Il Congresso americano scongiura il default grazie ai voltagabbana Repubblicani. Ma…

1 giugno 2023
  • … ma i problemi non sono risolti
  • Compromesso al ribasso da parte dello speaker Repubblicano della Camera, Kevin McCarthy 
  • Oggi sono in tanti a rimpiangere l’ex Segretario di Stato, Mike Pompeo, che appare come un gigante rispetto ai ” cowboy-casinisti” democratici  

… ma i problemi non sono risolti

Quando lo scorso 26 Maggio abbiamo scritto senza tanti tentennamenti del possibile default del dollaro americano alcuni nostri lettori sono rimasti perplessi. L’idea di un fallimento degli Stati Uniti d’America – perché questa sarebbe la percezione – renderebbe impossibile, secondo alcuni osservatori, il default statunitense. Visto da questo punto di vista, in effetti, è difficile controbattere. In realtà la situazione è molto più complicata. E se siamo arrivati all’1 Giugno, a quattro giorni dal possibile default del dollaro americano (c’è tempo fino al 5 Giugno per evitare l’insolvenza) senza che il Senato abbia ancora votato un motivo ci sarà. Stanotte la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, a maggioranza Repubblicana, ha approvato l’accordo sul tetto debito che permette di sospendere il limite di 31.400 miliardi di dollari. Un accordo – definito Fiscal Responsibility Act – che sta in piedi per scommessa, con tantissimi ‘mal di pancia’ sia tra i Repubblicani (che chiedevano più rigore), sia tra i Democratici. Di fatto, si tratta di un compromesso tra il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e lo speaker Repubblicano della Camera, Kevin McCarthy. L’accordo, che diverrà legge dopo l’approvazione da parte del Senato, ridisegna la precedente versione del provvedimento. C’è un aumento del tetto del debito – che è stato fissato a 31,4 trilioni di dollari – e non rinvia la scadenza, finanzia il Green New Deal penalizzando il settore energetico tradizionale e, soprattutto, potenzia il sistema dell’IRS (l’Equitalia americana) alla faccia dei Repubblicani che chiedevano l’esatto contrario! Di fatto, il presidente Repubblicano del Congresso degli Stati Uniti d’America ha assestato uno ‘schiaffo’ al suo stesso partito per consegnarsi mani e piedi ai Democratici! Non solo. McCarthy assesta un colpo durissimo alla ricandidatura repubblicana alla presidenza degli Stati Uniti di Donald Trump, perché finanzia il controverso Chris Wray, numero uno dell’FBI, attualmente sotto accusa proprio davanti al Congresso per gli abusi commessi ai danni della Presidenza Trump. Di fatto, McCarthy si è messo d’accordo con i vari Biden, Obama, Clinton e compagnia bella, cioè con chi sta portando l’America allo sbaraglio e il mondo sull’orlo della terra guerra mondiale. I fatti sono questi, il resto sono chiacchiere.

 

Compromesso al ribasso da parte dello speaker Repubblicano della Camera, Kevin McCarthy 

Che si tratti di un compromesso al ribasso, che risolve alcuni problemi, ne lascia inalterati altri e ne crea di nuovi lo si capisce dall’esito della votazione. Tra i Repubblicani i sì sono stati 149, mentre 71 parlamentari hanno votato “No”. Spaccatura anche tra i Democratici, con 165 “Si” e 46 “No”, ai quali si sommano 4 astenuti. Ovviamente, molti deputati repubblicani hanno gridato al tradimento, attaccando frontalmente il presidente McCarthy, che rischia di essere sostituito. Insomma, stanotte le polemiche non sono mancate. E i due partiti americani sono spaccati. La parola passa adesso al Senato, dove i Democratici hanno la maggioranza, anche se di poco: a meno di colpi di scena (tutto è possibile, perché ci sono deputati e senatori che non condividono) non dovrebbero andare in scena ‘campagna acquisti’… Tutto a posto, allora? Assolutamente no. Ricordiamo che ancora oggi mezza America considera le elezioni del Dicembre 2020 truccate dai Democratici con i voti ‘postali’ e con il pesante intervento del Deep State che ha impedito a Trump di far valere le proprie ragioni   nei Tribunali. I Democratici si sono presentati chiedendo un mandato pieno – a prescindere dal voto della popolazione americana – dicendo che avrebbero risolto il problema Cina. Così il presidente Biden è andato allo scontro frontale contro la Cina: ha utilizzato l’Ucraina per attaccare la Russia scatenando una guerra e il contestuale caos internazionale con l’obiettivo di bloccare la nuova divisa alternativa al Dollaro americano promossa dal BRICS. In effetti – questo bisogna riconoscerlo – la divisa comune di alcuni Paesi del mondo alternativa al dollaro, che sarebbe dovuta partire nei primi mesi di quest’anno, si è arenata. Ma il prezzo che gli USA stanno pagando è elevato, se è vero che l’inflazione non dà tregua. Tra l’altro, la Cina ha avviato comunque il processo di ‘dedollarizzazione’ e ogni settimana spunta un Paese del mondo che non accetta più di pagare e ricevere pagamenti in dollari americani.

 

Oggi sono in tanti a rimpiangere l’ex Segretario di Stato, Mike Pompeo, che appare come un gigante rispetto ai ” cowboy-casinisti” democratici  

Oggi in America c’è chi rimprovera a Biden di aver scatenato una guerra frontale contro la Cina. A pensarlo sono tanti parlamentari Repubblicani ma anche Democratici. E non saranno certo gli ‘equilibrismi’ trasformisti dello speaker Repubblicano della Camera McCarthy a fargli cambiare idea. Oggi in tanti sono convinti che la strategia del Segretario di Stato dell’amministrazione Trump, Mike Pompeo, è stata di gran lunga più lungimirante della politica dell’attuale Segretario di Stato, Antony John Blinken. Pompeo, da abile diplomatico, aveva tenuto una linea ferma sulla Cina, ma senza esacerbare lo scontro; ed era riuscito a intrattenere ottimi rapporti con la Russia di Putin. Blinken somiglia, invece, ha un atteggiamento alla John Wayne, una sorta di cowboy che pensa di risolvere tutto con le armi. Con molta probabilità, l’accoppiata Biden-Blinken è funzionale agli interessi delle multinazionali che producono armi, mai così ricche come in questo momento storico. Ma oggi il cosiddetto Occidente industrializzato – con in testa l’America – è sempre più isolato rispetto al resto del mondo. Tutto questo mentre la Cina procede piano piano nel processo di ‘dedollarizzazione’. Questo è il motivo per il quale in America c’è chi pensa che, in questo momento storico, dopo gli errori e i danni prodotti dall’amministrazione Biden, tanto vale procedere con il default del debito americano, che assesterebbe un colpo pesantissimo alla Cina, che ha pur sempre in ‘pancia’ 900 miliardi di dollari americani. L’America trarrebbe giovamento dal default del dollaro? No. Ma avrebbe meno guai della Cina e di altri Paesi occidentali. Con il default americano salterebbe subito l’Unione europea dell’euro e gli americani potrebbero regolare definitivamente i conti con la Germania, che è la vera spina nel fianco degli Stati Uniti d’America in Europa, dal momento che la politica tedesca – Popolari e Socialdemocratici insieme – è strettamente legata alla Russia di Putin. Cosa vogliamo dire? Che piuttosto che agonizzare fino all1 Gennaio 2025, quando – se il Senato approverà il Fiscal Responsibility Act – si tornerà a parlare del debito, c’è chi preferisce ‘incasinare’ tutto oggi, mettendo in grande difficoltà la Cina e l’Unione europea ‘germanocentrica’. Chissà, magari il Senato americano a maggioranza Democratica vanificherà il voltafaccia di McCarthy…

 

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