L’Italia con Sud e Sicilia è sempre quella di Cesare Lombroso, dalle stragi post unitarie con migliaia di morti allo scippo odierno di Recovery e FEARS

4 luglio 2021
  • La guerra civile di Sud e Sicilia contro gli invasori piemontesi al Dicembre 1862: 37 paesi rasi la suolo,  15.665 fucilati, oltre 20 mila morti, quasi 50 mila arresti, circa 40 mila persone rimaste senza casa 
  • Perché Cesare Lombroso e il suo razzismo antimeridionale sono sempre attuali 
  • “…incendio dei villaggi, le decimazioni, le fucilazioni sul posto dietro semplice sospetto, l’incarcerazione dei familiari senza rispetto neanche per le donne, le detenzioni senza processo, il perdurare delle incarcerazioni di imputati già assolti…”
  • “Tutto fu Piemonte” ieri, tutto è Nord oggi

La guerra civile di Sud e Sicilia contro gli invasori piemontesi al Dicembre 1862: 37 paesi rasi la suolo,  15.665 fucilati, oltre 20 mila morti, quasi 50 mila arresti, circa 40 mila persone rimaste senza casa 

Quant’è costata al Sud e alla Sicilia la guerra civile contro l’invasione dei piemontesi? Un saggio di Michele Antonio Crociata, Sicilia nella Storia (Dario Flaccovio Editore), è illuminante. “Dai dati ufficiali piemontesi e, quindi, presumibilmente conteggiati al ribasso, nel solo 1862 i paesi rasi la suolo furono 37, i fucilati 15.665, i morti in combattimento circa 20 mila, gli incarcerati per motivi politici 47.700 e le persone rimaste senza tetto 40 mila. Persino parecchi sostenitori della causa sabauda rimasero allibiti dinanzi alle atrocità della reazione governativa. Lo spettacolo fu terribile: cadaveri ovunque, sulle strade e nelle case, tutti o in parte bruciati; interi quartieri furono rasi al suolo insieme alle fabbriche ivi installate; uccisioni ed orrori inesprimibili; donne violentate, comprese tante monache all’interno di monasteri profanati”.

Perché Cesare Lombroso e il suo razzismo antimeridionale sono sempre attuali 

Queste atrocità non passano inosservate. Bisognerà aspettare decenni pima che questi ‘numeri’ vengano resi noti, anche se “al ribasso”. Gli echi delle stragi nel Sud e in Sicilia troveranno riscontri i Parlamento, ma per decenni non guadagneranno l’attenzione degli storici. La ‘scienza’ dell’epoca contribuirà a dare una giustificazione agli eccidi: ci penserà Cesare Lombroso, al quale ancora oggi i piemontesi sono legatissimi: tant’è vero che – ancora oggi – Torino non vuole toccato il museo dedicato a Lombroso e alle sue teorie razziste e antimeridionali prive di valore scientifico, ma non per questo messe in discussione. Il razzismo di Lombroso è senza fine perché, ancora oggi, i teschi di meridionali messi in mostra sono una quasi trascrizione simbolica degli scippi dello Stato italiano al Sud e alla Sicilia. L’Unione europea assegna all’Italia quasi 200 miliardi di euro di Recovery Plan perché Sud e Sicilia sono un problema di arretratezza economica e infrastrutturale che va affrontato. Ma prima il Governo di Giuseppe Conte e poi il Governo di Mario Draghi, contraddicendo le indicazioni di Bruxelles, assegnano il 60% del Recovery al Nord; e c’è anche il dubbio che il 40% di risorse Recovery assegnate a Sud e Sicilia vada in parte al Nord. Cos’è che può giustificare uno scippo così vergognoso, se non la considerazione – che è tutta nelle tesi di Lombroso di fatto attuali – che i meridionali sono inferiori e quindi si debbono accontentare delle briciole? E cosa spinge un Ministro della Repubblica a scippare a Sud e Sicilia una quota importante di risorse agricole FEARS per darle alle Regioni del Nord, se non l’olimpica certezza che meridionali e siciliani – detti terroni o cafoni – sono così inferiori e disorganizzati che tanto continueranno a votare per i partiti politici nazionali? C’è un’aggravante: negli anni successivi all’unificazione in Parlamento si levavano voci di dissenso; oggi quasi tutti gli uomini politici del Sud – soprattutto coloro i quali ricoprono cariche importanti – sono schierati con il Nord contro Sud e Sicilia.

“…incendio dei villaggi, le decimazioni, le fucilazioni sul posto dietro semplice sospetto, l’incarcerazione dei familiari senza rispetto neanche per le donne, le detenzioni senza processo, il perdurare delle incarcerazioni di imputati già assolti…”

Il passato ritorna nel presente. La guerra civile che si consuma nel Sud Italia e in Sicilia nei primi anni della ‘presunta’ unificazione italiana – guerra civile che Sud e Sicilia perdono – è ancora oggi oggetto di riflessione per pochi. Anche se molti di più rispetto agli anni in cui Carlo Alianello e Nicola Zitara cominciavano ad aprire squarci su verità occultate: “Il prezzo pagato dagli insorgenti, infatti – scrive Crociata – fu altissimo: in due anni 60 mila morti e, tra le migliaia di reclusi, c’erano persone di ogni età, sesso, stato civile e condizione sociale. Il 20% di loro erano fanciulli, altrettanto erano vecchi, un quinto donne ed un altro quinto coniugi strappati ai loro figlioletti. Non vi erano interrogatori formali e fu soppresso persino “l’inciampo” dell’avvocato difensore; e così, solo dal gennaio all’ottobre 1861, nell’ex Regno delle Due Sicilie si contarono: 9.860 briganti fucilati, 10.604 feriti, 918 case arse, 6 paesi totalmente bruciati, 12 chiese predate, 40 donne e 60 ragazzi uccisi, 13.629 imprigionati, 1.428 Comuni insorti in armi. I generali Trivulzio Pallavicino e Ferdinando Pinelli, posti a capo delle operazioni, non badarono, infatti, ai mezzi utilizzati, inclusi l’incendio dei villaggi, le decimazioni, le fucilazioni sul posto dietro semplice sospetto, l’incarcerazione dei familiari senza rispetto neanche per le donne, le detenzioni senza processo, il perdurare delle incarcerazioni di imputati già assolti… Cose simili erano state fatte per la prima volta in Italia dai francesi giacobini agli ordini di Napoleone e, purtroppo, sarebbero state ripetute dai nazisti durante la terza insorgenza e, ancora una volta, dal governo italiano durante la repressione del moto separatista in Sicilia, quinta insorgenza popolare. Il giacobinismo francese, insomma, è stato preso sempre a modello in queste operazioni repressive”.

“Tutto fu Piemonte” ieri, tutto è Nord oggi

I ‘Grandi giornali’ oggi ignorano gli scippi a Sud e Sicilia da parte del Governo Draghi. Una cosa simile si è verificata all’indomani dell’unificazione italiana. La descrive molto bene Vincenzo Gulì nel libro Il saccheggio del Sud, Edizioni Campania Bella: “Mentre prosegue spietata, ma senza decisivi successi, la repressione sabauda contro gli insorti di tutto il Mezzogiorno, un’altra repressione più crudele, perché quasi nascosta e all’apparenza scarsamente valutata, continua nelle strutture sociali dell’ex regno. La madornale bugia escogitata dal Re ‘galantuomo’ sull’ignoranza dei Napoletani, rei di averlo accolto e trattato secondo i giusti meriti, arriva ai logici provvedimenti desiderati dal nuovo governo. Così inizia una vera rivoluzione formale dell’istruzione pubblica che senza di fatto allargare la base scolastica, o rinnovare le materie insegnate, cambia la gran parte dei docenti, soprattutto all’università, per collocare persone gradite al regime in grado con le parole di operare nei meridionali quella trasformazione necessaria alla loro integrale schiavizzazione, come meglio si vedrà in seguito, con l’ausilio fondamentale dei sostituiti libri di testo totalmente scritti secondo tali nefande direttive piemontesi. Ben si pensa di costruire qualche opera pubblica, dopo aver vituperato per anni i Borbone per la loro supposta carenza in tal senso, ma è casualmente significativo che il primo appalto riguardi 220 servizi igienici stradali in cui si rispecchia concretamente lo stato sabaudo, sia per l’opera realizzata che per il suo costo, esorbitante, che arricchisce oltre ogni decenza la ditta appaltatrice e parecchi funzionari corrotti. ‘Tutto fu Piemonte; Piemontesi a ogni sedia; anche a operai della darsena, a’ tabacchi, agli ospedali, alle ferrovie, a’ telegrafi; sino le nudrici de’ trovatelli venivano da Genova, forse perché reazionario il latte napoletano’. Magnificamente de’ Sivo dipinge i mutamenti in atto nell’amministrazione pubblica e privata del Meridione”.

“Tutto fu Piemonte”, ieri, tutto è Nord oggi. E c’è ancora chi si chiede perché non vogliono toccato il Museo Cesare Lombroso di Torino!

Foto tratta da Il Messaggero

Testi di Michele Antonio Crociata e Vincenzo Gulì tratti da Regno delle Due Sicilie.eu

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