Silvio Berlusconi grande mediatore tra l’Unione europea e la Russia di Putin?/ MATTINALE 827

28 ottobre 2022
  • Se lo scenario dovesse essere questo – e la Ue tornerebbe ad avere il gas russo – Berlusconi non diventerebbe l’uomo politico tra i più importanti d’Europa?
  • Se è vero che gli americani hanno intenzione di abbassare i toni in Ucraina perché il leader di Forza Italia non potrebbe approfittarne?
  • Gianfranco Miccichè presidente dell’Assemblea regionale siciliana per la terza volta con i voti delle opposizioni? 
  • Ve l’immaginate i grillini siciliani che votano per Gianfranco Miccichè? 
  • Non è che il presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, si ritroverà a Sala d’Ercole una maggioranza diversa da quella di centrodestra che l’ha eletto? 

Se lo scenario dovesse essere questo – e la Ue tornerebbe ad avere il gas russo – Berlusconi non diventerebbe l’uomo politico tra i più importanti d’Europa?

 

Silvio Berlusconi mediatore tra Unione europea e Russia? E perché no? Sono noti da anni i rapporti di amicizia tra il leader di Forza Italia e il presidente russo. Ed è altrettanto noto che, senza il gas russo, l’Europa non ha dove andare. Si tratterebbe di mettere un po’ le cose a posto con gli Stati Uniti che, in questa fase, fanno sempre la faccia truce con la Russia e manifestano solidarietà all’Ucraina. Ma c’è anche la possibilità che gli americani – alle prese con una crisi economica epocale, avendo già raggiunto i propri obiettivi, ovvero la creazione del caos nei rapporti commerciali tra gli Stati nel mondo per frenare l’attacco cinese all’area del dollaro – possano decidere un mezzo stop in Ucraina, Paese che è stato proficuamente utilizzato per incasinare Russia e Unione europea. Insomma, un po’ sacrificato dal nuovo Governo di Giorgia Meloni, l’ex Cavaliere potrebbe tornare in auge diventando, a 86 anni, l’uomo politico del momento nell’Unione europea. Sarà così? Il fondatore di Forza Italia ha dovuto prendere atto che, nella formazione del nuovo Governo, la sua influenza è stata, se non pari a zero, magari a qualcosa che gli somiglia. Ha provato, Berlusconi, a far nominale la federe Maria Elisabetta Casellati, presidente del Senato nella passata legislatura, al Ministero della Giustizia. Ma ha trovato un muro nella presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni. Non solo non ha ottenuto quello che chiedeva, ma è stato costretto a recarsi nella sede romana di Fratelli d’Italia. Poi un po’ se n’è pentito, ma ormai i giochi erano fatti. Il Governo Meloni, piaccia o no a Berlusconi, ormai c’è e non è quello immaginato dal leader di Forza Italia. Quello che l’ormai ex leader del centrodestra italiano non riesce a ‘digerire’ non è soltanto la perdita della leadership, ma anche la prospettiva di contare sempre di meno. Dopo varie vicissitudini giudiziarie durate quasi un decennio è rientrato al Senato: ma l’idea di essere un semplice senatore e di dover vedere governare coloro i quali, un tempo, dipendevano da lui, no, non riesce proprio a sopportarla.

 

Se è vero che gli americani hanno intenzione di abbassare i toni in Ucraina perché il leader di Forza Italia non potrebbe approfittarne?

 

Chi ha un po’ di memoria ricorderà che Francesco Cossiga, grande figura della DC, più volte Ministro, capo del Governo e poi presidente della Repubblica, negli ultimi anni della sua vita politica si ritagliò il ruolo di ‘picconatore’. Ne diceva di cotte e di crude, utilizzando le tante cose che aveva appreso nella sua lunga attività politica, ora per seminare zizzania, ora per levarsi i sassolini dalle scarpe. In un certo senso – anche se la caratura politica è diversa – sembra che Berlusconi abbia deciso di cominciare a ‘picconare’ il Governo di Giorgia Meloni. Le parole che nei giorni scorsi ha pronunciato sul presidente della Russia, Putin, come già ricordato, suo vecchio amico, e in generale in materia di politica estera non stanno certo favorendo Antonio Tajani, l’esponente di Forza Italia che è stato chiamato alla Farnesina. Di fatto – stando a quello che si vede nel Governo – Tajani è l’unico esponente di Forza Italia che è stato chiamato a gestire un Ministero di peso. Anzi, per essere precisi, Tajani gestisce il Ministero più importante del Governo, perché il Ministero degli Esteri, soprattutto in questo momento storico, è centrale. Si fida, Berlusconi, di Tajani? Sicuramente sì, altrimenti in questi anni non gli avrebbe affidato il partito. Però adesso Tajani è cresciuto troppo e c’è anche il dubbio che al Ministero degli Esteri faccia prevalere gli interessi del Governo. Piacerà all’ex Cavaliere? Non è facile fare previsioni, perché la nuova versione di Berlusconi, oggi, è imprevedibile. Prima il riferimento alla sua ritrovata amicizia con Putin (ma qualcuno crede veramente che Berlusconi abbia interrotto la sua amicizia con il leader russo?); poi la sviolinata sul presidente ucraino Zelensky e le considerazioni sui rischi che la NATO sta facendo correre al mondo e sui massacri di ucraini nel Dombass negli ultimi sette-otto anni. Tutte cose vere, per carità. Certo, poi al Senato, nel giorno della fiducia al nuovo Governo, ha mostrato il suo volto atlantista. Ma va da sé che le affermazioni pronunciate qualche settimana fa, a ruota libera, creano un certo disagio, perché arrivano da un uomo politico che ha rivestito varie volte la carica di capo del Governo italiano. Quando si arriva a quel livello, è chiaro, si ha accesso a informazioni che non sempre sono di dominio pubblico. Così certe parole pronunciate da Berlusconi fanno riflettere. Che ha in testa Berlusconi? Le ipotesi sono tante. Come già accennato, la strategia del leader di Forza Italia potrebbe essere quella di cominciare a logorare dal di dentro il Governo Meloni. Perché? Magari perché Berlusconi è forse l’unico politico italiano in grado di dialogare con Putin. Se è vero – come abbiamo ipotizzato nelle scorse settimane – che gli americani avrebbero intenzione di abbassare i toni in Ucraina, con la sponda statunitense Berlusconi potrebbe provare a far riavvicinare la Russia all’Unione europea. Ribadiamo, sempre in accordo con gli Stati Uniti. Sarebbe un colpaccio che lo renderebbe molto più popolare della Meloni, che appare troppo ‘schiacciata’ sulla retorica dell’Ucraina Paese sovrano invaso e bla bla bla. Vedremo cosa succederà nel futuro.

 

Gianfranco Miccichè presidente dell’Assemblea regionale siciliana per la terza volta con i voti delle opposizioni? 

 

Una strategia simile a quella dell’ex Cavaliere la sta seguendo in Sicilia il pupillo dello stesso Berlusconi, Gianfranco Miccichè. Qualcuno si era illuso che Miccichè avrebbe lasciato la Sicilia. Come scriviamo da tempo, il quasi settantenne Miccichè persegue un obiettivo: la rielezione alla presidenza dell’Assemblea regionale siciliana. Se non dovesse riuscire ad andare a presiedere per la terza volta il Parlamento dell’Isola vorrebbe, in alternativa, la gestione dell’assessorato alla Salute-Sanità. Ma siccome sta trovando ostacoli sia per la presidenza dell’Ars, sia per la gestione della sanità siciliana, sta cominciando a scalciare. Per chiarezza: trovare ostacoli non significa non avere raggiunto uno dei due obiettivi. La partita è aperta e Miccichè la sta giocando. Nella nuova Assemblea regionale siciliana, sulla carta, il presidente della Regione, Renato Schifani, dovrebbe contare su una maggioranza di 40 deputati su 70. Ma anche se Schifani è un esponente di Forza Italia, non è detto che questo partito lo appoggerà in tutto e per tutto. Per la precisione, non è detto che i parlamentari fedeli a Miccichè non seguano lo stesso Miccichè nelle sue ‘scorribande’ parlamentari, come hanno fatto nella passata legislatura contro il Governo di Nello Musumeci. Se Miccichè, quando Sala d’Ercole si riunirà per eleggere il presidente dell’Ars, dovesse riuscire a far confluire su di sé i voti di tutt’e 30 i parlamentari dell’opposizione, portandosi dietro almeno sei depurati di Forza Italia (compreso il suo voto), verrebbe eletto per la terza volta presidente del Parlamento dell’Isola Fantapolitica? Chissà.

 

Ve l’immaginate i grillini siciliani che votano per Gianfranco Miccichè? 

 

Ma cosa ci guadagnerebbero le opposizioni? Creare il caos in Assemblea regionale e nel Governo Schifani? E cosa ci guadagnerebbe il centrodestra siciliano nel far partire una legislatura all’insegna delle divisioni? E cosa ci guadagnerebbe – soprattutto – il Movimento di Cateno De Luca nel ritrovarsi alleato di Miccichè e, di fatto, di Berlusconi? L’unico a guadagnarci sarebbe Miccichè, che per acciuffare la poltrona che gli interessa romperebbe gli equilibri del centrodestra e del Governo regionale. Più che politica sarebbe anti-politica. Tra l’altro, in queste ore il senatore del Movimento 5 Stelle, Roberto Scarpinato, per anni magistrato di punta a Palermo nella lotta alla mafia, ha attaccato il centrodestra siciliano ricordando che la mafia, in Sicilia, non è stata e non è estranea alla politica. Rivolto alla presidente del Consiglio Meloni, Scarpinato ha affermato: “Riguardo alla sua dichiarazione di fermezza contro la mafia, mi auguro che sia tenuta ferma contro quella dei colletti bianchi che va a braccetto con la corruzione. Anche se mi consenta di nutrire perplessità, tenuto conto che il suo governo si regge sui voti di una forza politica il cui leader ha mantenuto rapporti pluriennali con i mafiosi e che ha tra i suoi leader fondatori Marcello Dell’Utri”. Il riferimento a Marcello Dell’Utri potrebbe creare qualche problema alle opposizioni del Parlamento siciliano, qualora dovessero decidere di votare Gianfranco Miccichè alla presidenza dell’Assemblea regionale siciliana, perché lo stesso Miccichè è stato, per anni, il braccio destro di Dell’Utri. A Roma, al Senato, il neo-grillino Scarpinato attacca il centrodestra sulla mafia, citando anche Dell’Utri, e in Sicilia i grillini dovrebbero votare Miccichè presidente del Parlamento siciliano? Tutto è possibile.

 

Non è che il presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, si ritroverà a Sala d’Ercole una maggioranza diversa da quella di centrodestra che l’ha eletto? 

 

Lo scenario politico siciliano si complica. Il presidente della Regione, Schifani, al quale in queste ore in tanti, nel centrodestra, tirano la giacca, è un parlamentare nazionale di grande esperienza, ma non ha molta dimestichezza con i riti della politica regionale siciliana. E infatti è caduto in una trappola mediatica. A un certo punto, ha espresso critiche decisamente fuori luogo verso il quotidiano La Sicilia che, negli articoli di politica regionale cerca – come si fa sempre – di raccontare i retroscena, soprattutto prima che si materializzino scelte importanti come la nascita della nuova Giunta regionale. Schifani ha messo nero su bianco riflessioni che, forse, avrebbe fatto bene a tenere per sé. Così gli è arrivata addosso una nota di Giulio Francese, Santino Franchina, Orazio Raffa, Attilio Raimondi, Daniele Ditta, Maria Pia Farinella, Roberto Immesi, Graziella Lombardo e Viviana Sammito, consiglieri nazionali siciliani del sindacato Figec, la Federazione Italiana Giornalismo Editoria Comunicazione: “Schifani rispetti il lavoro dei giornalisti. Il mondo dei giornali e dell’informazione più in generale sta attraversando una grave crisi dovuta a tanti fattori. È fondamentale da parte delle istituzioni evitare atteggiamenti che possano contribuire a danneggiare la credibilità nella stampa delegittimando il lavoro svolto dalle redazioni e dei giornalisti”. La nota della Figec commenta le dichiarazioni del presidente della Regione Schifani, che ha definito un articolo su La Sicilia “frutto di fantasia” e tendente a “destabilizzare una fase politica delicata”. Schifani ha inoltre detto che “l’auspicio è che giornalisti e giornali abbiano sempre il buon fine di informare attraverso notizie fondate e serie”. Parole che, secondo la Figec, possono risultare “offensive verso un quotidiano storico come La Sicilia e le sue autorevoli firme che di certo hanno sempre svolto il proprio lavoro con grande attenzione, professionalità e senso del dovere”. Come si direbbe in Sicilia, cu c’ammisca? Questi, sempre per dirla secondo la tradizione ‘etologico-politica’ siciliana (filosofia del comportamento politico), sunnu guai accattati… Ma il vero problema di Schifani è Miccichè. Se, come abbiamo accennato, Miccichè riuscirà a farsi eleggere presidente dell’Assemblea regionale con i voti dell’opposizione, il centrodestra uscirebbe sconfitto e il presidente della Regione, Schifani, dovrebbe prendere atto della fine del centrodestra siciliano e della nascita di un’altra maggioranza in Aula. Perché è chiaro che i deputati di Forza Italia che potrebbero eleggere Miccichè presidente dell’Assemblea regionale insieme con l’opposizione tornerebbero a votargli contro in Aula su questa o quella legge… Forte di questo, come dire?, scenario politico a ‘coda di topo’, Miccichè potrebbe dire al centrodestra e, soprattutto, a Fratelli d’Italia, partito al quale spetta la presidenza del Parlamento siciliano: o eleggete me o il diluvio…

Foto tratta da Il Riformista 

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