Cateno De Luca candidato alla presidenza della Regione da PD, Miccichè, Autonomisti e Lega? Elezioni amare per i grillini/ MATTINALE 671

14 giugno 2022
  • Con la vittoria schiacciante del suo candidato a Messina De Luca potrebbe diventare il cavallo vincente degli inciucisti del centrodestra che vogliono l fine politica del presidente uscente, Nello Musumeci 
  • Elezioni amare per Giuseppe Conte. Che dovrà superare le contraddizioni 
  • Matteo Salvini e le Regioni del Nord che gli hanno ‘ammazzato’ la Lega partito politico nazionale  
  • Enrico Letta nasconde gli insuccessi del PD

Con la vittoria schiacciante del suo candidato a Messina De Luca potrebbe diventare il cavallo vincente degli inciucisti del centrodestra che vogliono l fine politica del presidente uscente, Nello Musumeci 

Già dai dati disponibili è possibile provare a fare il punto della situazione su questa tornata elettorale in Italia. Sono elezioni amministrative, certo. Ma è innegabile negare che hanno anche un significato politico. A Palermo ha vinto il candidato Sindaco Roberto La Galla, esponente del centrodestra. Ma le elezioni sono irregolari. A nostro modesto avviso, i palermitani verranno richiamati alle urne, perché non può passare il principio che decine di seggi rimangano chiusi fino alle 13,00 impedendo ai cittadini di votare per sei-sette ore! A Palermo ha voltato solo il 41% degli elettori sia perché in un Paese ormai alla frutta hanno fatto coincidere il giorno delle elezioni comunali con quella di un’importante partita di calcio, sia perché per mezza giornata alcuni seggi sono rimasti chiusi. Con molta probabilità, ripetendo le elezioni vincerebbe di nuovo La Galla. In Sicilia l’analisi del voto si incrocia con le elezioni regnali di Novembre. Il centrodestra siciliano rimane diviso. Gianfranco Miccichè e, supponiamo, gli Autonomisti di Raffaele Lombardo e Roberto Di Mauro e la Lega sono contrari alla ricandidatura del presidente uscente, Nello Musumeci. Che si ricandiderà comunque. Miccichè, come scriviamo da oltre un anno, per essere rieletto alla presidenza dell’Assemblea regionale siciliana – che è l’unica cosa che gli interessa – non può fare vincere il centrodestra con Musumeci presidente, perché non lo rieleggerebbero mai a capo del Parlamento dell’Isola. Da qui il probabile inciucio tra PD, Forza Italia di Miccichè, Autonomisti, Lega e, magari, qualche grillino ‘sparso’. Questi partiti potrebbero avere trovato il candidato per la presidenza della Regione siciliana: l’ex Sindaco di Messina, Cateno De Luca. Perché De Luca? Perché nella Città dello Stretto il candidato Sindaco appoggiato dal movimento Sicilia Vera di De Luca, Federico Basile, ha vinto con quasi il 50% dei voti, ovviamente al primo turno. A questo punto De Luca, che ha mostrato la sua forza elettorale, potrebbe diventare il candidato anti-Musumeci del partito degli inciucisti. Non dovrebbe essere della partita Claudio Fava con la sua lista-partito Cento Passi. Anche Fava potrebbe candidarsi alla guida della Sicilia appoggiato dalla parte maggioritaria del Movimento 5 Stelle della Sicilia contrario all’accordo con PD, Miccichè, Autonomisti e Lega. Non è da escludere che Azione di Carlo Calenda e + Europa appoggino Fava che ieri, forse non a caso, si è quasi complimentato con Fabrizio Ferrandelli – il candidato Sindaco di Palermo di Azione e + Europa – che ha preso il 15% dei voti.

Elezioni amare per Giuseppe Conte. Che dovrà superare le contraddizioni 

A livello nazionale il primo dato politico che salta agli occhi è la sconfitta di alcuni partiti che appoggiano il Governo di Mario Draghi. Ebbene, la sconfitta più eclatante è quella del Movimento 5 Stelle. Ricordiamo che alle ultime elezioni europee del 2019 i grillini si attestarono al 15%, un po’ meno delle metà del 32% ottenuto alle elezioni politiche del 2018. Oggi ‘viaggiano’ tra il 6 e l’8%. Vero è che alle amministrative, a parte alcune vittorie – Roma e Torino, quando il Movimento era in auge – i grillini non hanno mai brillato. Ma il risultato di queste elezioni sta molto stretto a Giuseppe Conte, che infatti di è detto “insoddisfatto”. In realtà, Conte e il Movimento 5 Stelle – che peraltro perdono voti in quasi tutte le elezioni dove si sono presentati con il PD – scontano contraddizioni che ormai indeboliscono il Movimento, che oggi regge grazie al carisma di Conte e al Reddito di cittadinanza. Tutti sanno che Conte non la pensa come quasi tutti Ministri e Sottosegretari grillini. In questi mesi Conte ha provato a ‘smarcarsi’ dal Governo di Draghi sulla guerra in Ucraina e sull’invio di armi alla stessa Ucraina. Ma questo non basta. Un’altra contraddizione è la natura politica stessa del Movimento: se è un Movimento autonomo dal PD perché in alcune città si presenta con la propria lista e in altre città ‘squagliato’ nel PD? Il Partito Democratico vede come fumo negli occhi la presenza alle elezioni della lista del Movimento 5 Stelle capeggiata da Conte, perché per il 70-80% prenderebbe voti del PD. Conte, da parte sua, non può pensare di continuare ad andare avanti nell’ambiguità. Non si tratta di uscire dal Governo. Si tratta di dire con chiarezza: questo è il Movimento, che potrebbe essere il Movimento 5 Stelle o anche il partito di Conte: chi ci sta fa parte del Movimento, chi non ci sta è fuori. Una mossa che metterebbe in grande difficoltà quasi tutti i Ministri e Sottosegretari grillini, per i quali il seguito elettorale è oggi un punto interrogativo e che, magari, pensano di farsi un altro ‘giro’ in Parlamento da candidati in collegi sicuri del centrosinistra a ‘trazione’ PD. Ma per ottenere le ricandidature nel centrosinistra, Ministri e Sottosegretari grillini debbono fare sparire il Movimento 5 Stelle. Questo, per grandi linee, lo scenario. Ormai mancano otto mesi alle elezioni politiche nazionali e Conte e i parlamentari che lo seguono non possono continuare a tergiversare, sennò perderanno anche i voti legati al carisma dello stesso Conte e al Reddito di cittadinanza.

Matteo Salvini e le Regioni del Nord che gli hanno ‘ammazzato’ la Lega partito politico nazionale  

Anche la Lega di Matteo Salvini è alle prese con una grande contraddizione. La Lega è entrata a far parte di un Governo nazionale – il Governo Draghi – per volere delle Regioni del Nord amministrate dal centrodestra: Lombardia, Veneto, Piemonte, Friuli Venezia Giulia. Per queste Regioni il Governo Draghi sta funzionando, se è vero che tutto il Nord si è preso l’80% dei fondi del Pnrr (Sud e Sicilia avrebbero dovuto avere il 67% del Pnrr, invece avranno il 20%!), una parte aggiuntiva del Feasr e, tra qualche settimana, le Regioni del Nord scipperanno alle Regioni del Sud e alla Sicilia altri 60-70 miliardi all’anno con l’approvazione di quella grande truffa incostituzionale chiamata pomposamente Autonomia differenziata. Ma tutto questo non sta premiando la Lega. Al Nord la Lega perde terreno in favore di Fratelli d’Italia; mentre al Sud e in Sicilia il partito di Salvini resiste perché va in scena una sorta di balordaggine politica, con elettori meridionali e siciliani che votano una forza politica che, in combutta con gli altri partiti che appoggiano il Governo Draghi, li sta depredando. Sì, il caso della Sicilia, da questo punto di vista, è paradigmatico. In Sicilia ormai votano 4-5 elettori su 10. Chi nella nostra Isola vota Lega lo fa non perché è leghista, ma perché va dietro a esponenti politici che potrebbero stare in qualunque schieramento politico. In alcuni casi si tratta di clientelismo, in altri casi di politici molto radicati nel territorio. La Lega nel Sud e in Sicilia non è un partito vero: è una sommatoria di piccoli ‘feudatari’ che seguiranno Salvini fino a un certo punto. Il fatto che il Nord stia scippando i fondi del Pnrr a Sud e Sicilia non farà gioco, perché tanto sono soldi che non c’erano; ma quando metteranno in atto l’Autonomia differenziata e meridionali e siciliani dovranno pagare di più per mandare i figli a scuola e per farsi curare, ebbene, a questo punto lo scenario cambierà. In questo secondo caso, infatti, non si tratterà di soldi che non c’erano e che non entreranno, ma di soldi che dovranno uscire dalle tasche dei cittadini meridionali e siciliani per foraggiare gli amici del Nord. A questo punto i cittadini meridionali e siciliani si incazzeranno, ma quando questo avverrà gli attuali ‘feudatari’ oggi nella Lega saranno già andati via dalla Lega. Ecco la contraddizione di Salvini: vorrebbe dare vita a un partito politico nazionale, ma le Regioni del Nord derubano Sud e Sicilia; ma le Regioni del Nord, alla fine, sono gli ‘azionisti di maggioranza’ della Lega e comandano. Solo che la Lega ‘nordista’ perde voti al Nord a scapito di Fratelli d’Italia, perché piaccia o no, il Governo Draghi sta portando l’Italia allo sbaraglio, sia per propri limiti, sia perché il contesta internazionale – guerra in Ucraina in testa – non aiuta l’attuale presidente del Consiglio; ma, soprattutto, la Lega, con il Governo Draghi rapina-Sud e Sicilia è destinata a scomparire nel Sud e in Sicilia.

Enrico Letta nasconde gli insuccessi del PD

E il PD? Il segretario Enrico Letta nasconde gli insuccessi dicendo che il PD è il primo partito in Italia. Se il Partito Democratico avesse almeno il 30% dei voti il suo ragionamento avrebbe un senso. Ma oggi il PD arriva, sì e no, al 20%. Se in questa legislatura ha continuano a tenersi i più importati Ministeri (a cominciare dal Ministero degli Interni, che gestisce il grande affare dei migranti) lo deve ai voti in Parlamento dei grillini che, di fatto, hanno tradito il proprio elettorato. I grillini, nel 2018, sono stati eletti in contrapposizione al PD; dal 2019, di fatto, sono nelle mani del PD e ne stanno pagando le conseguenze. Se il PD riuscirà ad ‘accoppare’ politicamente Conte, impedendogli di presentare la lista alle elezioni politiche del prossimo anno, potrebbe anche prendere il 25%; ma se Conte – cosa più probabile – riuscirà a presentare la lista del Movimento 5 Stelle o una lista con il nome dello stesso Conte (che forse avrebbe maggiore ripresa sull’elettorato), il PD rischierebbe di scivolare al 14-15%. Di più: con molta probabilità, nel Marzo del prossimo anno, quando si voterà per le elezioni politiche, l’Unione europea non sarà quella di oggi, è probabile che si saranno due aree euro: un’area euro ‘forte’ e una ‘debole’, senza escludere la possibile scomparsa della moneta unica europea invisa agli Stati Uniti che, nello scontro con la Cina per tutelare l’area del dollaro, considerano l’euro un problema da eliminare. Per Letta – che in Italia è uno dei ‘sacerdoti’ dell’europeismo – sarà un problema in più.

 

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