L’imbroglio del CETA: favorisce i prodotti del Nord Italia e penalizza il Sud e la Sicilia

22 marzo 2018

Calpestando i Parlamenti di 27 Paesi europei, la Commissione Europea – non eletta democraticamente – sta applicando il CETA, il trattato commerciale con il Canada. Si colpisce il Sud importando grano duro canadese e per oltre il 90% si esportano in Canada prodotti agricoli del Centro Nord Italia. La nota positiva è che, nonostante il CETA, diminuisce l’import di grano duro canadese. Questo grazie alla battaglia condotta da GranoSalus e anche da I Nuovi Vespri

Aggiornamento: le importazioni di grano canadese – duro e tenero – sono di nuovo aumentate.   

Il 22 settembre dello scorso anno vi abbiamo raccontato che l’Unione Europea dell’euro, mettendosi sotto i piedi la sovranità dei Parlamenti di 27 Paesi, ha iniziato ad applicare il CETA, il trattato commerciale con il Canada voluto dalle multinazionali (QUI L’ARTICOLO).

Per comprendere qual è, oggi, il potere che le multinazionali esercitano nell’Unione Europea, potete legge l’articolo che abbiamo pubblicato ieri sera, dove raccontiamo del ‘Sì’ della UE alla fusione tra la multinazionale americana che ha riempito il mondo con il diserbante glifosato (la Monsanto) e la multinazionale tedesca Bayer (QUI L’ARTICOLO).

Detto questo, proviamo, adesso, a fare il punto della situazione sull’applicazione del CETA. Ricordando sempre che mentre Canada e Paesi della UE importano e esportano i rispettivi prodotti a dazi quasi uguali a zero, le multinazionali – che hanno imposto all’Unione Europea questo trattato commerciale – fanno affari in Canada, soprattutto nel settore dei servizi.

Vediamo, adesso, cos’è successo in Italia con il CETA.

L’Italia, leggiamo su Sicilia agricoltura di qualche mese fa, “con il 23% del mercato è il secondo esportatore di prodotti agro-alimentari dell’UE verso il Canada, per un valore complessivo di 528 milioni di euro. Il Canada, infatti, rappresenta il 9º partner commerciale dell’Italia al di fuori dell’UE”.

Ricordiamo che, anche grazie al CETA, l’Unione Europea è costretta ad importare il ‘famigerato’ grano duro canadese (il grano duro canadese entra già in Italia: il CETA finirà con fare aumentare l’import di grano duro canadese perché si avrà un effetto traino).

Va detto, semplificando, che il Canada produce due tipi di grano duro: il grano duro che matura naturalmente, che è di ottima qualità; e il grano duro coltivato nelle aree fredde e umide, che natura artificialmente a colpi di glifosato.

Il Canada, per la cronaca, produce, ogni anno, circa 4 milioni di tonnellate di grano duro nelle aree fredde e umide (COME POTETE LEGGERE QUI).

Ora vi poniamo una domanda: secondo voi il Canada quale grano duro esporta nell’Unione Europea e, soprattutto, in Italia?

Va da sé che l’import di grano duro canadese in Italia colpisce il Sud d’Italia, dove si concentra l’80% della produzione di questo particolare cereale. In più, il grano duro del Mezzogiorno d’Italia è, sotto il profilo qualitativo, uno dei migliori del mondo.

Non altrettanto possiamo affermare del grano duro canadese coltivato nelle aree fredde e umide di questo Paese e maturato artificialmente con il glifosato, che non dovrebbe essere utilizzato né per l’alimentazione umana, né per l’alimentazione animale (COME POTETE LEGGERE QUI).

Ok, importiamo grano duro canadese. In cambio cosa esporta l’Italia in Canada?

“Nel CETA – leggiamo sempre su Sicilia agricoltura – è compresa solo una parte dei prodotti agro-alimentari italiani, quella che rappresenta i prodotti più richiesti e acquistati dai consumatori canadesi. Questo è uno degli aspetti dell’accordo che ha suscitato le maggiori polemiche in Italia.

“Nel nuovo accordo UE e Canada, negli elenchi di protezione – leggiamo sempre su Sicilia agricoltura – sono state incluse 41 Dop e Igp, mentre rimangono fuori dal sistema di protezione le rimanenti 250″.

Dop e Igp sono i marchi che l’Unione Europea assegna ai prodotti di eccellenza.

Ecco l’elenco delle specialità alimentari che vengono esportate in Canada grazie al CETA:

Carni fresche, congelate e trasformate: Cotechino di Modena, Zampone di Modena, Bresaola della Valtellina, Mortadella di Bologna, Speck Alto Adige, Culatello di Zibello, Lardo di Colonnata; carni stagionate: Prosciutto di Parma, Prosciutto S. Daniele, Prosciutto Toscano, Prosciutto Modena; tra i formaggi troviamo: Provolone Valpadana, Taleggio, Asiago, Fontina, Gorgonzola, Grana Padano, Mozzarella di bufala campana, Parmigiano Reggiano, Pecorino Romano, Pecorino Sardo, Pecorino Toscano; Frutta e frutta a guscio fresche e trasformate: Arancia rossa di Sicilia, Cappero di Pantelleria, Kiwi Latina, Mela Alto Adige, Pesca e Nettarine di Bologna; Aceti: Aceto Balsamico tradizionale di Modena, Aceto Balsamico di Modena; prodotti orticoli freschi e trasformati: Lenticchia di Castelluccio di Norcia, Pomodoro di Pachino, Radicchio rosso di Treviso; dolciumi e prodotti da forno: Ricciarelli di Siena; Cereali: Riso nero Vialone Veronese.

Come potete notare, ci sono solo tre prodotti della Sicilia e, in generale, possiamo affermare che il Sud è quasi assente.

“Il motivo della protesta di molti produttori – leggiamo sempre su Sicilia agricoltura – scaturisce sul metodo per la scelta di questo Made in Italy dove prevale nettamente la presenza dei prodotti del Nord e del Centro Italia a discapito di quelli del Sud che per vocazione e tradizione hanno da sempre mostrato una elevata tipicità. La cosa che colpisce è che solo 5 di questi appartengono al Sud Italia (Sardegna inclusa), contro i 24 del solo Nord”.

“Sono rimasti fuori, tanto per citarne qualcuno – prosegue l’articolo – il caciocavallo silano, il pomodoro di San Marzano, l’olio extravergine Terra di Bari, il pistacchio di Bronte e la soppressata calabrese, insomma una dimenticanza che lascia attoniti tutti, ma soprattutto semina sfiducia tra i vari imprenditori che, con grandi sforzi e sacrifici, hanno lottato per conquistarsi un riconoscimento europeo, non certo facile e pieno di super burocrazia con notevoli sacrifici economici”.

Molti oggi si chiedono: perché tutto il Sud Italia ha votato per il Movimento 5 Stelle? Questo è uno dei motivi: perché anche nella scelta dei prodotti da esportare in Canada il Governo nazionale a guida PD – il Governo Gentiloni – ha favorito il Nord a scapito del Sud!

E sapete chi è oggi il reggente del PD, dopo che Matteo Renzi è stato messo da parte? Maurizio Martina, Ministro uscente delle Risorse agricole. E adesso vi poniamo un’altra domanda: secondo voi il Ministro uscente Martina, attuale reggente del PD, non sa nulla di questa celta di prodotti agricoli da esportare in Canada che ha penalizzato il Sud Italia?

“La scelta di questi alimenti mortifica l’intero Meridione e le Isole forzieri di tipicità – Sicilia agricoltura -. Dalle nostre parti si dice: curnutu e vastiunatu, il povero imprenditore meridionale non solo non potrà avvalersi della protezione del CETA, ma dovrà, nel contempo, accettare passivamente l’importazione del grano canadese, prodotto concorrente degli imprenditori del Sud Italia, strapieno di glifosato e micotossine”.

Riassumendo, grazie al Governo Gentiloni-PD, il Sud Italia subisce l’importazione di grano duro canadese “strapieno di glifosato e micotossine”, ma a godere dei benefici di tale accordo commerciale è il Nord Italia!

Fine delle ingiustizie? No, ci sono anche le ingiustizie in chiave siciliana.

I prodotti Dop e Igp siciliani esportati in Canada sono tre: Arancia rossa di Sicilia, il Pomodoro di Pachino e il Cappero di Pantelleria.

Non sappiamo qual è la situazione per il Cappero di Pantelleria, ma vi assicuriamo che per l’export di Arancia rossa e Pomodoro di Pachino gli agricoltori non ci guadagnano nulla! A fare affari sono i commercianti, non certo gli agricoltori!

Questo avviene, da un lato, per responsabilità degli stessi agricoltori, che in Sicilia, spesso, sono disorganizzati; ma, dall’altro lato, ci sono grandi responsabilità della Regione siciliana e, segnatamente, dell’assessorato all’Agricoltura.

Ovviamente, le responsabilità non possono essere addebitate all’attuale assessore all’Agricoltura, Edy Bandiera. Anche se quest’ultimo, proprio a partire da Arancia rossa e Pomodorino e Datterino di Pachino, potrebbe iniziare a dare qualche segnale di cambiamento.

“La preoccupazione degli operatori è abbastanza palese – conclude l’articolo di Sicilia agricoltura – i quali temono che con gli accordi commerciali con la Cina e il Giappone debbano essere utilizzati metodi analoghi. Queste scelte mortificano ampiamente gli operatori e i territori creando sfiducia verso le istituzioni e la politica”.

Su questo tema segnaliamo anche un articolo leggermente ‘alluncinante’ di Agricoltori italiani, che dovrebbe essere riconducibile alla CIA, la Confederazione Italiana Agricoltori.

“Buone notizie – recita il baldanzoso ‘attacco’ dell’articolo -. I primi segnali indicano che l’accordo CETA è favorevole per l’Italia: nessuna invasione di grano e buone performance dell’export agroalimentare verso il Canada. Sono trascorsi tre mesi dall’avvio dell’applicazione provvisoria dell’accordo commerciale e la CIA-Agricoltori Italiani fa il punto della situazione, sulla base degli ultimi dati sul commercio estero pubblicati dall’Istat. Tra ottobre e dicembre – segnala la CIA – l’approvvigionamento di grano canadese è diminuito del 35%. Si conferma, così, la tendenza che ha caratterizzato gli arrivi negli ultimi anni: nel triennio 2014-2017, le importazioni di frumento sono passate da 1,6 milioni (2014) a 795 mila (2017)”.

In questo articolo ci sono i risultati positivi di una battaglia contro l’arrivo in Italia del grano duro canadese che non sta combattendo la CIA!

La notizia, semmai, è che, nonostante il CETA, grazie alle battaglie condotte lo scorso anno dai produttori di grano duro del Sud Italia e dai consumatori raccolti attorno all’associazione GranoSalus (e, se ce lo consentite, anche grazie alla battaglia condotta da I Nuovi Vespri che, insieme con GranoSalus, ha avviato i controlli sui derivati del grano duro, pasta e semola), le importazioni di grano duro canadese si sono ridotte.

I ‘numeri’ noi li ‘regaliamo’ alla CIA e all’Istat, perché quando ci sono di mezzo le multinazionali la verità, anche numerica, va presa sempre con le pinze.

Detto questo, la riduzione del grano canadese in Italia c’è: ma questo non va certo a merito del CETA, né, tanto meno, della CIA: le battaglie contro il grano duro canadese – con i controlli sui derivati del grano duro – non sono certo merito del CETA, della CIA o di altre silenti organizzazioni agricole.

QUI I DATI SULLE ANALISI SU OTTO MARCHE DI PASTA INDUSTRIALE PRODOTTA IN ITALIA

QUI I RISULTATI DELLE ANALISI SULLE SEMOLE

QUI LE ANALISI SULLE SEMOLE DEL SUD ITALIA CHE NON CONTENGONO GLIFOSATO

 

Le citazioni presso il Tribunale di Roma, da parte delle multinazionali della pasta, le hanno subite GranoSalus e I Nuovi Vespri. Che fino ad oggi sono usciti vittoriosi dai Tribunali.

GRANOSALUS E I NUOVI VESPRI VINCONO AL TRIBUNALE DI ROMA

P.s.

Riteniamo incredibile che un’organizzazione agricola italiana consideri positivo il CETA, trattato imposto dalle multinazionali. 

Non abbiamo ancora capito quale sia la posizione di Coldiretti e Confagricoltura. 

 

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