Bene il Dop per la pasta di grano duro siciliana evitando però retorica e argomenti come lievitati e Dieta mediterranea / MATTINALE 867

22 marzo 2023
  • Sarebbe stata più logica una valorizzazione della pasta di grano duro siciliano senza l’Unione europea mangia-insetti
  • Sbagliato non coinvolgere la Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia che ha sede a Caltagirone nell’iniziativa
  • Sbagliato ‘infilare’ i lievitati di grano duro con la valorizzazione della pasta di grano duro. Evitare la retorica sulla Dieta mediterranea, che è incompatibile con la globalizzazione dell’economia
  • Sarebbe necessario anche evitare di dare i numeri sugli ettari di grano coltivati in Sicilia. Così com’è necessario rivedere il Primo Pilastro della PAC che oggi penalizza la granicoltura di Sud e Sicilia  
  • Meglio puntare sull’incremento di consumi interni di pasta prodotta con il grano duro siciliano 
  • Attenzione alla composizione del Comitato

Sarebbe stata più logica una valorizzazione della pasta di grano duro siciliano senza l’Unione europea mangia-insetti

L’assessore regionale all’Agricoltura, Luca Sammartino, dopo aver posto qualche paletto a quella grandissima schifezza degli insetti a tavola voluta dalla sempre più fallimentare Unione europea (e di questo atto meritorio bisogna dargliene atto), si cimenta in una proposta di valorizzazione della pasta prodotta con il grano duro della Sicilia. “La Regione punta al riconoscimento del marchio Dop per la pasta di grano duro siciliano“, si legge in un comunicato dell’assessore. Certo, se si fosse pensato a qualcosa di lontano dall’Unione europea, dal momento che la Denominazione di origine protetta è una delle invenzioni dell’Unione europea, sarebbe stato meglio. Ma a quanto pare non si può fare, perché per la valorizzazione dei prodotti, fino a quanto esisterà l’Unione europea, non si potrà fare ameno di adeguarsi alla stessa Ue. In realtà, la speranza di liberarci dall’Unione europea c’è, una speranza alimentata dalla stessa Unione europea che è andata ad infognarsi nella guerra in Ucraina, che significa guerra contro la Russia e contro la Cina. E’ probabile che il cosiddetto Occidente industrializzato – in testa Stati Uniti d’America e Unione europea – vadano a sbattere le corna contro Russia e Cina. Non è una mera ipotesi ma qualcosa che piano piano si sta materializzando, se è vero che dietro il crollo di Borse e banche c’è anche lo zampino della Cina. Auguriamoci che l’Unione europea collassi e che ogni Paese europeo si riprenda la propria libertà (senza insetti a tavola!). Anche la libertà di valorizzare i propri prodotti agricoli e agroalimentari come meglio crede, senza le mistificazioni ‘europeiste’. Tra l’altro, va ricordato che l’Unione europea, nel 2006, ha stravolto i regolamenti sulla percentuale di glifosato presenti nel grano duro e tenero; percentuali che sono state innalzate per consentire l’arrivo in Europa di grano canadese al glifosato, erbicida che non è certo un toccasana per la salute umana. Insomma, valorizzare il grano all’insegna dell’Unione europea è quasi comico! Va anche ricordato che otre dieci anni fa l’allora dirigente generale dell’assessorato all’Agricoltura della Regione siciliana, Cosimo Gioia, aveva messo in cantiere la realizzazione del marchio ‘Pasta di grano duro di Sicilia’, iniziativa bloccata dal Governo siciliano dell’epoca guidato da Raffaele Lombardo.

 

Sbagliato non coinvolgere la Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia che ha sede a Caltagirone nell’iniziativa

Con questa speranza che ogni giorno diventa sempre più prospettiva di medio termine non ci resta che commentare l’iniziativa dell’assessore Sammartino che, cimentandosi forse per la prima volta con il mondo del grano duro siciliano, ci regala un paio di strafalcioni quasi memorabili! “È stato avviato, infatti, l’iter per la costituzione del Comitato promotore per il riconoscimento della Denominazione di origine che sarà coordinato dal Consorzio di ricerca ‘Gian Pietro Ballatore’ al quale dovranno essere inviate le istanze per l’adesione”. Questa già è la prima cosa che non ci convince. Nulla contro il compianto professore Gian Pietro Ballatore, uno scienziato siciliano che è stato un luminare dell’Agronomia italiana. In realtà, si dovrebbe coinvolgere anche Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia che ha sede a Caltagirone, istituzione che nel mondo del grano si è guadagnata tanti meriti. Siamo certi che l’assessore Sammartino farà in modo di trovare la ‘quadra’. “Il grano duro siciliano – dice l’assessore regionale all’Agricoltura Sammartino – ha tutte le caratteristiche per incontrare il favore di consumatori sempre più attenti ai temi della qualità del prodotto e della sicurezza alimentare. Questo ha determinato un collocamento nel segmento medio-alto dei lievitati e dei prodotti da forno ricavati dalla farina del nostro grano duro, un risultato eccezionale se si considera che oggi il grano è una delle commodity per eccellenza in un mercato dominato dai grandi produttori. Un risultato il cui merito va dato ai nostri produttori e ai nostri agricoltori che hanno avuto la forza e la perseveranza di resistere anche quando producevano in perdita”.

 

Sbagliato ‘infilare’ i lievitati di grano duro con la valorizzazione della pasta di grano duro. Evitare la retorica sulla Dieta mediterranea, che è incompatibile con la globalizzazione dell’economia

Qui ci dobbiamo fermare per capire cosa ha in testa l’assessore: cosa c’entrano, infatti, i “lievitati” con la valorizzazione della pasta di grano duro della Sicilia? L’unico lievitato di grano duro che in Sicilia ha una carta diffusione è il pane, anche se è bene sottolineare che Iddio solo sa che cosa c’è nel pane che viene prodotto in Sicilia. A noi infatti risulta che sono veramente pochi i panifici siciliani che utilizzano il grano duro per la produzione del pane. Ci sono, certo, i produttori di pane tradizionale, compresi coloro i quali producono il pane con i grano antichi. Ma sono una minoranza. In ogni caso sarebbe bene tenere distanti la produzione della pasta siciliana di grano duro da valorizzare con la questione dei lievitati di grano duro. Lo stesso discorso vale per i prodotti da forno fatti con il grano duro. Sono argomenti importanti che, però, mescolati con la valorizzazione della pasta siciliana fatta con il grano duro rischiano di creare confusione. “Il marchio Dop – leggiamo sempre nel comunicato – sarà un riconoscimento innanzitutto al loro lavoro e al valore del ‘granaio’ siciliano, che combina le specificità del territorio e dell’ambiente in un prodotto alla base della Dieta mediterranea. La più sana ed equilibrata che esista”. Anche la solita bolsa retorica sulla Dieta mediterranea andrebbe evitata, che oggi è solo una grande presa per i fondelli. Oggi, infatti, non c’è un solo prodotto della Dieta mediterranea che non arrivi da aree del mondo che con l’ara mediterranea non hanno nulla a che spartire. Pensiamo al pomodoro e alla passata di pomodoro che arrivano dalla Cina, al citato grano canadese, al fatto che rinomate marche di pasta industriale italiana lavorino il grano che arriva dall’Australia. Per non parlare di quello che è successo da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, con il grano ucraino – bloccato per mesi nelle stive delle navi – arrivato in Europa invece che in Africa. Per non parlare di tutta l’ortofrutta che arriva in Italia dall’Universo mondo. Per non parlare dei legumi – lenticchie in testa – che arrivano sempre dal Canada e che, come per il grano coltivato nelle aree fredde e umide di questo Paese – sono fatte maturare artificialmente a colpi di glifosato. Sarebbe bene evitare di citare la Dietra Mediterranea se non si ha la certezza che i prodotti utilizzati non siano tutti rigorosamente prodotti nell’area mediterranea, sennò, come già accennato, è una presa in giro! Bisogna prendere atto che la Dieta mediterranea è incompatibile con la globalizzazione dell’economia.

 

Sarebbe necessario anche evitare di dare i numeri sugli ettari di grano coltivati in Sicilia. Così com’è necessario rivedere il Primo Pilastro della PAC che oggi penalizza la granicoltura di Sud e Sicilia  

Poi arriva un altro strafalcione: “La filiera del grano duro in Sicilia – leggiamo sempre nel comunicato dell’assessore Sammartino – con più di 300 mila ettari, ai quali aggiungere i 45 mila ettari coltivati in regime di agricoltura biologica, è uno dei settori chiave dell’agricoltura siciliana per il reddito degli agricoltori, il mantenimento del paesaggio rurale e la valorizzazione della cultura alimentare di Sicilia”. Egregio assessore, oggi in Sicilia si coltivano poco più di 260 mila ettari a grano, compresi i 45 mila ettari di grano coltivato in biologico (che a noi in verità sembrano un po’ troppi, anche se ieri abbiamo fatto una verifica e ci hanno detto che 5 mila ettari circa sono coltivati a grani antichi e 40 mila ettari potrebbero essere coltivati a grano biologico). Purtroppo, egregio assessore, in Sicilia non ci sono più 450 mila ettari di terreni coltivati a grano. Sia perché molti agricoltori si sono stancati di puntare su una coltura poco redditizia, sia perché c’è una pressione fortissima dei signori dell’energia fotovoltaica che consentono a un agricoltore, con il semplice affitto del terreno, di guadagnare di più rispetto alla coltivazione del grano duro. Questa è una realtà con la quale la Regione, e quindi lei, assessore, dovrete cominciare a confrontarvi. Cominciando, per esempio, a rivedere il Primo Pilastro della Politica Agricola Comune (PAC), che oggi favorisce sfacciatamente non i produttori di grano del Nord Italia ma i proprietari dei terreno a seminativo del Nord Italia, dal momento che tali contributi vengono erogati dall’Unione europea a prescindere dalla coltivazione del grano. Si informi bene e vedrà che, da alcuni decenni, con la ripartizione dei fondi del Primo Pilastro, si consuma una sperequazione ai danni di chi, nel Sud Italia e in Sicilia, il grano duro lo coltiva per davvero!

 

Meglio puntare sull’incremento di consumi interni di pasta prodotta con il grano duro siciliano 

“La pasta di grano duro siciliano, la cui origine storica risale al XII secolo – ne parla per primo il geografo arabo Edrisi, collocandone la nascita a Trabia – a partire dagli inizi degli anni 2000 si è affermata come produzione d’eccellenza, riscontrando un crescente favore dei consumatori”, leggiamo sempre nel comunicato dell’assessorato all’Agricoltura. Anche su questo punto va fatta qualche precisazione. Perché la mania delle diete, il fatto che bisogna essere tutti in linea e una pessima pubblicità che ha colpito la pasta ha ridotto in Italia il consumo pro capite di pasta. Fenomeno che riguarda soprattutto il Nord Italia, dove il consumo di pasta annuale non supera ormai i 25 kg pro capite. Vero è che Sud e in Sicilia, grazie a Dio, la pasta si continua a mangiare alla faccia di quelli che “vivono da malati per morire sani”, ma abbiamo la sensazione che bisognerebbe fare opera di marketing per innalzare i consumi di pasta in Italia. Né conviene puntare sui mercati internazionali, se non con campagne mirate e per segmenti alti di mercato, dal momento che nel mondo la pasta si produce anche con il grano tenero, cosa che è vietata in Italia. Lo scenario è complicato, assessore: un conto sono i buoni propositi, mentre altra e ben diversa cosa è operare nella realtà, soprattutto nei mercati internazionali dove non è facile battere le ‘faine’. Già sarebbe un grande successo, egregio assessore, convincere i siciliani – che sono tanti e tutti mangiatori di pasta – ad acquistare la pasta Dop siciliana, possibilmente e prezzi non eccessivi.

 

Attenzione alla composizione del Comitato 

Su Sicilia Verde leggiamo che per la costituzione del Comitato che dovrebbe dare vita alla pasta Dop siciliana è stata predisposta una scheda che i portatori di interesse dovranno compilare per chiedere l’adesione. E che di questo Comitato dovrebbero fare parte:
4 rappresentanti del segmento della pastificazione industriale ed artigianale
4 soggetti in rappresentanza del segmento molitura industriale ed artigianale
2 rappresentanti di associazioni, consorzi o cooperative di produttori siciliani di grano duro
2 soggetti rappresentanti di associazioni, consorzi o cooperative di stoccatori e produttori di sementi siciliani.
Ci auguriamo che i componenti di questo Comitato siano tutti siciliani e – con riferimento ai rappresentanti del segmento della pastificazione industriale e con riferimento al segmento molitura industriale – che si tratti di soggetti che operino con i grani duri siciliani. La nostra non è una pignoleria ma la constatazione che in Sicilia di grano duro non siciliano ne circola tanto, ma veramente tanto, assessore Sammarino.

Foto tratta da L’Informatore Agrario 

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