La crisi del grano canadese al glifosato e dell’industria della pasta. Grande occasione per Sud e Sicilia/ MATTINALE 488

12 settembre 2021
  • I cambiamenti climatici stanno ‘ridisegnando’ il ruolo del grano nel mondo. Sud e Sicilia debbono cogliere l’occasione per trasformare una contingenza favorevole in un cambiamento di lungo periodo, puntando sull’informazione e sulla qualità
  • Il calo di produzione di grano nel mondo. Problemi per il grano duro, ma anche per il grano tenero (che alimenta l’industria dolciaria, soprattutto con la varietà canadese Manitoba)
  • La domanda di grano duro nel mondo
  • Lo scenario in Italia: i ‘numeri’ e le prospettive
  • 600 mila ettari di terreni a seminativi di Sud e Sicilia abbandonati. Approfittare della contingenza di quest’anno per abituare sempre di più i consumatori a pretendere una pasta senza glifosato e senza micotossine!

I cambiamenti climatici stanno ‘ridisegnando’ il ruolo del grano nel mondo. Sud e Sicilia debbono cogliere l’occasione per trasformare una contingenza favorevole in un cambiamento di lungo periodo, puntando sull’informazione e sulla qualità

Con il MATTINALE  di oggi proviamo a fare il punto della situazione del grano duro nel mondo. Anche per cercare di capire che cosa ci aspetta nell’immediato futuro. Cominciamo con il commento di quattro notizie, tutte note, anche se la quarta è stata un po’ nascosta. La prima notizia è il calo della produzione di grano duro in Canada dovuto alla siccità: un calo che ‘viaggia’ tra il 40 e il 50%.  I dati – che comunque non sono definitivi – raccontano che da circa 6,5 milioni di tonnellate di grano duro, il Canada dovrebbe passare quest’anno a 3,5 milioni di tonnellate. Nessuna notizia certa sulla qualità del grano duro canadese dell’anno in corso. Solo una considerazione con un “se”: se la siccità si è protratta fino ad Agosto i nostri amici canadesi non dovrebbero aver utilizzato il glifosato per la maturazione artificiale: ma la nostra è solo una congettura, se è vero che quello che combinano in Canada con il grano – tenero e duro – lo sa solo Nostro Signore Iddio! Seconda notizia: la riduzione della produzione di grano duro negli Stati Uniti d’America, riduzione che ‘viaggia dal 30% al 40%, sempre a causa della siccità. Terza notizia: la riduzione della produzione di grano duro (e anche di grano tenero) in Francia e, in generale, nel Centro Europa a causa della tremenda inondazione del Luglio scorso. Visto che c’è di mezzo l’acqua – e quindi l’umidità – per il grano prodotto in queste zone bisognerà fare molta attenzione alle micotossine prodotte dai funghi, che fanno spesso ‘compagnia’ al grano umido. Quarta notizia, che riguarda l’Italia: quando denunciavamo l’eccessiva presenza di grano duro canadese nel nostro Paese scrollavano le spalle; negli ultimi due-tre anni – dopo che si è scoperto che il grano duro coltivato nelle aree fredde e umide del Canada viene fatto maturare artificialmente a colpi di glifosato – la televisione, nelle promozioni, ha raccontato ossessivamente che la pasta italiana è prodotta con il grano duro italiano. Ma allora perché le industrie italiane sono preoccupate per la riduzione della produzione di grano duro di Canada e Stati Uniti d’America? Ma che informazione danno ai consumatori italiani?

Il calo di produzione di grano nel mondo. Problemi per il grano duro, ma anche per il grano tenero (che alimenta l’industria dolciaria, soprattutto con la varietà canadese Manitoba)

Adesso proviamo ad analizzare i ‘numeri’ del grano duro nel mondo. E lo facciamo riprendendo e commentando un articolo di GIFT. Canada e USA – In questi due Paesi, come già accennato, la siccità di Giugno e Luglio ha ridotto la produzione di grano. “Le previsioni indicano una diminuzione dei raccolti per almeno 12,5 milioni di tonnellate (grano duro e tenero)”. Quindi non c’è solo una riduzione della produzione del grano duro; ci sono anche problemi per il grano tenero, e quindi per l’industria dolciaria (ormai da anni il grano tenero ‘di forza’ Manitoba canadese entra in tantissime preparazioni, soprattutto in Italia).
Russia e Mar Nero – “I raccolti di grano in Russia – leggiamo sempre su GIFT – hanno raggiunto il 50%, con un’aspettativa di resa di circa 75 mln t (a fronte degli 85 mln t previsti a luglio da USDA, sigla che sta per United States Department of Agriculture). La tassa sulle esportazioni russe, in risposta alle sanzioni occidentali, rimane un grande ostacolo”. Per andare dietro agli Stati Uniti con le sanzioni alla Russia, l’Europa di ‘becca’ la tassa sulle esportazioni russe di grano! Nell’articolo si dice che la siccità ha colpito anche il Kazakhstan, altro Paese produttore di grano che accusa pure una riduzione della produzione.
Germania e Francia – Come già ricordato, la Germania fa i conti con l’alluvione di Luglio. Morale: riduzione della produzione di circa 2 milioni di tonnellate. Scrive GIFT a proposito della Francia: “Le piogge hanno determinato la contaminazione diffusa del frumento duro con micotossine, oltre alla sua scarsa qualità. Non è ancora chiaro quanto grano sarà disponibile per il mercato internazionale, in gran parte già opzionato da Cina e Algeria per le spedizioni che inizieranno a Settembre”. Non sappiamo se la Cina si prenderà il grano francese con eventuali problemi di micotossine, ma dubitiamo che lo acquisterà l’Algeria: infatti, i Paesi del Nord Africa – che importano grano duro – sono di solito molto attenti a non acquistare grano con glifosato e micotossine, molto più attenti dell’Italia!
Sud-America – Brutte le notizie che arrivano dal Sud-America. In Argentina la produzione di grano si scontra con la possibile siccità: se pioverà non ci dovrebbero essere problemi, se non pioverà… Il Brasile, invece, sta già scontando problemi di siccità e anche di gelate; la produzione è in calo e, come scrive GIFT, questo paese dovrebbe aumentare le importazioni  (contribuendo a far salire il prezzo del grano nel mercato internazionale).
Australia – Uno dei pochi Paesi produttori di grano che non sembra avere molti problemi è l’Australia. “L’unico grande Paese esportatore con buone prospettive di resa – scrive GIFT – sconta le difficoltà di esportazioni legate alla logistica. A tali difficoltà è attribuito l’incremento delle scorte di grano duro in Australia (+2 mln t nel 2020, su un raccolto di 33 mln t con 24 mln t di export)”.

La domanda di grano duro nel mondo

Il prezzo di un bene, com’è noto, non è determinato solo dall’offerta, ma anche dalla domanda. Molto interessante l’analisi sulla domanda di grano duro nel mondo esaminata da GIFT: “A livello UE la domanda di grano duro in UE è aumentata – da 8,2 a 8,7 mln t, nel 2019-2020 rispetto al 2018-2019 (Stratégie Grains, 2021. V. nota 2) – a causa dell’incremento dei consumi stimolato dalla pandemia. A livello internazionale si registra una crescita significativa della domanda da parte di Paesi competitivi nella produzione di pasta e altri grandi importatori:
1.1) Cina. Il secondo esportatore al mondo di pasta e noodles ha già acquistato per tempo le quantità necessarie di grano duro per i prossimi raccolti, con 12 mln t di importazioni attese per il 2021 (+140%),

1.2) Turchia. La produzione di pasta è decuplicata in 10 anni (fino a superare i 2 mln t, di cui 1,4 destinati all’export), con un consumo medio p.c. di 7,5 kg, quella di bulgur (da grano duro di qualità) ha raggiunto 1 mln t. (20% export) e la materia prima locale (2,3 mln t) non copre il fabbisogno. L’import di durum wheat, a dazio zero, ha superato gli 1,5 mln t nel 2020,

1.3) Maghreb. La produzione di grano duro non assolve i requisiti di qualità e quantità richiesti per produrre pasta e cous-cous. Le importazioni hanno così raggiunto:

Algeria. 1,4 mln t di importazioni nel 2018-2019 poi dimezzati nel 2020 e ora in risalita, con l’aiuto di sussidi pubblici volti a stabilizzare i prezzi al consumo sul mercato domestico. Consumo pro-capite 13 kg,

Marocco. 1 mln t nel 2020, in prevalenza di alta qualità (Canadian Western Amber Durum, CWAD, grades 1 e 2 su 5. V. nota 3). Consumo p.c. 5 kg,

Tunisia. Consumi pro-capite di pasta elevati (17 kg), aiuti statali alla produzione di grano duro che ha raggiunto le 950 mila t circa, importazioni di materia prima a basso prezzo per 600 mila t”. (a destra foto tratta da Redattore Sociale)

Lo scenario in Italia: i ‘numeri’ e le prospettive

Come già accennato, l’Italia importa da anni grandi quantitativi di grano duro, soprattutto canadese. Ad importare il grano duro estero è l’industria della pasta, che trova nel duro canadese grande convenienza. Questo perché l’alta presenza di glutine nel grano duro canadese consente notevoli risparmi nell’essicazione della pasta. GIFT scrive che l’industria molitoria italiana ha bisogno ogni anno di 6 milioni di tonnellate di grano duro; 4 milioni di tonnellate sarebbe grano duro italiano e 2 milioni di tonnellate grano duro estero. Noi non siamo molto convinti di questo dato, perché negli ultimi anni abbiamo visto arrivare nei porti pugliesi e siciliani quantitativi di grano duro estero impressionanti. Basti pensare che nel Giugno di quest’anno, con tutta la pandemia e con la crisi produttiva annunciata (in Canada a Giugno c’era già la siccità e si annunciava una riduzione della produzione di grano), nei porti pugliesi sono arrivate navi con un carico complessivo di un milione di quintali di grano duro canadese! Cosa, questa, che ha fatto crollare il prezzo del grano duro. Oggi, tre mesi dopo circa, il prezzo del grano duro nel mercato di Foggia è cresciuto, se è vero che oscilla tra 45 e 50 euro al quintale: ma questo – come scriviamo già da qualche settimana – è avvenuto grazie alla riduzione della produzione del grano nel mondo e al contestuale aumento del prezzo. Cosa vogliamo dire? Che l’industria della pasta del Nord Italia non ha mai aiutato gli agricoltori del Sud Italia e della Sicilia che producono grano duro, anzi li ha sempre penalizzati.

600 mila ettari di terreni a seminativi di Sud e Sicilia abbandonati. Approfittare della contingenza di quest’anno per abituare sempre di più i consumatori a pretendere una pasta senza glifosato e senza micotossine!

Industria della pasta del Nord Italia e grandi commercianti, facendo arrivare nel nostro Paese grandi quantitativi di grano duro estero – soprattutto dal Canada, ma anche da altri Paesi, dagli Stati Uniti all’Ucraina, più altro grano duro altre realtà quando serve per far crollare il prezzo del grano duro di Sud e Sicilia – hanno condizionato in negativo, per anni, la produzione e il prezzo del grano duro meridionale e siciliano. Per anni hanno preso due piccioni con una fava: facendo arrivare con le navi grandi quantitativi di grano duro canadese hanno tenuto basso il prezzo del grano duro di Sud e Sicilia (18-20 centesimi al quintale); e, contestualmente, le industrie hanno realizzato economie di scala grazie al duro canadese che gli ha consentito di risparmiare sui costi di produzione. Questo sistema anti-meridionale a anti-siciliano ha determinato l’abbandono di circa 600 mila ettari di seminativi del Sud e in Sicilia. Una manovra voluta anche dall’Unione europea dell’euro che ha pagato i produttori di grano del Sud Italia e della Sicilia non tenere i terreni improduttivi (qui un nostro articolo). La scusa era l’eccesso di produzione che non c’è mai stata (tant’è vero che l’industria italiana della pasta ha sempre importato grano duro, così come l’industria dolciaria italiana ha sempre importato grano tenero); in realtà, la Ue ha programmato da anni la speculazione sui seminativi di Sud e Sicilia, terreni da utilizzare per produrre energia solare. Per fortuna, i cambiamenti climatici stanno mandando all’aria le speculazioni dell’Unione europea, perché con il prezzo del grano duro (e anche del grano tenero) in crescita la coltura del grano è tornata ad essere remunerativa. Sta al Sud e alla Sicilia, oggi, informare i consumatori di più e meglio sul fatto che in Italia, in questi anni, ci hanno riempito di grano canadese. L’occasione per far sapere ai consumatori che la pasta italiana deve essere prodotta con il grano duro italiano, anche se costerà un po’ di più. In Italia consumiamo circa 25 Kg di pasta ogni anno: quindi avere in Italia pasta senza glifosato e senza micotossine preserva la nostra salute! Risultato: i ‘Signori del fotovoltaico’ i terreni per desertificare il territorio con i pannelli fotovoltaici ‘di pieno campo’ dovranno andare a cercarli altrove, non certo nel Sud Italia e in Sicilia! Con la speranza che i cambiamenti climatici ‘inghiottano’ anche l’attuale Unione europea di speculatori e massoni che in questi anni ci ha solo danneggiato!

Foto tratta da Rosmarinonews.it

 

 

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