I pastori sardi bloccati da processi e burocrazia minacciano di scendere di nuovo in piazza

16 maggio 2021
  • Questa volta non è il prezzo basso del latte di pecora a suscitare malumori. Sono le vicende giudiziarie legate alla protesta di piazza di due anni fa unitamente alla burocrazia 
  • Il problema della documentazione antimafia
  • Non può passare il principio che agricoltori e allevatori che protestano contro gli effetti nefasti della globalizzazione dell’economia paghino conseguenze sul piano economico 

Questa volta non è il prezzo basso del latte di pecora a suscitare malumori. Sono le vicende giudiziarie legate alla protesta di piazza di due anni fa unitamente alla burocrazia 

Vietato protestare contro chi affama agricoltori e allevatori. E’ questo il ‘succo’ che si ricava da quanto sta succedendo in questi giorni in Sardegna dove tanti pastori sono in grandissima difficoltà e minacciano nuove proteste di piazza. No, questa volta non è una questione di prezzo del latte ovino basso, ma è la Giustizia italiana che gli sta presentando il conto delle proteste di due anni fa. Due anni fa è successo che il prezzo del latte di pecora era precipitato, se non ricordiamo male, a poco più di 0,50 euro al litro. Ricordiamo che la Sardegna è la prima Regione italiana per produzione di latte ovino. Gli allevamenti di pecore, in Sardegna, fanno parte della storia. Per la cronaca, il celebre Pecorino romano è prodotto, in buona parte, con il latte delle pecore sarde. Cosa è successo due anni fa? La solita storia: è arrivato un Paese – la Romania – che, grazie ai bassi costi di produzione (costo del lavoro in testa), ha messo sul mercato latte di pecora a prezzi molto concorrenziali. Risultato: il costo del latte ovino prodotto il Sardegna è andato giù. Da qui le proteste dei pastori sardi. Proteste eclatanti, quelle di due anni fa. E tanti pastori sono stati denunciati. Direte: e allora?

Il problema della documentazione antimafia

E allora i problemi stanno arrivando in questi giorni. Premessa che non sappiamo come sia finita questa storia. Sappiamo che nel Marzo del 2019, dopo le proteste, era stato trovato un accordo; ma non sappiamo quale sia oggi la situazione. Quello che sappiamo è tanti pastori sardi hanno sul capo le denunce. E a quanto scrive l‘ANSA, i pastori che hanno problemi giudiziari non possono risultare a posto con la documentazione antimafia: e non essendo a posto con la documentazione antimafia non possono accedere ai fondi europei della PAC (Politica Agricola Comune). E per questi pastori il problema è enorme, perché il prezzo del latte di pecora è sempre basso (come il prezzo di tanti altri prodotti agricoli) e senza l’integrazione con i fondi europei vanno in perdita. Leggiamo nell’articolo dell’ANSA: “Se non verrà garantito l’intervento della politica, a tutti i diversi livelli, per risolvere tale problematica, i ‘pastori senza bandiere’ prevedono di intraprendere nuove e più vigorose forme di tutela per salvaguardare tutti i danneggiati: perché non sia mai che oltre al danno arrivi anche la beffa”.

Non può passare il principio che agricoltori e allevatori che protestano contro gli effetti nefasti della globalizzazione dell’economia paghino conseguenze sul piano economico 

Noi ci auguriamo che la politica trovi una soluzione. Anche perché non può passare il principio che gli agricoltori (in questo caso gli allevatori di pecore) che protestano contro gli effetti deleteri della globalizzazione dell’economia vengano puniti. Lo Stato italiano non può prendersela con i pastori o gli agricoltori che protestano, anche perché, così facendo, si portano agricoltori e allevatori alla disperazione. La politica italiana deve capire che l’agricoltura del nostro Paese non può essere smantellata solo in altri paesi si produce a costi più bassi. Anche perché, sesso, i costi di produzione bassi di un Paese sono dati dal costo del lavoro bassissimo. Non si può combattere il lavoro nero in agricoltura, perché si considera bassa una paga giornaliera di 30 euro per un operaio agricolo, quando i Paesi che importano i propri prodotti agricoli a prezzi stracciati pagano un operaio agricolo 4-5 euro al giorno! Il problema è serio e non può essere ignorato. In Italia un operai agricolo, a norma di legge, costa a un’impresa agricola non meno di 80 euro al giorno: ma sono pochissime le imprese che possono pagare 80 euro al giorno un operaio! Di più: le colture di alcuni Paesi sono molto produttive perché sostenute in campo da pesticidi pesantissimi: il problema è che questi prodotti trattati in modo ‘pesante’ (talvolta con pesticidi che in Italia non si utilizzano da decenni perché dannosi per la salute umana) finiscono sulle nostre tavole perché molto concorrenziali, ‘ammazzando’ i nostri agricoltori! Negli anni ’70 Magistratura democratica parlava anche di funzione sociale nella gestione della Giustizia: allora è bene considerare la questione sociale nel suo insieme, non guardando soltanto agli atti – spesso sopra il rigo – di agricoltori e allevatori disperati, ma andando anche a osservare e studiare cosa c’è dietro…

Foto tratta da Radio Onda d’Urto     

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