La sanità Lombarda nel caos per l’influenza in pediatria. Ma non è la Regione più efficiente d’Italia?/ MATTINALE 878

3 dicembre 2022
  • Per la seconda volta in due anni la sanità Lombarda va in emergenza. E’ successo con la pandemia e sta replicando nella gestione dell’influenza che colpisce i bambini
  • Dieci ore di attesa per far visitare un bambino. Che fine ha fatto in Lombardia la Medicina del territorio?  
  • L’assessore regionale Guido Bertolaso aveva previsto i problemi
  • Perché mancano i medici pubblici in Italia. Va cambiata subito la riforma sanitaria ‘sovietica’ del 1999 che ha solo tolto a tanti medici pubblici la voglia di lavorare fuori dagli ospedali 

Per la seconda volta in due anni la sanità Lombarda va in emergenza. E’ successo con la pandemia e sta replicando nella gestione dell’influenza che colpisce i bambini

Ricordate cosa successe in Lombardia durante le prime settimane della pandemia di Covid-19? La sanità pubblica andò in tilt i i malati di Covid finivano negli ospedali di altre Regioni italiane. Caos infernale frutto anche della sottovalutazione: basti ricordare le manifestazioni “Milano non si ferma” e “Bergamo- non si ferma”, tutti in piazza snobbando il virus. Ebbene, in queste ore un’altra emergenza sanitaria, che riguarda i bambini, sta colpendo Milano. Da quello che si capisce, la pediatria lombarda sembra in grande affanno. Ecco la testimonianza di una mamma che, dopo aver cercato invano di contattare il pediatra che le è stato assegnato dal servizio pubblico sanitario (per la precisione dall’AST, Agenzia di Tutela della Salute) si è vista costretta a recarsi in ospedale perché il suo bambino aveva 40 di febbre. Si è recata all’ospedale Buzzi, considerato uno dei migliori per le cure pediatriche. Ma arrivata all’ospedale si è trovata letteralmente immersa nel caos. A quanto pare, in questo momento, i virus che colpiscono i bambini sono molto diffusi. Così la donna si è ritrovata insieme a tantissime mamme con i bambini. Tutti bambini con la febbre alta e tosse. Tutti in fila ad aspettare. Tutti in un unico ambiente. Mamme con bambini sedute nelle sedie e mamme con bambini sedute a terra. Se c’era qualche bambino che magari aveva una patologia diversa dalla febbre è probabile che sia stato contagiato.

 

Dieci ore di attesa per far visitare un bambino. Che fine ha fatto in Lombardia la Medicina del territorio?  

Alla donna comunicano che dovrà aspettare – seduta a terra con il bambino – da sei a dieci ore. La signora precisa che il personale medico è stato comunque efficiente e gentile. Al bambino, durante l’attesa, è stato somministrato, la febbre si è abbassata e la mamma ha deciso di tornare a casa. la stessa signora spiega che il problema non è l’ospedale, visto che è in corso un’emergenza provocata dalla presenza simultanea di tanti virus. Il problema, spiega la signora, è che nella efficientissima Lombardia è stato impossibile contattare il medico del sistema sanitario pubblico. All’ospedale spiegano che è in corso un’emergenza e che lo stesso ospedale non può sostituirsi alla medicina del territorio che, a quanto pare, presenta problemi. Dice al quotidiano la Repubblica Gian Vincenzo Zuccotti, primario di Pediatria nell’Asst Buzzi-Sacco-Fatebenefratelli e preside della facoltà di Medicina dell’università Statale di Milano: “Il problema è che questa mamma chiama il pediatra pubblico e non trova risposte, purtroppo credo che sia un caso un po’ frequente nella nostra regione, per usare un eufemismo. Poi è ovvio che gli ospedali sono lì proprio per rispondere alle emergenze, ma non possiamo certo avere tempi di attesa ragionevoli se ci sono decine e decine di persone in coda contemporaneamente – aggiunge Zuccotti -. Al Buzzi abbiamo avuto 144 accessi al Pronto soccorso nelle ultime 24 ore. Di questi 47 sono codici gialli, che sono tanti casi, classificati quindi come non urgenti, cose che potrebbero tranquillamente essere affrontare anche in ambito non ospedaliero. Questo genera la situazione che denuncia questa mamma, comprensibilmente preoccupata”.

 

L’assessore regionale Guido Bertolaso aveva previsto i problemi

Scopriamo così per la seconda volta che nella Lombardia governata dalla Lega e nella Milano governata dal PD la sanità non riesce a fornire risposte tempestive alla popolazione, in questo caso ai bambini. E’ successo nei primi mesi della pandemia e, adesso, succede con i virus che colpiscono i bambini. E dire che prima dell’esplosione dell’emergenza l’assessore regionale al Welfare, Guido Bertolaso, aveva lanciato l’allarme sull’influenza che si stava diffondendo, soprattutto tra i bambini. L’allarme c’è stato, ma gli interventi messi in atto per prevenire i problemi, a quanto pare, non sono stati efficaci. C’è un problema di medicina del territorio carente che finisce per creare caos negli ospedali; e c’è anche un problema legato alla carenza di medici. Il problema è sentito nella pediatria ma in realtà riguarda tutti gli ospedali italiani. Bertolaso dice che in Lombardia il problema è legato ai medici che vanno in pensione. In realtà, il vero problema dei medici ospedalieri italiani è che sono i meno pagati d’Europa. Un giovane medico italiano appena specializzato, se trova l’opportunità, va a lavorare in altri Paesi dove viene pagato di più e rischia di meno. Eh già, perché lavorare in un ospedale pubblico italiano, oggi, è più rischioso, perché nel caos è più facile commettere errori non voluti.

 

Perché mancano i medici pubblici in Italia. Va cambiata subito la riforma sanitaria ‘sovietica’ del 1999 che ha solo tolto a tanti medici pubblici la voglia di lavorare fuori dagli ospedali 

Quello che succede è il frutto di scelte politiche sbagliate. Non solo i medici ospedalieri italiani sono i meno pagati d’Europa ma sono vincolati a una legge ‘sovietica’ e cervellotica approvata nel 1999 (legge Bindi) che vincola l’attività privata per un medico pubblico alla rinuncia a circa 600-800 euro al mese dallo stipendio; l’alternativa sarebbe la cosiddetta attività ‘intramoenia’, visite da erogare all’interno dell’ospedale con le prestazioni che vengono pagare allo stesso ospedale che poi gira il 70% circa del pagamento al medico. Una legge a nostro avviso sbagliata, pensata per colpire i medici che non denunciavano al Fisco i soldi che guadagnavano con le visite private. Invece di attuare i controlli è stato creato un sistema che scoraggia i medici pubblici a lavorare al di fuori degli ospedali, riducendo, di fatto, le prestazioni mediche in favore dei cittadini. Tutto questo in un Paese dove si va avanti con il numero chiuso nelle facoltà di Medicina. Non ci vuole molto a capire che tra basse retribuzioni dei medici pubblici, giovani medici che se possono emigrano, numero chiuso nelle facoltà di Medicina, pensionamenti e la cervellotica legge ‘sovietica’ del 1999 è diventato difficile trovare medici. In più, Italia, negli ultimi anni, sono stati tolti alla sanità quasi 40 miliardi di euro. Alla sola Regione siciliana, dal 2009 ad oggi, lo Stato italiano ha tolto oltre 8 miliardi di euro e non ha alcuna intenzione di restituirli. Il tutto con la ‘benedizione’ dei politici siciliani – sia quelli che stanno in Sicilia, sia quelli che stanno a Roma – che non sono stati capaci di difendere la sanità della nostra Isola.

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