Parte dalla Sicilia il ricorso contro il Green pass presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU)

8 dicembre 2021
  • Il ricorso è stato presentato dal MIAS, sigla che sta per Movimento  per l’Indipendenza e l’Autonomia della Sicilia
  • Ignorata una risoluzione del Consiglio d’Europa

Il ricorso è stato presentato dal MIAS, sigla che sta per Movimento  per l’Indipendenza e l’Autonomia della Sicilia

L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro o sul Green pass? La domanda sorge spontanea nel leggere l’articolo pubblicato da Byoblu, dove si parla del ricorso contro il Green pass presentato alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo (CUDU). Che l’Italia, nella gestione della pandemia, non abbia seguito alla lettera le indicazioni dell’Unione europea, beh, questo è stato già appurato. Ora bisognerà capire cosa succederà con questo ricorso che parte dalla Sicilia: a presentarlo, infatti, è il Movimento per l’Indipendenza e l’Autonomia della Sicilia (MIAS), presieduto da Umberto Mendola. I lettori de I Nuovi Vespri conoscono il MIAS e il suo presidente, perché riprendiamo sempre le iniziative di questo movimento, dalla battaglia culturale e politica sull’articolo 15 dello Statuto siciliano al ricorso europeo contro il Green pass del quale abbiamo dato notizia lo scorso 13 Novembre (come potete leggere qui).

Ignorata una risoluzione del Consiglio d’Europa

Byoblu lancia la notizia con un approfondimento sul ricorso: “Nel documento di venti pagine, redatto dall’avvocato Andrea Caristi dell’omonimo Studio Legale – leggiamo su Byoblu – viene sottolineata la possibile infrazione dell’art. 39 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Riguardo all’obbligo di esibizione del Certificato digitale verde, il ricorso mette in luce l’incompatibilità con le norme europee. In Italia, fino alla scadenza dello Stato di emergenza prevista per il 31 dicembre 2021, proroghe non da escludersi, i lavoratori che non sono in possesso di Green pass vengono considerati assenti ingiustificati. E non sono quindi dovuti ‘la retribuzione né altro compenso’. Si fa notare che la ‘certificazione verde Covid-19’ era stata in origine istituita con Regolamento UE ‘per agevolare la libera circolazione delle persone’, e non certo per limitazioni in ambito lavorativo, o di vita sociale. Emerge anche una peculiare ‘dimenticanza’ nella traduzione di una risoluzione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio di Europa, in cui veniva sollecitato agli Stati membri dell’Ue di ‘garantire che i cittadini siano informati e che la vaccinazione NON è obbligatoria’, e che nessuno sarebbe stato discriminato per la libera scelta di non sottoporsi a un trattamento sanitario”.

Vi consigliamo di leggere per intero l’articolo di Byoblu che trovate qui. 

Foto tratta da Famiglia Cristiana

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