Governo Gentiloni: Dio ci salvi dai ministri siciliani!

12 dicembre 2016

Un nuovo danno in vista per la nostra Isola: tra i componenti del nuovo esecutivo ci saranno politici locali che non hanno mai fatto gli interessi della Sicilia, che hanno fornito un alibi alle politiche colonialistiche e che sono stati sonoramente bocciati in occasione del referendum. Una iattura che si ripete…

Entro stasera dovrebbe essere pronta la squadra dei ministri del neo nato Governo Gentiloni. Le voci che arrivano da Roma ci atterriscono: ci sarebbero almeno tre siciliani pronti a ricevere un incarico governativo. Certa, salvo sorprese, la presenze di Angelino Alfano, che potrebbe sostituire Gentiloni agli Esteri (vuol dire che se ne va all’estero? Volesse Dio….) o essere riconfermato agli Interni. Si parla poi di Anna Finocchiaro, signora del PD catanese, grande amica di Giorgio Napolitano (con lui pare abbia scritto la riforma costituzionale bocciata dagli italiani) e di Saverio Romano, in quota verdiniana. Per quale dicastero ancora non si sa. E poco importa.

Quello che conta è che per la Sicilia, avere ministri (e sottosegretari) a Roma è una iattura, così almeno è stato finora. Perché oltre a non fare niente di buono per la loro terra (neanche il minimo sindacale) e a non difenderla né dai soprusi (vedi Muos, rifiuti tossici dell’Ilva a Siracusa, agricoltura penalizzata ecc…), né dalle rapine (neanche quando sono state denunciate dalla Corte dei Conti che più volte in questi ultimi anni ha bacchettato lo Stato accusandolo di trattenere tributi che spetterebbero per Statuto ai Siciliani, ma che Roma continua ad intascare), forniscono un alibi perfetto alle politiche colonialistiche del Governo centrale. 

Quello che succede nelle stanze romane, infatti, è più semplice di quello che si possa pensare. Quando, ad esempio, si sforna un provvedimento che va chiaramente contro gli interessi della Sicilia e nessun ministro (o sottosegretario) siciliano si ribella, la strada è spianata perché chi guida il Governo non può che dire: se sta bene a loro, perché non dovrebbe andare bene a noi?

Lo schema si ripete sempre e si è manifestato chiaramente in occasione della stipula dell’accordo Stato-regione del 20 Giugno scorso  (con cui prima Crocetta e Baccei e poi l’Ars, hanno rinunciato ai contenziosi con lo Stato, ovvero a quei soldi che la Sicilia potrebbe incassare grazie ai pronunciamenti favorevoli della Corte Costituzionale e a una parte sostanziosa di tributi che spetterebbero ai Siciliani) che è stato inserito dal Governo nel decreto legge sugli Enti locali (poi trasformato in legge e approvato dalle due Camere) con il silenzio complice dei componenti siciliani dell’esecutivo Renzi e poi anche con quello dei deputati nazionali.

Perché il ministro per gli Affari regionali, Enrico Costa, piemontese, si sarebbe dovuto opporre se non lo hanno fatto i colleghi siciliani al Governo?

Lo stesso vale per le altre questioni: l’agricoltura, ad esempio. Comparto fondamentale per la Sicilia e per tutto il Sud, massacrato dall’ UE e mai difeso dalla banda di siciliani seduti ai posti di comando a Roma. Gli esempi sarebbero tantissimi. Per limitarci alle ultime malefatte citiamo il caso dei rifiuti tossici dell’Ilva spediti via mare a Catania e poi trasferiti a Siracusa: decisione del Ministro dell’Ambiente sulla quale ministri e sottosegretari siciliani non hanno avuto nulla da ridire. E, poi, ancora l’immigrazione con i Comuni siciliani costretti ad accollarsi le spese non solo per i minori, ma anche quelle della prima accoglienza. Certo, c’è anche la scuola e la deportazione degli insegnanti siciliani, ma lì non c’è stato solo il silenzio, al contrario la partecipazione attiva di Davide Faraone, sottosegretario all’Istruzione in uscita (almeno questa grazia pare la riceveremo).

Non avere nessun ministro al Governo nazionale ci aiuterebbe quantomeno a difenderci. Potremmo lamentare una mancanza di rappresentatività. Vaglielo a spiegare a Roma che, nonostante loro, non ci sentiamo affatto rappresentati, anzi, ci sentiamo traditi: non è un problema di chi siciliano non è. Li ha definiti perfettamente Salvemini: trattasi di ascari, ovvero mercenari che svendono gli interessi del loro territorio per opportunismo.

Come se non bastasse, i nomi che circolano erano tutti schierati per il Sì alla riforma costituzionale. La stessa riforma travolta in Sicilia da una valanga di No che è stato anche, se non soprattutto, un No alle facce che tifavano Sì. Altro che rappresentanza: al Governo andranno coloro i quali sono stati sonoramente bocciati dal 72% dei Siciliani e che alla Sicilia hanno solo fatto danno.

Dio ci salvi da loro.

 

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