulle nostre tavole (non potete avere idea di quante persone ci chiedono dove e come trovare frutta estiva di qualità).

Detto questo vi dobbiamo dare una brutta notizia: l’elezione a presidente della Commissione Europea della popolare Ursula von der Leyen è una pessima notizia per l’agricoltura siciliana e, in generale, per l’agricoltura del Sud Italia. Si tratta, infatti, di una signora che ha sempre appoggiato e sostenuto le politiche liberiste: cosa che non hanno capito gli europarlamentari ‘scienziati’ del Movimento 5 Stelle che – sembra incredibile! – hanno determinato l’elezione di questa campionesse della globalizzazione dell’economia.

Noi dei I Nuovi Vespri, alle elezioni europee, avevamo invitato i nostri lettori a non recarsi alle urne. Molti nostri lettori – e tra questi anche agricoltori – sono andati a votare per il Movimento 5 Stelle. Il risultato è che, di fatto, indirettamente, hanno contribuito ad eleggere a capo del Governo dell’Unione Europea una liberista fautrice di quelli politiche che continueranno a distruggere l’agricoltura siciliana e del Sud.

Con buona pace delle rassicuranti quanto vacue e fatue dichiarazioni dei grillini, che stanno dimostrano di essere uguali, se non peggiori, degli esponenti della vecchia politica-politicante.

Fatta questa precisazione, torniamo a proporre due soluzioni che abbiamo già illustrato in precedenti articoli.

Prima soluzione: vanno introdotti, subito, dazi doganali. Ma dubitiamo che la Commissione Europea presieduta dalla signora Ursula von der Leyen prenda in esame un provvedimento del genere.

Seconda soluzione: utilizzare i fondi europei in agricoltura per ridurre il costo del lavoro. Non è una cosa impossibile. Anche se con l’attuale Unione Europea – specie dopo l’elezione della signora Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione Europea – siamo più che conviti che l’agricoltura continuerà ad essere sacrificata sull’altare dell’industria e dei servizi, così come avviene con il CETA e così come avverrà con il MERCUSOR (il trattato internazionale UE Sud America) se verrà approvato (magari con i voti degli ‘intelligenti’ europarlamentari grillini…)

P.S.

Magari tra gli acquirenti delle aziende agricole siciliane che potrebbero fallire ci sono anche tedeschi…

 

 

 

 

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