Lega di Savini e Partito Sardo d’Azione strumentalizzano la crisi dei pastori sardi?/ MATTINALE 280

13 febbraio 2019

Il dubbio è legittimo. Perché se la protesta dei pastori sardi è sacrosanta, sorgono perplessità nell’osservare l’atteggiamento della Lega di Salvini e del Partito Sardo d’Azione, alleati alle elezioni che si terranno in Sardegna tra qualche giorno. A noi questa storia comincia a ricordare i dorotei della vecchia DC che, in vista delle elezioni, creavano i problemi per ‘risolverli’ a ridosso del voto… 

La tecnica dei dorotei della vecchia DC funzionava sempre come un orologio svizzero: a qualche settimana dal voto, improvvisamente, esplodeva un problema che veniva creato ad arte. Gli agitatori professionisti, al soldo dei dorotei, aizzavano le gente e scoppiava la protesta, meglio se di piazza. Un paio di giorni per dare modo all’informazione di ‘bagnare il pane’ nella matematica ‘ira funesta’ dei cittadini presi di mira dal provvedimento iniquo, ed ecco che spuntava il democristiano doroteo di turno:

“Tranquilli, ci penso io”. Un paio di giorni dopo il problema veniva rimosso e i cittadini, contenti e gabbati, andavano a votare per la DC dorotea…

Ci piacerebbe tanto sbagliarci, ma quello che sta succedendo in queste ore, pur con le dovute differenze, comincia a ricordarci certe scene, che in realtà erano sceneggiate, che abbiamo vissuto ai tempi della gloriosa DC. Cosa ce lo fa pensare? Alcuni elementi di questa storia che proveremo a descrivere sommariamente.

Partiamo dalla premessa che i pastori sardi hanno ragione: cosa che abbiamo già scritto IN QUESTO ARTICOLO. Non ci convince, però, la piega ‘politica’ che sta prendendo questa storia e il ruolo che si sta ritagliando l’onnipresente Ministro degli Interni-tutto-fare e ‘capo’ della Lega, Matteo Salvini, che, non abbiamo capito bene a che titolo, incontrerà a Roma, al Viminale, una delegazione di pastori sardi.

In realtà, Salvini i pastori sardi li ha già incontrati (come vedete nella foto sopra) e ha fissato per domani, alle 15,00, una riunione al Viminale.

Cosa c’entra Salvini con la vicenda dei pastori sardi? Nulla. Di questa storia, semmai, si dovrebbe occupare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, o il Ministro delle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio. O entrambi: capo del Governo e Ministro delle Politiche agricole.

Ma il Ministro degli Interni, Salvini, in questa storia del latte deprezzato delle pecore della Sardegna non c’entra proprio nulla!

Invece, tanto per cambiare, Salvini ha scavalcato il Presidente del Consiglio e il Ministro delle Politiche agricole: quest’ultimo si è fatto scavalcare – supponiamo con piacere – visto che è un leghista fedele a Salvini.

E, soprattutto, ha messo da parte il Movimento 5 Stelle, che si conferma un Movimento politico gestito da ingenui.

Infatti, se la vertenza se la fosse intestata il Presidente Conte, in quanto capo del Governo, avrebbe rappresentato entrambe le forze politiche che danno vita allo stesso Governo: Movimento 5 Stelle e Lega.

Invece la vertenza, a pochi giorni dal voto, con la solita furbizia, se l’è intestata Salvini, esautorando i grillini. Così, nell’immaginario dei pastori sardi – che come ora diremo sono le vittime di questa brutta storia – a pochi giorni dal voto per le elezioni regionali della Sardegna, è la Lega di Salvini che sta provando a ‘risolvere’ i problemi di questa categoria di allevatori.

Così quella che è una protesta seria – perché i pastori sardi meritano rispetto – rischia di diventare una strumentalizzazione politica ed elettorale a tutto vantaggio della Lega.

Per la cronaca, se andate a dare un’occhiata ai ‘numeri’ dell’allevamento di pecore in Italia, vi accorgerete che la Regione italiana che alleva il maggior numero di capi ovini è la Sardegna: 3 milioni e 300 mila capi, quasi il 60% dei capi ovini presenti nel nostro Paese, COME POTETE APPROFONDIRE QUI.

Seguono, a debita distanza, la Sicilia (circa 900 mila capi), il Lazio (743 mila capi), la Toscana (con 422 mila capi), la Calabria (con 270 capi), la Puglia (circa 265 mila capi), la Basilicata (circa 248 mila capi), la Campania (231 mila capi), l’Abruzzo (200 mila capi). Poi le altre Regioni.

Da quello che si può notare, l’ovinicoltura italiana parla la ‘lingua’ del Sud.

Ma il più famoso formaggio di pecora – il Pecorino – in Italia è il Pecorino romano! Che, in buona parte, viene prodotto con il latte di pecora sardo e, in parte, con il latte di pecora laziale e toscano. Questo, almeno, è ciò che prevede la DOP, sigla che sta per Denominazione di Origine Protetta del Pecorino romano.

Cos’è successo in questi giorni? Perché è esplosa la protesta?

Proviamo a sintetizzarlo.

Gli industriali che producono il Pecorino romano devono fare in modo di non produrre troppo formaggio, per evitare che il prezzo si deprima (e per evitare sanzioni).

A quanto pare si è verificato il ‘magico momento’: domanda di prodotto in forte aumento e sanzioni basse: in pratica, anche pagando la sanzione gli industriali del Pecorino romano, producendo di più, ci guadagnano.

A un certo punto, però, è successo qualcosa. Cosa? Il prezzo del Pecorino romano è andato giù? Non si capisce. Chissà, magari è così, perché, a un certo punto, gli industriali del Pecorino romano hanno comunicato ai pastori sardi che avrebbero ridotto il prezzo del latte di pecora del 15-20%.

Avete idea di che cosa significhi per una Regione come la Sardegna, che alleva circa il 60% degli ovini italiani, la riduzione del prezzo del latte di pecora del 15-20%?

Insomma, l’avete già intuito: chi deve pagare il conto di questa strana crisi sono i pastori sardi!

Resta da capire che cos’è successo. Perché, contestualmente alla crisi esplosa in Sardegna, grazie alla ‘Grande Unione Europea’ dell’euro (che Iddio l’abbia sempre in gloria…) siamo invasi dal latte di pecora prodotto in Romania: un latte di pecora che, tanto per cambiare, viene prodotto a un prezzo molto più basso del latte di pecora prodotto in Sardegna, nel Lazio e in Toscana.

A conti fatti, quello che si verifica con l’ortofrutta, con il grano e con altri prodotti agricoli si verifica anche con il latte di pecora.

Perché citiamo Sardegna, Lazio e Toscana? Perché, come già accennato, secondo le regole del DOP Pecorino romano, questo formaggio può essere prodotto solo con il latte di pecora di queste tre Regioni.

Da qui alcune domande: il prezzo del Pecorino romano è andato giù – ammesso che sia andato giù – perché c’è stata una maggiore produzione di questo formaggio? O è la presenza del latte di pecora rumeno a basso prezzo a deprimere il prezzo del latte di pecora della Sardegna? E che c’entra il latte rumeno con il Pecorino romano, visto che la DOP vieta categoricamente di utilizzarlo per produrre questo formaggio?

Magari a queste domande risponderà il Ministro tuttologo-tutto-fare Salvini, che, oltre a gestire l’ordine pubblico e a chiudere i porti, adesso indossa le vesti dei pastori sardi…

Foto tratta da Vistanet

 

 

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