L’Indonesia blocca l’export di olio di palma. Caos e inflazione nei mercati mondiali degli oli vegetali

26 aprile 2022
  • Al di là delle campagne mediatiche di denigrazione dell’olio di palma andate in scena nell’Occidente negli ultimi anni (forse per tenere basso il prezzo di questo prodotto?) la situazione ora si complica, perché l’olio di palma è il grasso vegetale più utilizzato nel Pianeta
  • Il report di Sandro Puglisi conferma problemi climatici nelle aree degli Stati Uniti d’America dove si produce il grano 
  • In Russia invece il clima è perfetto e si attende una produzione record di grano 

Al di là delle campagne mediatiche di denigrazione di questo prodotto andate in scena nell’Occidente negli ultimi anni (forse per tenere basso il prezzo di questo prodotto?) la situazione ora si complica, perché l’olio di palma è il grasso vegetale più utilizzato nel Pianeta

La notizia di oggi arriva dall’Indonesia con il blocco delle esportazioni di olio di palma in tutto il modo per un periodo indefinito. La notizia l’ha anticipata la pagina Facebook di Amici del “Grano duro di Sicilia” della scorsa settimana. Oggi il quotidiano scenarieconomici.it gli dedica un articolo. “L’Indonesia – scrive scenarieconomici.it il principale produttore mondiale di olio di palma, ha annunciato l’intenzione di vietare le esportazioni dell’olio vegetale più utilizzato al mondo Venerdì scorso, con una mossa shock che potrebbe infiammare ulteriormente l’aumento dell’inflazione alimentare globale. L’azione sarà effettuala a partire dal prossimo 28 Aprile… La mossa giunge completamente inattesa e metterà in crisi l’industria alimentare in mezzo mondo a partire dall’India, uno dei principali utilizzatori, ma anche noi ne saremo pesantemente toccati: l’olio di palma è uno dei principali prodotti utilizzati nella sintesi delle margarine vegetali, è utilizzato nelle creme spalmabili, soprattutto nei prodotti con costi più contenuti. Questa decisione, che si spera sia temporanea, manderà alle stelle i valori di tutti i grassi vegetali succedanei, anche perché l’olio di girasole vede già attualmente una forte riduzione nella sua produzione. L’olio di palma è usato anche nella produzione del biodiesel che però, a questo punto, non sarà più conveniente produrre”. Insomma, sta succedendo un quarantotto anche con gli oli vegetali. Ed è probabile che ci sia un legame con la guerra in Ucraina, Paese primo produttore al mondo di olio di girasole, o meglio, ex primo produttore al mondo, perché da quando c’è la guerra la produzione di olio di girasole si è ridotta drasticamente; in automatico, gli altri Paesi produttori di olio di girasole hanno ridotto le esportazioni di questo prodotto, sia perché non vogliono restare senza, sia perché – sussurrano i maligni – aspettano che il prezzo cresca. Da qui il caos e un ulteriore incentivo all’inflazione dei prezzi degli oli vegetali. C’è anche un’altra tesi: in Indonesia si sarebbero un po’ infastiditi per la campagna di denigrazione dell’olio di palma che va in scena da qualche anno nell’Occidente. Denigrazione che, di fatto, ha favorito altri grassi vegetali facendo ridurre i prezzi dell’olio di palma. Gli indonesiani si starebbero togliendo un ‘sassolone’ dalla scarpa: “Ci avete rotto i cabbasisi per anni dicendo che l’olio di palma fa mala alla salute, vi siete divertiti a scrivere ‘Senza olio di palma’ nelle confezioni dei prodotti, adesso vi togliamo il nostro olio di palma e vi arrangiate!”. E allora? “Avremo vaste aree del mondo che avranno difficoltà ad approvvigionarsi degli oli per uso alimentare, con gravi problemi sulla nutrizione delle persone”, commenta ancora scenarieconomici.it.

Il report di Sandro Puglisi conferma problemi climatici nelle aree degli Stati Uniti d’America dove si produce il grano 

Dal caos nei grassi vegetali ai cereali del Nord America. In questa parte del mondo ci sono problemi con il clima, con inevitabili ripercussioni negative nella produzione di grano (leggere riduzione della produzione di grano che potrebbe coinvolgere anche la Francia). Scenario climatico complicato negli Stati Uniti, insomma. Una tempesta di neve in tarda Primavera ha colpito il Nord Dakota; il freddo inatteso è arrivato anche nel resto delle pianure centrali. “Molte aree degli Stati delle pianure – scrive l’analista dei mercati finanziari e agricoli internazionali, Sandro Puglisi, nel report che analizza l’andamento dei mercati la scorsa settimana – hanno registrato temperature basse record. C’è il rischio di danni da gelo ma dipende in parte dallo stadio di sviluppo della pianta di frumento; e, se ci sono stati danni, non sarà evidente per alcune settimane”. Nevicate anche nel Montana centrale e Washington orientale. Il dipartimento agricoltura degli Stati Uniti d’America (USDA) segnala che “il 70% della produzione totale di grano invernale degli Stati Uniti si trova in un’area in siccità, in aumento di 1 punto rispetto alla scorsa settimana, inclusi HRW, SRW e SW. Ciò include l’82% dell’area di produzione in Kansas, il 98% in Colorado, il 99% in Texas e il 99% nel Montana. Nel frattempo, un’altra bufera di neve è destinata a colpire le High Plains, caratterizzata da forti venti e neve indesiderati. Le previsioni dell’agenzia da 8 a 14 giorni prevedono un clima più fresco del normale per la maggior parte delle aree a nord della I-70 tra il 29 Aprile e il 5 Maggio, con un clima stagionalmente piovoso esteso per le pianure settentrionali e il Midwest superiore durante quel periodo”. Di fatto, l’analisi di Mario Pagliaro circa i problemi climatici nel Nord America si rivelano esatti. Anzi, l’USDA sottolinea anche i problemi legati alla siccità.

In Russia invece il clima è perfetto e si attende una produzione record di grano 

In Russia, almeno fino ad oggi, il clima non ha fatto i capricci. “La Russia – scrive Puglisi – è sulla buona strada per un raccolto record di grano nel 2022 di 87,4 milioni di tonnellate”. Il dato lo ha reso noto la società di consulenza russa. Le previsioni sull’annata cerealicola russa sono migliorate perché per le “eccellenti condizioni del raccolto” e per la “buona disponibilità di nutrienti per le colture”. Insomma, in Russia non ci sono problemi di fertilizzanti e il loro costo non è elevato. A differenza di quanto avviene in Italia che ha deciso di dipendere dall’estero per i fertilizzanti. Una follia, perché con questa scelta l’agricoltura italiana dipende dall’estero anche per i fertilizzanti. E sei prezzi aumentano – come sta avvenendo – per gli agricoltori sono problemi. E qui non possiamo non sottolineare il fallimento dell’Unione europea che vorrebbe aumentare la produzione di grano, foraggi e mangimi, ma non aiuta gli agricoltori con i fertilizzanti.

La Russia è disposta ad aumentare l’export di grano, ma a precise condizioni

Puglisi ci dà un’altra notizia interessante. Citando sempre Sovecon, ci dice che che le esportazioni di grano della Russia nella stagione di commercializzazione di Luglio-Giugno 2022/23 potrebbero raggiungere i 41,0 milioni di tonnellate, con un aumento rispetto ai 33,9 milioni di tonnellate della stagione in corso. “Questo – si legge nel report di Puglisi – a condizione che non ci saranno sanzioni occidentali sulle esportazioni di cibo dalla Russia e nessuna escalation sostanziale dell’attività militare nella regione del Mar Nero”. Chiaro il riferimento all’attuale guerra in Ucraina dove i russi si sono di fatto assicurati le esportazioni di cereali e altri prodotti dai porti del Mar Nero. “La Russia – leggiamo sempre nel report – potrà aumentare le esportazioni nella nuova stagione di Luglio-Giugno grazie agli elevati stock di riporto nel sud del Paese ea una previsione di raccolto record. Gli esportatori russi, dal canto loro, sono in gran parte riusciti a risolvere i problemi di logistica e di trasferimento dei pagamenti causati dalle sanzioni occidentali imposte a Mosca da fine Febbraio e stanno esportando grano dalla sponda russa del Mar Nero e sporadicamente dal Mar d’Azov”. Sovecon fa sapere che “se entro l’Estate verrà raggiunto un accordo di cessate il fuoco, l’Ucraina aumenterà rapidamente le esportazioni di grano dai suoi porti meridionali poiché Kiev dovrà vendere le sue scorte elevate e ottenere valuta estera per finanziare le importazioni. L’Ucraina potrebbe esportare 20 milioni di tonnellate di grano nella stagione 2022/23 se i suoi porti riapriranno. Entrambi gli scenari potrebbero aiutare ad alleviare le preoccupazioni globali sulla sicurezza alimentare e a raffreddare i prezzi globali”. La guerra ha creato un altro problema: il costo delle assicurazioni per le navi che entrano nei porti russi, che è aumentato di 4-6 dollari per tonnellata dal 24 Febbraio. Costo maggiorato fino ad oggi assorbito dall’aumento del prezzo del grano.

 

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