Berlusconi, quando propone una soluzione per la guerra in Ucraina, parla a titolo personale o c’è l’accordo con gli USA?/ MATTINALE 829

31 ottobre 2022
  • La svolta nella guerra in Ucraina passerà per un ridimensionamento di Zelensky?
  • Non è forse la crisi economica che sta colpendo Stati Uniti d’America e Unione europea – recessione + inflazione, come nei primi anni ’70 del secolo passato – a imporre un cambiamento di passo in Ucraina? 
  • Le previsioni di pace dopo la vittoria degli anglosassoni del blog di Federico Dezzani si avvereranno?  
  • I Democratici americani faranno qualcosa entro l’8 Novembre, giorno in cui si celebreranno le elezioni americane di metà mandato?

La svolta nella guerra in Ucraina passerà per un ridimensionamento di Zelensky?

 

Nel MATTINALE di qualche giorno fa abbiamo scritto che Silvio Berlusconi, oggi, è l’unico leader europeo in grado di far tornare la pace tra l’Unione europea e la Russia di Putin. I fatti cominciano a darci ragione. Berlusconi ha detto a chiare lettere che si può arrivare a una trattativa di pace nel conflitto ucraino. Come? “Solo se, a un certo punto, l’Ucraina capisse di non poter più contare sulle armi e sugli aiuti e se, invece, l’Occidente promettesse di fornirle centinaia di miliardi di dollari per la ricostruzione delle sue città devastate dalla guerra. In questo caso Zelensky, forse, potrebbe accettare di sedersi al tavolo per una trattativa”. E’ chiaro che questo è il primo, importate passo verso una possibile soluzione del conflitto, che non è detto che debba passare da un accordo con l’Ucraina di Zelensky. Ben venga, certo, la partecipazione del Governo ucraino al processo di pace, anche se la prospettiva è improbabile, almeno nel breve periodo. Così com’è improbabile che chi, in Europa, produce e vende armi, possa accettare l’inizio di un processo di pace in Ucraina, soprattutto se tale processo di pace passi da un inevitabile isolamento della stessa Ucraina. Il problema, però, non è solo umanitario, ma anche economico. Ci spieghiamo meglio.

 

Non è forse la crisi economica che sta colpendo Stati Uniti d’America e Unione europea – recessione + inflazione, come nei primi anni ’70 del secolo passato – a imporre un cambiamento di passo in Ucraina? 

 

I continui armamenti che l’Occidente – Stati Uniti d’America e Unione europea in testa – sta provocando una crisi economica pesante. Una crisi dove inflazione e recessione si sommano come avvenne nei primi anni ’70 dopo la guerra del Kippur. Gli Stati Uniti sono già più volte intervenuti per innanzare i tassi di interesse, e la stessa cosa ha fatto la Banca Centrale Europea (BCE). Ma la crisi economica continua a non dare tregua. Negli USA è più contenuta, nella Ue è sempre più pesante. Negli Stati Uniti i Democratici – che nel Dicembre del 2020 hanno vinto le elezioni presidenziali ‘taroccandole’, non possono ‘taroccare’ anche le elezioni di metà mandato che si celebreranno il prossimo 8 Novembre. Già qualche segnale brutto è arrivato. Nel corso di una manifestazione dei Democratici l’ex presidente Barack Obama – che continua ad essere il vero leader di questo partito – è stato contestato da gruppi di elettori del partito Democratico che chiedono la pace. Gli americani debbono lanciare un segnale al proprio elettorato prima dell’8 Novembre, cioè nella settimana che si apre oggi.

 

Le previsioni di pace dopo la vittoria degli anglosassoni del blog di Federico Dezzani si avvereranno?  

 

Riprendiamo quanto ha scritto nelle scorse settimane il blog di Federico Dezzani, che considera Putin un allievo di Henry Kissinger. La tesi di Dezzani è che  “Vladimir Putin, ‘l’allievo di Henry Kissinger’, non abbia mai voluto riportare una schiacciante vittoria militare in Ucraina ma, al contrario, sia più o meno velatamente d’accordo con gli anglosassoni per un conflitto ‘controllato’ in Ucraina. I vantaggi riportati dagli anglosassoni, in questi primi sette mesi di guerra, sono così eclatanti ed evidenti che, in ogni caso, si può già apertamente parlare di una schiacciante vittoria per Washington e Londra. Grazie, infatti, alla decisione di Vladimir Putin di invadere l’Ucraina ed alla sua ‘maldestra’ gestione della guerra, gli anglosassoni hanno:
portato l’intera Penisola Scandinava nella NATO, compresi i Paesi prima neutrali (Svezia e Finlandia);
ottenuto l’accesso de facto dell’Ucraina alla NATO, che sta ricevendo armamenti sempre più moderni e sofisticati dall’Occidente;
trascinato l’Unione Europea verso una nuova crisi energetica/finanziaria;
distrutto i gasdotti tra Russia e Germania, colpendo al cuore il sistema industriale tedesco;
riconquistato competitività industriale e incassato lauti guadagni dalla vendita di gas liquefatto (per quanto riguarda gli USA, meno l’Inghilterra);
distrutto il nocciolo delle forze armate russe e “sistemato le cose” sul fronte occidentale in vista del confronto con la Cina”.

 

I Democratici americani faranno qualcosa entro l’8 Novembre, giorno in cui si celebreranno le elezioni americane di metà mandato?

 

“Gli angloamericani – prosegue Dezzani –  alla luce dei successi riportati, dovrebbero edificare un monumento a Vladimir Putin che, con investimenti modesti, ha consentito loro di agguantare enormi guadagni. Diversi elementi, infatti, inducono ormai a pensare che nei prossimi mesi si arrivi ad una qualche forma di armistizio/negoziato che consenta a Vladimir Putin di rimanere in sella e chiudere il conflitto in maniera più o meno onorevole. Tuttora, grazie alla fiammata dei prezzi degli idrocarburi, Mosca sta già incassando molte più risorse rispetto al periodo pre-bellico: è stato stimato che lo sforzo bellico in Ucraina sia stato in gran parte finanziato dalle maggiori entrate derivanti dalla vendita del metano e del petrolio. Tuttavia, ciò non sarebbe certamente sufficiente a Vladimir Putin per ‘salvare la faccia’: occorre qualche guadagno territoriale tangibile. Tutto lascia supporre, quindi, che la controffensiva ucraina proseguirà sino almeno alla totale riconquista della sponda occidentale del Dniepr, ossia alla liberazione della regione di Kherson. A quel punto, Kiev sarà sufficientemente forte e Mosca sufficientemente umiliata per chiudere il conflitto, o più probabilmente ‘congelarlo’ a tempo indefinito: in sede di negoziati, Putin potrebbe vedersi riconosciuto il controllo sostanziale (ma non formale) del ponte terrestre che unisce la Russia alla Crimea e, quindi, del Mar di Azov gravitante attorno alla città di Mariupol. Una conclusione ‘onorevole’ che permetterebbe all’allievo di Henry Kissinger di rimanere saldamente al potere, in vista del prossimo conflitto tra anglosassoni e cinesi”. E’ in questo scenario che potrebbe inserirsi il ruolo di Berlusconi nell’Unione europea. Ed molto improbabile che Berlusconi si muova senza la sponda americana. Non sappiamo se i Democratici che governano gli Stati Uniti presseranno per dare un segnale prima delle elezioni di metà mandato dell’8 Novembre, o se prenderanno ancora tempo mettendo nel conto una possibile sconfitta elettorale. Anche se un fatto appare certo: così come in Europa l’opinione pubblica è contraria alla guerra in Ucraina che sta provocando una sempre più pesante crisi economica, anche negli Stati Uniti d’America l’opinione pubblica non vuole la guerra. Insomma, sarà l’economia che detterà l’agenda politica in Ucraina. E l’economia dice che la guerra deve finire.

Foto tratta da Il Paragone 

 

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