Com’era prevedibile, le polemiche sulla gestione del Movimento Equità Territoriale sono finite in Tribunale: e la vecchia politica se la ride

22 febbraio 2022
  • La verità è nel Movimento 24 Agosto per l’Equità Territoriale sono emerse contraddizioni che non potevano non esplodere 
  • Il lungo post di Franco Calderone, già coordinatore di Equità Territoriale in Sicilia e l’amarezza verso la gestione del Movimento da parte di Pino Aprile 
  • Le accuse di ‘poltronismo’ 
  • Il direttivo della discordia
  • La rimozione di tutti i dirigenti
  • La parola alla Giustizia
  • Serve una federazione di partiti e Movimenti del Sud – Sicilia compresa – che valorizzi le diverse realtà. La necessità di superare il modello liberista

La verità è nel Movimento 24 Agosto per l’Equità Territoriale sono emerse contraddizioni che non potevano non esplodere 

“Tanto tuonò, che piovve”. Così inizia un post di Franco Calderone, tra i fondatori del Movimento 24 Agosto per l’Equità Territoriale, già coordinatore dello stesso Movimento in Sicilia. Storia di un Movimento meridionalista – al quale anche noi abbiamo creduto – ma che quando si è trattato di iniziare a combattere nelle elezioni regionali, cominciando a dare reale fastidio ai partiti politici nazionali che continuano a controllare Sud e Sicilia, per un motivo o per l’altro si  sempre tirato indietro. Probabilmente due anni fa – in occasione delle elezioni regionali in Campania, in Puglia e in Calabria – c’erano i timori di non essere presenti e organizzati nei territori. Tutto vero. Noi, però, ricordiamo che la Lega, negli anni ’80 del secolo passato, quando iniziò, non ebbe grande successo. E sono stati, appunto anche le elezioni, una dietro l’altra – oltre all’egoismo del Nord che la Prima Repubblica cercava di contenere – a dare alla Lega la forza di andare avanti e di affermarsi. Tra l’altro – questo era un altro argomento che portavamo avanti noi che pressavamo per la partecipazione del Movimento alle elezioni regionali di Campania, Puglia e Calabria – l’esperienza del Movimento 5 stelle insegna che ormai il consenso popolare è ‘liquido’ con l’elettorato pronto a scommettere sul cambiamento, vuoi perché sono venute meno le ideologie, vuoi perché la politica italiana è deludente e non mantiene quasi mai gli impegni che assume con l’elettorato. Certo, oggi i grillini sono disastrosi (in queste ore ne hanno combinata un’altra sul Green pass). Tutto inutile, perché due anni fa l’idea di partecipare alle elezioni regionali, nel Movimento Equità Territoriale, non è stata nemmeno presa in considerazione. Anche lo scorso anno, in occasione delle elezioni regionali calabresi – celebrate dopo la scomparsa della presidente eletta un anno prima, Iole Santelli – il Movimento Equità Territoriale prima ha deciso l’appoggio a De Magistris – unico candidato contro la vecchia politica – e poi si è tirato indietro, fra le proteste di tanti iscritti (ne abbiamo scritto qui).

Il lungo post di Franco Calderone, già coordinatore di Equità Territoriale in Sicilia e l’amarezza verso la gestione del Movimento da parte di Pino Aprile 

Oggi torniamo su questa vicenda riprendendo un post di Franco Calderone che ripercorre un po’ la crisi di questo Movimento che aveva suscitato tante speranze nel Sud e in Sicilia. “Buon senso ed onestà intellettuale – scrive Calderone – consigliano sempre di evitare l’epilogo giudiziario, che diventa ineluttabile quando le richieste di trasparenza e legalità sono spocchiosamente negate con l’arroganza di chi si crede superiore alle più elementari norme di convivenza civile, terrorizzato di poter perdere la propria rendita di posizione di potere. Già da lungo tempo, tra i dirigenti, si discuteva della necessità divenuta improrogabile di riunire la prima Assemblea Generale del Movimento e quindi della necessità di darsi delle regole di massima trasparenza e condivisione proprio per andare all’Assemblea: eravamo all’inizio di un nuovo corso, entusiasmante per chi voleva un salto di qualità, ma terrorizzante per chi voleva la garanzia dell’immobilismo. In Direttivo, già a Maggio del 2021, si era stabilito che si eleggesse un delegato ogni 10 iscritti e che si doveva dare diritto di voto ai soci fondatori, garanti e padri nobili del Movimento. Il presidente, appena realizzato che era stato dato il voto ai soci fondatori, mise comunque il veto”. Il presidente, per la cronaca è il giornalista e scrittore Pino Aprile. “A nulla è valso spiegare che la sua posizione fosse insostenibile – prosegue Calderone -: senza neanche ascoltare, controbatteva affermando che i membri del direttivo erano dei ‘poltronari’, dimenticando che l’unico realmente nominato era proprio lui, in quanto i soci fondatori lo avevano nominato presidente. Forse il presidente voleva diventare il padrone indiscusso del movimento e fare tutto come gli pareva e piaceva? A questo forse serviva mettere a tacere le persone che avevano fondato il Movimento?”.

Le accuse di ‘poltronismo’ 

“In ogni occasione di confronto ed in ogni Direttivo – racconta sempre Calderone – da un’iniziale pacatezza dei toni nella rappresentazione delle argomentazioni che venivano dalla base, si è avuto un crescendo di astiosità, perché a fronte della palese giustezza di quanto proposto, non c’era la benché minima volontà di apportare alcuna riforma, né modifica poiché era più comodo e sicuro per la ‘nomenklatura’ andare avanti senza fare l’Assemblea Generale, senza presentare i bilanci, senza far sapere alla base, anima del Movimento, quale fosse la vera vita del Movimento, quali fossero i programmi e soprattutto cosa venisse celato da quello che si è poi rivelato un manto di gestione padronale, senza nulla dovere ad alcuno. In una situazione che si faceva ogni giorno più ‘strana’ e preoccupante, quasi contestualmente, a Maggio il Presidente, nonostante il proprio ruolo istituzionale nel Movimento e soprattutto il proprio ruolo ‘morale’ nei confronti degli iscritti, senza nessun accenno nei giorni precedenti, accetta l’incarico di dirigere una televisione in Calabria e comunica che, da quel momento, non potesse più portare avanti le istanze del Movimento e che avremmo dovuto sopperire alla sua mancanza; neanche si fosse trattato di dare buca ad una serata ‘pizza&birra’ tra amici. Da quel momento, quel gruppo di esperti volontari e fortemente motivati che credevano davvero nel Movimento e nei suoi valori cercano di rimodulare e riscrivere le regole per andare all’Assemblea sempre più invocata dalla base. Ecco che, in un accesso di protagonismo autoreferenziale ed auto celebrativo ed in una significativa excusatio non petita, accusatio manifesta, il Presidente fa un errore clamoroso: fa una videoconferenza nella quale accusa i soci fondatori di poltronismo non tenendo conto dell’atto costitutivo, né del fatto che alcuni di essi erano fino a quel momento la struttura umana, politica, ideologica, culturale del Movimento e che senza di loro non un solo passo avrebbe potuto fare, a parte la pubblicità ai suoi libri. In questo ‘one man show’ accusa tutti coloro che avevano espresso parere contrario a tutti coloro che avevano espresso parere contrario al suo, in ordine al ruolo dei soci fondatori, dimenticando o facendo finta di dimenticare di non sapere che erano stati inseriti a norma dell’atto costitutivo da lui stesso predisposto”.

Il direttivo della discordia

A fatica si arriva al direttivo del 20 Giugno dello scorso anno, “arbitrariamente convocato soltanto in presenza – scrive Calderone -. Nonostante la pandemia fosse ancora in atto e nonostante fosse stato richiesto da tanti di farlo online (così come si era fatto fino a quel momento), il Presidente rifiutava la convocazione online. Ovviamente soltanto poche persone sono andate a Napoli e nonostante la mancanza del numero legale stabiliscono di fare l’Assemblea Generale a Settembre e che le mozioni si potessero presentare 60 giorni prima. Ai primi di Agosto, quindi, rispettando i tempi decisi dal direttivo del 20 Giugno, ho presentato una sintesi di mozione, frutto della collaborazione di oltre 30 persone e l’ho presentata dopo aver avvertito preliminarmente il Direttivo e la Segreteria; e lo stesso Presidente, al quale avevo mandato copia della mia sintesi di mozione, diede la sua autorizzazione a renderla pubblica affinché tutti ne potessero prendere visione e conoscenza. La segreteria, pur avvisata preventivamente, probabilmente dopo aver visionato il contenuto, bloccò immediatamente la mozione con l’alibi delle elezioni in corso anche se eravamo presenti soltanto in tre Comuni – Napoli, Bologna e Rosolini – mentre dalle regionali in Calabria eravamo usciti (il termine più consono “ci siamo sfilati”) dall’alleanza con De Magistris. Anche in tal caso era stato lo stesso Presidente a decidere autonomamente e senza alcun contraddittorio di sostenere De Magistris e altrettanto senza avvisare Direttivo e Segreteria si era immotivatamente sfilato, accampando successive e rabberciate scuse di complotti e di misteriosi interventi esterni. Il risultato elettorale è implacabile, conferma del fallimento di certi Soloni a corte”.

La rimozione di tutti i dirigenti

“Essendo evidente l’assenza di volontà di indire l’Assemblea – scrive sempre Calderone – gli iscritti raccolgono ben oltre 400 firme su meno di 1400 iscritti rimasti (oltre mille fuggiti, nauseati dal corso degli eventi e dai soggetti protagonisti) e viene fatta una petizione nella quale si chiede che l’Assemblea dovesse essere tenuta entro il 31 Dicembre 2021. Durante il direttivo di Napoli del 31 Ottobre viene presentata questa richiesta e in contemporanea viene presentata, da parte mia e di altri componenti del Direttivo, una richiesta di sospensione della riunione, poiché, senza alcun esito, erano stati richiesti: i verbali dei direttivi precedenti, i bilanci, dei chiarimenti in merito all’aggiunta nel direttivo di alcuni iscritti del Movimento cooptati e fatti votare nella stessa riunione di Direttivo nella quale erano stati aggiunti contro ogni regola prevista dal codice civile. Serviva urgentemente un numero legale? Una maggioranza consenziente? Il presidente si rifiuta di leggere la nota messa in ingresso (si trattava di seduta pubblica!) e dice che deve andare avanti la riunione…. Il risultato di quel direttivo viziato in tutto è che il Presidente rimuove d’imperio tutti i dirigenti del Movimento non esplicitamente a lui favorevoli azzerando ogni opposizione dopo aver pure precedentemente ‘defenestrato’ responsabili e facenti parte (non a lui fedeli) della Comunicazione, dell’Organizzazione, del Tesseramento oltre ad aver inibito moltissimi iscritti bannandoli dalle pagine ufficiali del Movimento manifestando così la sua natura antidemocratica, contro il libero pensiero stile Kominform o Minculpop di orrenda memoria. Nell’intento di perseguire legalità, trasparenza ed a questo punto la tutela degli iscritti fedeli a questi principi, ai primi di Novembre ho richiesto tramite PEC la copia dei verbali del direttivo del 31 Ottobre e la copia dei bilanci e le relative note di spesa: non mi è pervenuto nulla. Nessuna risposta alle PEC che io ho inoltrato, né a quelle inoltrate da altri. Sono stato costretto, quindi, malgrado abbia fatto di tutto per evitarlo, ad attivare un percorso giuridico”. Insomma, la vicenda è finita in Tribunale. Calderone critica anche il vicepresidente, Pedicini (Piernicola Pedicini, europarlamentare eletto nel Movimento 5 Stelle dal quale è uscito ndr). “È stato nominato vicepresidente dal presidente dimissionario – scrive Calderone – che per ovvie ragioni, essendo dimissionario, avrebbe potuto svolgere esclusivamente atti di ordinaria amministrazione; e invece, anche in spregio ai regolamenti del Movimento, che specificatamente impongono che le nuove immissioni negli organi dirigenti del Movimento debbano essere decise dall’assemblea degli iscritti, il presidente ha nominato un vicepresidente”.

La parola alla Giustizia

“Noi – prosegue Calderone – abbiamo un dovere etico, morale e legale nella gestione del Movimento, nel rispetto delle norme del codice civile, del codice penale e delle materie che riguardano la fiscalità ed il giudice adito mi ha dato ragione condannando il Movimento al pagamento delle spese dell’ingiunzione (circa 2.000€)… E anche il giudice, con decreto del 17 gennaio ha confermato la sussistenza delle violazioni, ed ha ingiunto ai legali rappresentanti, nelle figure del presidente e del tesoriere di mettere a disposizione i bilanci con relative note di spesa, ed i verbali dei direttivi, a lungo richiesti e mai ricevuti, in copia conforme. Il giudice ha concesso un provvedimento che prevede addirittura l’esecutività provvisoria e tutto è stato già regolarmente notificato. Ovviamente, nulla ci è stato fornito, per cui dovremmo, a questo punto, attivare un ufficiale giudiziario perché applichi quanto stabilito con provvedimento del giudice. Questa vicenda è un’amara vittoria e la dimostrazione della nostra onestà intellettuale e di cuore poiché intravedendo problematiche all’interno della nostra compagine, intravedendo soprusi e mala amministrazione abbiamo dimostrato di avere gli anticorpi per reagire e reagire legalmente. Ed il giudice ci ha dato ragione… Purtroppo, tutto ciò vuol dire che il Movimento è morto, e le colpe sono evidenti. Alcuni ‘imbecilli’ (come a qualcuno piacerebbe definire chi non ha ubbidito ai suoi ordini) dimostrando di avere studiato la materia e facendosi carico dei diritti di tutte le persone che avevano dato fiducia al movimento, hanno deciso di non lasciar correre l’ennesima beffa ai danni dei cittadini meridionali. E il giudice ha riportato la questione sulle ampie strade della giustizia. Tanto tuonò che piovve”.

Serve una federazione di partiti e Movimenti del Sud – Sicilia compresa – che valorizzi le diverse realtà. La necessità di superare il modello liberista

Abbiamo chiesto a Pino Aprile di fornire la sua versione dei fatti. Ed è la seconda volta. La prima volta ci ha detto di non essere interessato. Chissà, magari cambierà idea. A noi, invece, non resta che constatare con amarezza il fallimento di un sogno meridionalista. Da quando siamo in rete non facciamo che scrivere che i partiti nazionali non difendono il Sud e la Sicilia, che ci vuole un soggetto politico che si intesti la vera e concreta rinascita del Mezzogiorno. Non la semplice questione meridionale da riproporre dentro i partiti politici nazionali, come fu ai tempi della nascita della Cassa per il Mezzogiorno, negli anni ’50, e con l’Agensud del 1986. La speranza che in tempo di liberismo economico, con un Nord Italia sempre più impoverito e sempre più periferia della Mitteleuropa, pensare che un Governo italiano si occupi di Sud e Sicilia se non per derubarli è da idioti allo stato puro. Lo scippo del FEARS e del Pnrr ne sono palmare testimonianza. I meridionali e i siciliani che votano ancora i partiti politici nazionali sono degli illusi. Serve una Federazione di partiti e movimenti del Sud, perché le realtà del Sud sono particolari e ognuna ha le proprie specificità. Bisogna partire dal basso e siccome l’Italia – dentro l’Unione europea ultra-liberista – è destinata a diventare sempre più povera, serve un modello che preveda il superamento del modello liberista. Noi ospitiamo sempre con grande piacere gli interventi di Daniele Quarta. Il nostro augurio è che nasca un nuovo Movimento – realmente slegato dalle miserie che la politica nazionale elemosina al Sud – che non abbia paura di presentarsi alle elezioni.

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