Processo per corruzione: Miccichè, Turano e la vecchia politica siciliana che toglie ogni speranza di cambiamento

23 febbraio 2021
  • La vicenda giudiziaria è legata al grande affare delle energie alternative
  • Turano e la campagna elettorale del 2001
  • I rapporti con Gianfranco Miccichè
  • Grandi affari, imprese, politici e burocrati: il paradigma della vecchia politica siciliana

La vicenda giudiziaria è legata al grande affare delle energie alternative

Non seguiamo la cronaca giudiziaria, ma questa notizia, che leggiamo sull’ANSA merita di essere ripresa per i risvolti sociali e politici. E, soprattutto, perché riguarda le cosiddette energie alternative, che in alcuni casi, oltre ad essere piuttosto ‘pesanti’ per l’ambiente (vedere il progetto per riempire di pale eoliche milioni di metri quadrati di mare, togliendo spazio alla pesca), sono anche fonte di affari poco chiari. Di scena, la vicenda giudiziaria che coinvolge Vito Nicastri, imprenditore molto attivo nel settore delle energie alternative. Sullo sfondo i rapporti con la politica. E, in particolare, con un assessore dell’attuale Governo regionale: Mimmo Turano. Leggiamo cosa scrive l’ANSA:

Turano e la campagna elettorale del 2001

“Ha ammesso di essere stato socio, 30 anni fa, di Vito Nicastri, imprenditore trapanese ritenuto tra i finanziatori del boss Matteo Messina Denaro, e di aver ricevuto da lui un finanziamento di 10mila euro per la campagna elettorale del 2001. L’assessore regionale alle Attività produttive Mimmo Turano ha deposto al processo all’ex consulente della Lega, Paolo Arata, imputato di corruzione e intestazione fittizia di beni davanti al Tribunale di Palermo, insieme al figlio Francesco Paolo, al dirigente regionale Alberto Tinnirello e all’imprenditore milanese Antonello Barbieri. Il processo, celebrato davanti alla quarta sezione del Tribunale di Palermo, nasce da un’inchiesta che portò in carcere l’imprenditore Vito Nicastri, che ha patteggiato una condanna a due anni e 10mesi sempre per corruzione e intestazione fittizia di beni, il figlio Manlio, che rispondeva degli stessi reati, e che ha patteggiato a due anni, gli Arata e alcuni funzionari regionali. Al centro del processo un giro di tangenti pagate per avere le autorizzazioni per la realizzazione di due impianti di biometano a Francoforte e Calatafimi che Arata e il suo socio occulto Nicastri avrebbero voluto costruire”.

I rapporti con Gianfranco Miccichè

Arriviamo ai rapporti con la politica: “Turano – leggiamo nell’articolo dell’ANSA – non ha negato la vecchia conoscenza con Nicastri con cui avrebbe anche fatto un viaggio in Tunisia su un aereo privato di un amico. E alla domanda su chi avesse pagato ha risposto: «figuratevi se pagavo io». Rispondendo alle domande del pm Gianluca De Leo, Turano ha raccontato dei suoi rapporti con gli Arata. «Fui chiamato da Gianfranco Miccichè che mi disse di andare da lui all’Ars – ha raccontato -. Lì trovai il figlio di Arata che mi parlò dell’impianto di biometano da realizzare a Calatafimi, io dissi che non ero interessato perché già in occasioni pubbliche, condividendo le prese di posizioni di miei colleghi di partito che avevano perplessità dal punto di vista ambientale, avevo detto che non avrei sostenuto la cosa». Un punto della deposizione, questo, su cui la versione di Turano cozza con quella del presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, che ha raccontato che Turano gli avrebbe detto, in quell’occasione, che in quell’affare c’era gente che non gli piaceva, riferendosi evidentemente a Nicastri. «Mesi dopo incontrai Arata padre – ha invece detto Turano – che si lamentava delle lungaggini nell’iter di approvazione dei progetti presentati e fu lui a dirmi che forse il ritardo era dovuto al fatto che Nicastri (che aveva già problemi con la giustizia ndr) era suo consulente. Solo allora ne parlai con Miccichè»”.

“In queste aule si esitava nel pronunciare la parola mafia molti anni fa”

“Turano – leggiamo sempre nell’articolo dell’ANSA – ha sostenuto di aver saputo solo dai giornali delle vicissitudini giudiziarie dell’imprenditore e dei gravi reati di cui era accusato. Su domanda del presidente del tribunale Bruno Fasciana ha esplicitato di riferirsi alle accuse di mafia. «In queste aule si esitava nel pronunciare la parola mafia molti anni fa», ha commentato il presidente davanti alle titubanze del teste. Turano ha raccontato di aver detto esplicitamente ad Arata di non avere intenzione di sostenere il suo progetto. Il pm ha però contestato all’assessore il testo dell’intercettazione della conversazione con il faccendiere in cui il politico diceva: «Fammi verificare, se sei uno che investe, che paga i dipendenti, che rispetta l’ambiente io non ti romperò i c… Tu non sei un francescano e neppure io». «Erano frasi di circostanza», ha risposto il teste”.

Grandi affari, imprese, politici e burocrati: il paradigma della vecchia politica siciliana

Che dire? Intanto non sta a noi stabilire se i comportamenti dei politici hanno o meno violato la legge. In questa vicenda c’è un livello giudiziario, nel quale noi non entriamo; ma c’è anche un livello politico che si commenta da sé e che anche noi commentiamo. E il nostro commento è che la politica siciliana che oggi governa la Sicilia non è certo estranea a un certo mondo imprenditoriale, così come non è estranea la burocrazia. Stando a quello che leggiamo, la versione del presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gianfranco Miccichè, non combacia con quella dell’assessore regionale, Turano. Non ci sembra una cosa di poco conto, vista la rilevanza di questa vicenda. Anzi. A parte le discordanze, questa vicenda è paradigmatica di una politica siciliana sempre più lontana dagli interessi reali dei cittadini: cittadini siciliani che, in buona parte, si allontanano dalla politica (in Sicilia ormai va a votare meno del 50% degli elettori), mentre la vecchia politica riesce comunque a tirare dalla propria parte settori centrali della società, vuoi con il clientelismo legato alla spesa pubblica (precariato, società pubbliche e sovvenzioni varie, a cui si è aggiunto in questi anni il Reddito di cittadinanza, che nella nostra Isola appare sganciato dal sistema imprenditoriale, che anzi viene danneggiato, come sta avvenendo con il mondo dell’agricoltura), vuoi con altri metodi. Il risultato è l’inamovibilità del sistema politico, con centrodestra e centrosinistra che si alternano in un gioco continuo che non dà alcuna speranza di futuro. Un sistema che è riuscito in un paio di anni a ingabbiare anche l’esperienza del Movimento 5 Stelle, che ormai si accompagna con la vecchia politica.

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