Bloccare le importazioni a dazio zero di grano, latte, ortofrutta e altro ignorando la UE

14 febbraio 2019

Prendiamo coscienza che la globalizzazione dell’economia serve ad alcuni Paesi per distruggere le economie di altri Paesi. E cominciamo – come hanno fatto gli USA con la Cina – a utilizzare i dazi doganali. Introduciamo il prezzo bloccato di alcuni prodotti agricoli – grano, latte, olio d’oliva extra vergine – per tutelare i nostri agricoltori. L’Italia può cominciare sin da ora perché ha un Governo e un Parlamento che lo possono fare. La UE si adeguerà 

La protesta dei pastori sardi e degli olivicoltori della Puglia – con la speranza che si svegli tutto il mondo dell’agricoltura – ci dice una cosa fondamentale: e cioè che oggi il nemico da battere è la globalizzazione dell’economia. E questo ci dice una seconda cosa altrettanto fondamentale: poiché è l’Unione europea che decide le politiche agricole e poiché la stessa Unione europea è nelle mani delle multinazionali, è necessario che ogni Stato della UE interessato a salvaguardare la propria agricoltura e la salute dei propri cittadini inizi a legiferare a prescindere dai Regolamenti europei.

Ricordiamoci che, oggi, la globalizzazione dell’economia è il mezzo con il quale alcuni Paesi stanno provando a distruggere le economia di altri Paesi.

Lo scontro tra USA e Cina su import ex export – con i dazi doganali – non è altro che una ‘guerra’ combattuta con mezzi diversi dalle armi. Quindi bisogna difendersi. E cominciare a difendere i nostri agricoltori.

Due, soprattutto, le cose da fare.

Primo: bloccare l’importazione a dazio zero di prodotti agricoli. Citiamo alcuni esempi semplicissimi per chiarire ciò che, con legge, si dovrebbe fare.

Prendiamo l’esempio dell’olio d’oliva extra vergine. Sappiamo benissimo che l’olio d’oliva extra vergine prodotto in Italia, quest’anno, non si può vendere a meno di 8-10 euro a bottiglia. La Tunisia vuole esportare il proprio olio extra vergine in Italia? Benissimo. Basta raffrontare i prezzi.

L’olio d’oliva extra vergine tunisino costa – per ipotesi – 2 euro al litro? Bene: si raffronta con il costo di una bottiglia da un litro di olio d’oliva extravergine italiano che, per esempio, costa 10 euro. A questo punto basta fare una semplice sottrazione: 10 – 2 uguale 8.

Ebbene, 8 euro è il dazio doganale che verrà applicato ad ogni bottiglia da un litro di olio d’oliva extra vergine tunisino che entrerà in Italia. 

Questo consentirà ai produttori di olio d’oliva extra vergine italiani di non essere penalizzati.

Poi c’è una seconda cosa da fare, non meno importante della prima: le analisi su tutti i prodotti agricoli, freschi e trasformati, che arrivano in Italia. 

La analisi vanno effettuate per evitare che sulle tavole degli italiani finiscano prodotti agricoli, freschi e trasformati, contaminati. I risultati delle analisi, inoltre, ci diranno se un prodotto agricolo che arriva dall’estero costa meno perché è più basso il costo del lavoro (e questo già lo sappiamo) o costa meno anche perché è prodotto con pesticidi che aumentano sì le produzioni agricole, ma danneggiano la salute delle persone.

Il prezzo dell’olio d’oliva extra vergine italiano andrà fissato con legge, tenendo contro dell’andamento climatico. Un anno potrà costare 8 euro (se l’annata è stata ricca), l’anno successivo potrà costare 12 euro (se l’annata è stata magra).

Lo stesso metodo va adottato con il grano estero che arriva in Italia con le navi: grano duro e grano tenero.

Facciamo l’esempio del grano duro, che interessa il Sud e la Sicilia.

Produrre un quintale di grano duro, nel Sud Italia, costa tra 22 e 24 euro. Ebbene, per legge si stabilisce che il grano duro non si può vendere sotto i 24 euro al quintale. Punto. 

A quelli che replicheranno dicendo che non si può fare, perché il mercato internazionale dei cereali, che ha il baricentro a Chicago, deve essere lasciato ‘libero’, ebbene, rispondiamo che i primi a non lasciare ‘libero’ il mercato quando non gli conviene sono gli stessi americani, che, come già ricordato, hanno appioppato i dazi doganali ad alcune merci che arrivano dalla Cina per difendere la propria economia.

Assodato che un quintale di grano duro italiano non può essere venduto a meno di 24 euro – più sì, meno no – bisognerà studiare, caso per caso, ciò che si deve fare con il grano duro estero che arriva in Italia.

Bene. Se il grano duro estero costa meno di quello del Sud Italia, basterà effettuare la solita sottrazione: il grano duro del Paese x costa 6 euro al quintale? Bene: 24-6 uguale 18: e 18 euro sarà il dazio doganale da appioppare al grano duro x che entra in Italia. 

Poi c’è il grano duro estero che costa di più di 24 euro al quintale. Fino ad oggi il ‘gioco’ è stato il seguente: gli industriali hanno acquistato il grano duro estero che loro considerano di ‘qualità’ (cioè quello molto ricco di glutine, che è di ‘qualità’ perché gli fa risparmiare soldi nei processi industriali!) a prezzi anche sostenuti e hanno risolto il problema miscelandolo o con altro grano estero che costa poco, o con il grano duro del Sud Italia.

Fino ad oggi hanno trovato il ‘muro basso’ grazie alla speculazione al ribasso del prezzo del grano duro prodotto nel Sud Italia. Ma imponendo, per legge, che un quintale di grano duro italiano non potrà essere venduto a un prezzo inferiore al costo di produzione – cioè circa 24 euro al quintale – gli industriali sapranno in partenza che non potranno più trattare il Sud come una ‘colonia’ e dovranno pagare il grano duro del Sud Italia 24 euro. 

Dopo di che potranno acquistare tutto il grano duro canadese che vorranno e tutto il grano duro del Kazakistan che vorranno e via continuando con tutti i grani duri del mondo. L’importante è che, nelle etichette dei prodotti trasformati, scrivano con quale grano duro hanno prodotto questo o quel derivato del grano. 

Questo perché, anche per il grano duro – come per l’olio d’oliva extra vergine – sempre per legge, dovranno essere introdotti e normati i controlli su qualità, per escludere la presenza di sostanze contaminanti.

Questo tutelerà i produttori di grano duro del Sud Italia che non verranno più taglieggiati. Perché chi vorrà produrre, per esempio, la vera pasta italiana fatta con il grano duro italiano dovrà acquistare grano duro italiano senza taglieggiare gli agricoltori.

La stessa cosa andrà fatta con il grano tenero, per tutelare i produttori italiani di grano tenero del Centro Nord Italia.

Lo stesso metodo vale per il latte, in queste ore nell’occhio del ciclone.

Citiamo l’esempio del latte di pecora, che è oggetto della protesta del pastori sardi (e da domani, si spera, anche dei pastori siciliani).

Un litro di latte di pecora non può costare meno di 1 euro e 30-1 euro e 50. Si stabilisca, con una legge, che un litro di latte di pecora italiano non potrà costare meno di 1 euro e 50 centesimi al litro. 

Il latte rumeno di pecora, per ipotesi, si vende a 30-40 centesimi al litro? Bene: solita sottrazione: un euro e mezzo meno 40 centesimi di euro uguale un euro e 10 centesimi di euro. Ebbene, 1,10 centesimi di euro è il dazio doganale che andrà applicato al latte di pecora estero, che in Italia – al pari dell’olio d’oliva extra vergine, del grano duro, del grano tenero e dell’ortofrutta – non potrà essere venduto a un prezzo inferiore a quello del latte di pecora italiano. 

Così facendo – che poi è quello che stanno facendo gli Stati Uniti d’America per difendere le proprie produzioni dai prodotti cinesi – si tuteleranno gli agricoltori.

Ricordiamoci tutti – ricordiamocelo noi siciliani, ma lo ricordino anche i pastori sardi – che questa globalizzazione applicata in modo selvaggio in Italia potrebbe essere un modo per fare fallire i nostri agricoltori e i nostri allevatori a favore di soggetti che hanno deciso di ‘colonizzare’ l’Italia dicendoci che vengono a ‘investire’ nel nostro Paese.

Qualcuno obietterà che la UE si opporrà con le procedure d’infrazione e bla bla bla. L’attuale Unione Europea è sbagliata e verrà sbaraccata alle imminenti elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. L’Italia, visto che ha un Governo e una maggioranza in Parlamento contrari ai ‘predoni’ che oggi governano la UE cominci sin da ora, sintonizzandosi con i legittimi interessi dei pastori sardi.

Foto tratta da Corriere Nazionale   

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