Le strategie anti-Covid: zero contagi in Nuova Zelanda, le incognite Regno Unito e Israele, il caos Italia-Sicilia/ MATTINALE 468

19 agosto 2021
  • Vaccini o non vaccini, negli Stati Uniti contagi, ricoveri e decessi sono in crescita: oltre mille morti nelle ultime 24 ore
  • Il ‘caso’ della Nuova Zelanda che l’Occidente economicamente internazionalizzato si rifiuta di prendere come esempio
  • Eppure in Nuova Zelanda, dove hanno chiuso le frontiere, il virus è sparito, la  gente esce tranquillamente di casa, organizza incontri, feste, raduni: insomma si vive normalmente, come si viveva prima della pandemia 
  • L’incognita del Regno Unito, esempio che tutta l’Europa vorrebbe seguire
  • E in Sicilia? La scienza non esiste. Solo approccio ideologico, caos turisti e vaccini

Vaccini o non vaccini, negli Stati Uniti contagi, ricoveri e decessi sono in crescita: oltre mille morti nelle ultime 24 ore

La notizia più ‘pesante’ di queste ore arriva dagli Stati Uniti d’America. Nulla a che vedere con il ritiro delle truppe dall’Afghanistan. La notizia riguarda il Covid: oltre mille morti nelle ultime 24 ore. La spiegazione che viene data dal mondo scientifico statunitense è duplice: c’è una ‘coda’ di non vaccinati, ma c’è anche un problema un po’ più serio: la presenza delle varianti – a cominciare dalla variante Delta – che starebbe aggirando i vaccini. Lo scenario è complesso e le notizie sono frammentarie: in questo bisognerebbe ragionare sui luoghi dove sono avvenuti i decessi e sulle temperature. Con molta probabilità, sono approfondimenti che si conosceranno nelle prossime ore o nei prossimi giorni. Si teme che negli negli Stati Uniti stia cominciando a verificarsi quello che si è verificato in Israele, dove, dopo mesi di relativa calma, sono in crescita contagi, ricoveri e decessi. La differenza è che Israele ha una popolazione che non arriva a 10 milioni di abitanti, mentre negli USA gli abitanti sono poco meno di 330 milioni. In Israele hanno iniziato la somministrazione della terza dose di vaccino: ma lì se lo possono permettere, sia perché hanno completato le prima due dosi, sia perché, alla fine, come già ricordato, sono meno di 10 milioni di abitanti e sono molto organizzati. La stessa cosa non si può dire degli Stati Uniti, dove la popolazione è 330 volte maggiore di Israele e dove non è stato ancora completato il primo ciclo di vaccinazione.

Il ‘caso’ della Nuova Zelanda che l’Occidente economicamente internazionalizzato si rifiuta di prendere come esempio

Prima di illustrare l’andamento della pandemia in Europa e in Italia è interessante esaminare, per grandi linee, i casi di Australia e, soprattutto, Nuova Zelanda. Dove non c’è refrattarietà verso la vaccinazione anti-Covid. C’è, da parte dei governanti di questi due Paesi, una valutazione diversa rispetto a quanto sta avvenendo e si sta facendo negli Stati Uniti d’America e in Europa. In Australia e, soprattutto, in Nuova Zelanda, partono dal presupposto che una campagna di vaccinazione contro il Covid con le frontiere aperte sia inutile, perché si aprono le porte alle varianti del virus. Si potrebbe obiettare che gli stessi vaccini anti-Covid potrebbero selezionare nuove varianti. Non è un’obiezione che non hanno calcolato: infatti, quando in questi due Paesi spunta qualche focolaio – che potrebbe essere stato portato da qualcuno dall’esterno che è sfuggito dalle maglie rigidissime dei controlli alle frontiere (ipotesi molto improbabile), o da una variante endogena – i governi di Australia e Nuova Zelanda isolano l’area dove sono stati registrati i contagi. E’ quello che sta succedendo in queste ore in Nuova Zelanda, dove sono stati trovati sette positivi nella città di Auckland: è scattato subito la chiusura della cittadina per sette giorni e il tracciamento a tappeto. Va detto che la strategia che la Nuova Zelanda mette in atto dal Marzo del 2020 (la premier Jacinda Ardern è una donna molto decisa) ha dato ottimi risultati: in questo Paese – che ha un numero di abitanti pari a quello della Sicilia (circa 5 milioni) i casi di Covid, da quando è iniziata la pandemia, sono stati pochissimi e dal Gennaio di quest’anno, a parte qualche positivo subito rintracciato e isolato, non ci sono stati né ricoveri, né decessi.

Eppure in Nuova Zelanda, dove hanno chiuso le frontiere, il virus è sparito, la  gente esce tranquillamente di casa, organizza incontri, feste, raduni: insomma si vive normalmente, come si viveva prima della pandemia 

Adottando questa strategia la Nuova Zelanda – a parte due mesi di chiusura delle attività ad inizio della pandemia – non ha più bloccato le attività economiche. In Nuova Zelanda tutto procede normalmente: bar, ristoranti, cinema, teatri, concerti e via continuando. La gente esce tranquillamente di casa, organizza incontri, feste, raduni: insomma si vive normalmente, come si viveva prima della pandemia. La vita procede tranquillamente. Non hanno nemmeno fretta di procedere con le vaccinazioni. A differenza dell’Australia dove, invece, non mancano le polemiche per la campagna vaccinale che coinvolge i bambini. Ma questa è un’altra storia. Ciò che va sottolineato è che in questi due Paesi – soprattutto in Nuova Zelanda – temono le varianti del virus che possono arrivare da altri Paesi. Sia perché aggirano i vaccini, sia perché – questo almeno è quello che abbiamo intuito leggendo una serie di articoli, soprattutto sulla Nuova Zelanda – sono convinti che le varianti possano essere responsabili di forme di Covid molto più gravi di quelle fino ad oggi conosciute. Nei loro Paesi le varianti non debbono assolutamente entrare.

L’incognita del Regno Unito, esempio che tutta l’Europa vorrebbe seguire

Anche nel Regno Unito tutte le attività sono aperte. Però in forza di una strategia che è completamente opposta a quella adottata da Australia e Nuova Zelanda. L’Inghilterra – come del resto l’Unione europea – ha un’economia internazionalizzata. Il Regno Unito, a Gennaio di quest’anno, ha iniziato una campagna vaccinale a tappeto. All’inizio i risultati sono stati notevoli, se è vero che il 30 Maggio il virus era quasi scomparso. Poi, però, la situazione è mutata e i contagi, i ricoveri e i decessi sono ricominciati a crescere. Il picco è stato toccato tra il 10 e il 12 Agosto, poi è iniziata una lieve discesa, ma dal 16 Agosto la situazione è in lieve peggioramento. La gestione del Covid del Regno Unito viene seguita con trepidazione da tutta l’Europa, perché è quello che vorrebbero fare tutti i Paesi europei. Il problema è che la situazione, in questo momento, è interlocutoria: ci sono contagi, ricoverati e decessi. E i casi si dividono equamente tra vaccinati e non vaccinati, se non altro perché la campagna vaccinale, nel Regno Unito, è stata portava avanti con convinzione e determinazione e, quindi, è impossibile, visti i tanti vaccinati, che contagi, ricoveri e purtroppo anche decessi non coinvolgano i vaccinati.

E in Sicilia? La scienza non esiste. Solo approccio ideologico, caos turisti e vaccini

Andiamo alla Sicilia. Dove, per motivazioni che non è facile comprendere – e che non sono scientifiche – si dà per assodato che la situazione sia peggiorata a causa dei comportamenti sbagliati dei siciliani e dei non vaccinati. Nessun timore, in Sicilia, per le varianti che arrivano da mezzo mondo. Inutile precisare che in Nuova Zelanda, in questo momento, la maggioranza della popolazione non è vaccinata e vive tranquillamente, tanto non servirebbe a nulla. In Italia – e quindi anche in Sicilia – l’approccio alla pandemia è ‘ideologico’ piuttosto che scientifico. Non a caso abbiamo ascoltato appelli tipo “o vaccini o morte”, “vaccini questione morale” e, appena ieri, anche il Papa si è cimentato in un panegirico sui vaccini anti-Covid. In Italia e in Sicilia sono convinti che la pandemia si vince con i vaccini, mentre vengono ignorati, di fatto, i pericoli che arrivano dai Paesi esteri. Inutile precisare che nel Regno Unito e, soprattutto in Israele, la campagna vaccinale è stata portata avanti con convinzione, i vaccinati sono tantissimi in tutt’e due i Paesi, ma la situazione è peggiorata lo stesso. Inutile sottolineare quello che in Nuova Zelanda hanno capito in anticipo: e cioè che se non si chiudono le frontiere non ci sarà vaccinazione in grado di contenere il dilagare della pandemia: si tratta, infatti, di un Coronavirus che produce varianti; in questo scenario il modo più efficace per contenere questa pandemia da Coronavirus è evitare che le varianti che vengono fuori in ogni parte del mondo si mescolino tra di loro Paese per Paese. Questo è un discorso scientifico e in Italia e in Sicilia non va bene. Attenzione: chiudere le frontiere in caso di pandemia è sempre stata la strategia più corretta. Era così anche nell’antichità, quando non si avevano le conoscenze scientifiche di oggi. Come scriviamo spesso, nel 1575 il medico siciliano Gianfilippo Ingrassia debellò la peste dalla Sicilia in due anni chiudendo tutte le frontiere. Inutile girarci attorno: se si fanno arrivare persone da tutto il mondo – come succede in Italia e in Sicilia – i controlli non servono a nulla. La Nuova Zelanda ha provato lo scorso anno a far entrare un numero controllato di turisti con criteri rigidissimi, ma il virus ha aggirato i controlli e sono ripartiti i contagi. Da allora hanno chiuso tutto e basta. In Sicilia entrano tutti: turisti a mai finire, crocieristi, migranti, siciliani che vivono all’estero che sono tornati per le vacanze. Ma questo non è un problema. Se parlate con tante persone, o andate sulla rete, vi accorgerete che il problema, in Sicilia, sono i comportamenti sbagliati dei cittadini e i non vaccinati. Le conclusioni le lasciamo a voi.

 

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