Jaume Fores: “Catalogna indipendente, ma nell’Ue. Messi? Senza la squadra non è niente”

16 ottobre 2016

L’intervista al politico di Esquerra Republicana de Catalunya, ieri a Palermo per il convegno Liberiamo la Sicilia. Dai rapporti con Madrid, al progetto del “referendum o… referendum”. Dai rapporti con l’Europa al silenzio della Merkel. Dal calcio alla Sicilia…

“In Catalogna anche i nuovi arrivati diventano indipendentisti perché si accorgono che le leggi varate dal Parlamento di Barcellona sono migliori di quelle del Governo centrale di Madrid, soprattutto, da un punto di vista sociale”. Jaume Fores Llasat, psicologo social, è un politico di Esquerra Republicana di Catalunya, partito indipendentista catalano di ispirazione social democratica. E’ arrivato da Barcellona a Palermo per la convention ‘Liberiamo la Sicilia’, organizzata dall’associazione ‘I Nuovi Vespri’ (e, quindi, dal nostro blog) e andata in scena ieri mattina, sabato 15, al teatro Jolly di Palermo. Una manifestazione che, secondo i calcoli dei gestori del teatro, ha visto la partecipazione di circa 300 persone e che si è caratterizzata per la varietà degli interventi (di cui vi racconteremo nel dettaglio) tutti legati da un unico filo rosso: la Sicilia, lo stato in cui è stata ridotta da una classe politica di ascari e da un Governo nazionale vampiro e la distruzione della sua Autonomia che non lascia alternative all’indipendenza.

Jaume Fores

Jaume Fores

La relazione del politico catalano ha incantato la platea e i punti salienti li ripercorriamo con lui in questa intervista che ci ha rilasciato nel corso di una chiacchierata in un noto locale del centro di Palermo, città che conosce molto bene e che ama. Fores, infatti, è anche presidente di Catalunya Sicilia, gemella dell’associazione Sicilia Catalunya (il cui presidente è Franco Marsala) attraverso la quale ha visitato più volte la capitale siciliana.

Dott Fores, a che punto è il processo di indipendenza della Catalogna?
“Siamo quasi alla fine del processo. Un processo che comincia 300 anni fa, nel 1714, quando la Catalogna perde la sua connotazione di Stato: aveva un Parlamento, una Costituzione, un esercito e una moneta. Oggi, per usare un termine calcistico, siamo vicini all’area di gol. Molto vicino”.
Ma il Tribunal Constitucional continua a bloccare le vostre proposte di referendum.
Si, adesso ci arriviamo. Prima vorrei descrivere meglio il contesto. Noi avevamo un 30% di catalani che si sono sempre schierati per l’indipendenza per una questione identitaria, di lingua, di bandiera, di orgoglio. Parlo dei nostri padri, dei nostri nonni. Negli anni più recenti si è verificata una convergenza verso questo obiettivo: non solo da parte delle nuove generazioni di catalani, ma anche da parte degli stranieri che sono venuti a vivere da noi e che sono tanti. Il perché è semplice da spiegare: l’aggressività del Governo spagnolo contro la Catalogna è sotto gli occhi di tutti e questo determina una presa di posizione da parte di chi vive in Catalogna. Ma la cosa più importante è che tutti si accorgono che la qualità della vita che le leggi catalane assicurano è nettamente superiore a quella del resto della Spagna. Non è più un processo di identità, ma di quotidianità. Come dicevano i greci, “greco è chi si sente greco”. Lo stesso è per noi: catalano è chi si sente catalano. Oggi tra il 52 e il 58% dei catalani vuole l’indipendenza”. convegno
Ci spieghi meglio questa differenza tra leggi catalane e leggi spagnole e come incidono sulla quotidianità.
“Gli esempi sono tanti, ne cito due che fanno capire l’aggressività del Governo spagnolo contro di noi. Il Parlamento catalano aveva approvato una legge per garantire la casa ai più poveri e una per garantire acqua, luce e gas sempre alle classi meno abbienti. Madrid ha impugnato queste leggi e il Tribunal Constitucional le ha bloccate. Come pensate abbiano reagito i catalani nati in Catalogna o che vivono in Catalogna? Si accorgono, ogni giorno, che il Parlamento di Barcellona mira a garantire diritti e una qualità della vita migliori ed è per questo che crescono gli indipendentisti”.

Crescono, ma Madrid non ne vuole sentire parlare…
“La nostra indipendenza è’ un problema per la Spagna, non per noi. Non è tanto il fatto che perderebbero 7.5 milioni di persone, è nell’economia la chiave: nella regione catalana, infatti, vengono realizzati il 20% del pil spagnolo e il 23% della produzione industriale. Il 25% dell’export spagnolo viene generato proprio in Catalogna. E questi numeri, pil ed export, stanno crescendo in maniera esponenziale. Di tutta questa ricchezza prodotta noi vediamo meno della metà. Ed, infatti, abbiamo ancora il 22% di povertà”.

Nel Parlamento di Barcellona c’è unanimità sul progetto di indipendenza?
“Si certo. Abbiamo vinto le elezioni con Juntos pel Si, una coalizione di partiti indipendentisti. Ci sono tre partiti indipendentisti, la vecchia Convergencia e Union che ora si chiama Partito democratico europeo di Catalogna, Esquerra Repubblicana de Catalunya che è di ispirazione social democratica e un appoggio esterno della Cup che è vicina a Syriza. Ma la carattersistica della Catalogna è la profonda unione tra politica e società civile”.
Chiarissimo. Ma la Costituzione spagnola non prevede la secessione. Come pensato di superare questo ostacolo?
“Noi poniamo un tema: è più importante la legge o la democrazia? Se la legge va contro la democrazia, bisogna cambiare la legge. La nostra posizione è chiara. Intanto stiamo lavorando per mettere in piedi l’Agenzia tributaria catalana e un istituto di previdenza sociale.Stiamo ciò costruendo la struttura del nostro Stato. Come ha detto il nostro presidente Carles Puigdemont (ex sindaco di Girona, ndr) noi l’anno prossimo faremo il referendum per l’indipendenza. Oppure, il referendum…”.
Determinatissimi. Si va allo scontro?
Quando l’Irlanda voleva l’indipendenza, il Governo di Londra era d’accordo? Quando gli americani volevano l’indipendenza, erano d’accordo?
Sappiamo che voi siete repubblicani, ma vi aspettavate che anche il nuovo re, Felipe, avrebbe mostrato chiusura nei vostri confronti? Nel suo discorso di insediamento si intravedeva una possibile apertura…
“Non solo noi di Esquerra, la maggior parte di catalani è repubblicana. Quindi quello che dice o non dice il re, per noi poco conta. Ma, soprattutto, non ha poteri rilevanti”.
Nel vostro progetto di indipendenza come vi ponete rispetto all’Unione europea?
“Non ci piace questa Unione europea dell’austerity, ma siamo europeisti. Lo stesso vale per l’euro. Quindi crediamo al progetto originario dell’Ue. Non solo. Noi contiamo sulla comunità internazionale per il riconoscimento della volontà popolare catalana”.
Ma proprio dalla Commissione europea sono arrivati segnali di ostilità nei vostri confronti, nonostante l’Onu riconosca il diritto all’autoderminazione. O no? 

Un momento del convegno 'Liberiamo la Sicilia'. Da sinistra: Jaume Fores, i giornalisti Giulio Ambrosetti e Antonella Sferrazza e il presidente dell'associazione 'I Nuovi Vespri', Franco Busalacchi

Un momento del convegno ‘Liberiamo la Sicilia’. Da sinistra: Jaume Fores, i giornalisti Giulio Ambrosetti e Antonella Sferrazza e il presidente dell’associazione ‘I Nuovi Vespri’, Franco Busalacchi

“E’ stato Rajoy a spingere Juncker a schierarsi contro di noi. In realtà noi pensiamo di avere dalla nostra parte Paesi come Lituania, Irlanda, Olanda, Estonia e alcuni Paesi del centro Europa. Paesi come la Francia, Inghilterra, Germania e Italia stanno in silenzio. Non diranno niente fino al giorno dell’indipendenza. Rajoy ha fatto molte pressioni sulla Merkel, ma la Germania non ha detto niente contro di noi. La diplomazia è un processo lungo. Ricordo che una settimana prima dell’indipendenza della Croazia, l’Ue diceva che mai l’avrebbero riconosciuta. Dieci giorni dopo l’hanno riconosciuta. Ricordo un premier del Regno Unito che diceva: “Noi non abbiamo amici, ma interessi”. E non credo sia nell’interesse di nessuno mettersi contro la Catalogna”.

Un’ultima domanda. Come sa anche la Sicilia vive una condizione simile in termini di tributi trattenuti dal Governo nazionale e di risorse sfruttate dallo stato centrale contro l’interesse dei Siciliani. Certo, non abbiamo un Governo regionale che brilla per qualità delle leggi come quello di Barcellona. Ma perché, secondo lei, ancora oggi tanti Siciliani non hanno la consapevolezza che invece c’è in Catalogna?

“La nostra è una società corale da tanto tempo. Anche la dittatura franchista ha contribuito a coalizzare i catalani. Nelle nostre scuole si parla catalano. Insomma è una storia diversa. Ma la nostra forza è l’unità: destra, sinistra, poco conta. Mi pare che in Sicilia manchi questo. Permettimi una analogia calcistica. Sai che noi adoriamo la nostra squadra, il Barça e che adoriamo Messi. Ma Messi senza la squadra non è niente.

Siamo lontani anni luce…

Bisogna fare capire alla gente che l’indipendenza è possibile. Questo era il nostro slogan quando nel 1992 avevamo solo 12 deputati. Oggi ne abbiamo 72.

ndr: qui sotto il video dell’intervento conclusivo di Franco Busalacchi, presidente dell’associazione I Nuovi Vespri:

Liberiamo la Sicilia/ Franco Busalacchi: “L’indipendenza è possibile. Ecco come” VD

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