Il prezzo del grano duro siciliano crescerà nonostante le speculazioni al ribasso: intervista a Mario Pagliaro

24 giugno 2021
  • Il messaggio di Pagliaro è chiarissimo: gli agricoltori siciliani che riusciranno a stoccare il proprio grano, nei prossini mesi lo rivenderanno a prezzi elevati 
  • La soluzione? Seguire l’esempio dei produttori di mele dell’Alto Adige
  • Il grano duro siciliano acquisterà sempre più valore e la speculazione dei signori del fotovoltaico, alla fine, sarà perdente

Il messaggio di Pagliaro è chiarissimo: gli agricoltori siciliani che riusciranno a stoccare il proprio grano, nei prossini mesi lo rivenderanno a prezzi elevati 

Siamo a fine Giugno e sta per concludersi la prima fase della mietitura del grano in Sicilia. Il raccolto si chiuderà in realtà a Settembre con la mietitura del grano che cresce a mille metri di altitudine nei terreni intorno ad Enna. Siamo tornati a sentire Mario Pagliaro, il chimico e ricercatore del Cnr che, oltre due anni fa, fu fra i primi in Italia a scrivere che il prezzo del grano sarebbe rapidamente cresciuto. Il gelo, previde a più riprese Pagliaro, avrebbe reso la coltivazione del grano sempre più difficile in molti Paesi: che è quello che si sta verificando.

Pochi giorni fa la Coldiretti ha detto che il prezzo del grano duro è ormai a 30 euro al quintale (300 euro a tonnellata), ai massimi dal 2016. E che il raccolto in Italia sarà inferiore del 10% rispetto a quello dello scorso anno. Poi leggiamo ad ascoltiamo gli agricoltori siciliani che dicono che le quotazioni attuali non vanno oltre i 25-26 euro a quintale e anche meno. Qual è la reale situazione?

“Hanno ragione entrambi. Coldiretti si riferisce al prezzo medio nazionale che al Nord Italia è nettamente più alto che in Sicilia. In Sicilia, che quest’anno potrebbe superare la Puglia dove la produzione è riportata in calo del 45% a causa del freddo prolungato (come potete leggere qui), gli acquirenti cercano di tenere il prezzo al più basso livello possibile proprio all’inizio della stagione, quando gli agricoltori, specialmente i più piccoli, hanno necessità di vendere subito per remunerare un anno di lavoro e di spese”.

Come fanno: ricorrono alle navi piene di grano duro canadese che fanno arrivare nei porti di Sicilia e Puglia proprio all’inizio della mietitura?

“Solo in parte. Ormai persino il maggiore produttore di pasta nazionale ha differenziato produzione ed offerta. Da tempo commercializza con un colore diverso le confezioni la pasta prodotta con grano italiano da quella prodotta con grano di importazione. In realtà, la causa principale sta nella frammentazione della proprietà agricola in Sicilia. Infatti, i latifondisti produttori di grano duro riescono a vendere a prezzi ben più elevati dei piccoli produttori. Sia perché possono permettersi di attendere il rapido rialzo dei prezzi a conclusione della mietitura, sia perché possono trattare direttamente con i trasformatori, ovvero con le aziende che moliscono il grano, interessate a comprare grano duro di alta qualità in quantità significative e con tempi di consegna rapidi”.

La soluzione? Seguire l’esempio dei produttori di mele dell’Alto Adige

E la soluzione quale sarebbe allora: far acquisire dai latifondisti i terreni delle aziende agricole più piccole?

“No. Basterebbe fare come fanno i nostri connazionali altoatesini, gli italiani di origine austriaca, con le loro mele. Per evitare che gli acquirenti agiscano sulla fragilità finanziaria dei piccoli produttori, hanno organizzato dei consorzi a cui tutti gli agricoltori consorziati conferiscono la loro produzione annuale di mele. Gli acquirenti interessati – le aziende intermediarie che poi rivendono le mele ai venditori di frutta di tutta Italia – trattano direttamente con il Consorzio. Che ovviamente è interessato ad ottenere il massimo prezzo per remunerare sempre meglio gli agricoltori consorziati. Fanno così pressoché tutte le aziende agricole di Austria e Germania che, contrariamente a quanto si crede, sono Paesi che ospitano una grande e diversificata agricoltura”.

E nel frattempo che questo accada, vista la latitanza totale della politica in Sicilia, per non palare dell’associazionismo, cosa possono fare i piccoli agricoltori per difendere il proprio grano?

“Tutte quelle che possono, dovrebbero attendere l’inevitabile rialzo dei prezzi che si verificherà anche in Sicilia fra poche settimane. voi avete scritto, riprendendo un nostro post, come l’Algeria abbia da poco comprato a 30 euro al quintale grandi quantità di grano tenero da svariati fornitori europei con consegna ad Agosto. Se il prezzo all’ingrosso del grano tenero, per centinaia di migliaia di tonnellate, è già così elevato, immagini quale sia il reale prezzo attuale del grano duro, notoriamente più costoso del grano tenero”.

Il grano duro siciliano acquisterà sempre più valore e la speculazione dei signori del fotovoltaico, alla fine, sarà perdente

Lei è anche un esperto di energia solare. Non pensa che questa corsa al fotovoltaico sui campi in Sicilia finirà col travolgere l’agricoltura, proprio partendo dai campi di grano?

“Non accadrà. I prezzi del grano, nonostante la frammentazione e la mancanza di coordinamento degli agricoltori siciliani, sono già remunerativi e in continua crescita, mentre, come nel caso della Puglia ma ancor di più, in prospettiva, per tutte le produzioni di grano a Nord di Roma, la produzione nazionale è in forte calo. Lei sa che l’Italia ha un’enorme e ricchissima industria della pasta che, da tempo, importava grano a basso costo dall’estero. Con soli 264 mila ettari, la Sicilia ha quasi 100 mila ettari di terreno in meno della Puglia coltivati a grano. Ma la Sicilia è molto più grande della Puglia e non avrà difficoltà a far crescere rapidamente l’estensione dei terreni coltivati a grano duro. A guidare la crescita saranno tanto i prezzi del grano, tornati ad essere remunerativi, che la crescente carenza di grano duro di qualità”.

Allora questo significa che le grandi aziende del Nord verranno in Sicilia a comprarsi i terreni?

“E’ esattamente quello che avvenne venti anni fa con le produzioni vitivinicole. Quando le grandi aziende del vino, che in Italia erano e sono tutte al Nord, capirono che i terreni siciliani erano perfetti per coltivare redditizie varietà di uve con cui produrre grandi vini, smisero di comprare le uve siciliane per ‘tagliare’ le loro uve povere di zucchero e iniziarono ad acquistare grandi appezzamenti di terreni. Da tempo vi producono vini pregiati venduti in tutto il mondo, specialmente in Germania. Accanto a loro, però, sono prosperate numerose grandi e medie aziende siciliane. E oggi nessuno parla più di estirpare le viti per far scendere la produzione e sperare in un vano rialzo dei prezzi come avveniva ancora nei primi anni ’90 con i finanziamenti comunitari. I terreni siciliani con buona vocazione per le uve si vendono a prezzi molto alti. Lo stesso sta avvenendo per molte altre colture. Ed inevitabilmente avverrà per il grano. La Sicilia era, e tornerà ad essere molto rapidamente, il granaio di Roma”.

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