L’Hotel delle Palme di Palermo tra cronaca e storia: Ingham, Wagner, summit di mafia del 1957 e le morti misteriose…

15 gennaio 2021
  • Tra due mesi riapre l’Hotel delle Palme di Palermo
  • Da Benjamin Ingham al Cavaliere Ragusa
  • 1957: summit di mafia all’Hotel delle Palme di Palermo
  • Luchy Luciano e Michele Sindona
  • L’operazione Milazzo
  • Da Wagner al Crispi, ‘re’ degli ascari siciliani
  • Le strane morti di Camilo Josè Enrique Rodò Pineyro e Raymond Roussel
  • Charles Poletti e i due baroni siciliani

Tra due mesi riapre l’Hotel delle Palme di Palermo

E’ notizia di questi giorni che tra due mesi circa riaprirà il Grand Hotel delle Palme di Palermo (anche se non mancano le polemiche sindacali). Sarà ancora un 5 Stelle in una città che, in verità, se proprio la dobbiamo dire tutta, di ‘stelle’ ne ha perse parecchie. Non ci riferiamo alle stesso degli Hotel, ma a una città sempre più abbandonata. Comunque andranno le cose, con questo articolo vogliamo ricordare un po’ la storia di questo Hotel che, in realtà, non è nato come Hotel. Poiché il plagio si se stessi non è un reato, citeremo, almeno in parte, un articolo che abbiamo scritto qualche anno fa per La Voce di New York, più qualche altra storia.

Da Benjamin Ingham al Cavaliere Ragusa

“L’Hotel delle Palme – stiamo citando il nostro articolo su La Voce di New York – venne costruito da Benjamin Ingham, un imprenditore inglese che si era trasferito in Sicilia. Siamo negli anni in cui Palermo era una Capitale europea e non la città ciabattona e sfasciata che è oggi. Ingham è lo zio dei Whitaker, altra famiglia inglese prestigiosa che ha lasciato a Palermo e in Sicilia importanti testimonianze (basti pensare a Villa Malfitano, a Palermo, oggi sede di una Fondazione finita, purtroppo, a una Regione siciliana ormai mezza fallita)”. Questo Benjamin Ingham era un inglese tutto dedito agli affari. Di lui si ricorda ancora una marca di Marsala, il noto vino siciliano molto amato nel Regno Unito. E di lui – parlano i documenti – si ricorda anche un modo di fare non esattamente gentile. Abbiamo ricordato del nipote – un Whitaker, figlio di sua sorella – arrivato in Sicilia per lavorare con lui. A un certo punto il ragazzo si ammalò e morì. Benjamin Ingham non si scompose. Prese carta e penna e scrisse alla sorella: “Tuo figlio è morto. Mandamene un altro”. Un tipo, insomma… Quello che è oggi l’Hotel della Palme nasce come abitazione privata. La casa era allora collegata da un passaggio segreto alla Chiesa anglicana che si trova proprio di fronte, in quella che oggi è via Roma. In quegli anni l’edificio era a due piani e c’era anche un giardino d’inverno che arrivava fino al mare. non abbiamo mai capito perché, a un certo punto, l’imprenditore inglese decise di disfarsi della sua casa. “Alla fine dell’800 – siamo tornati al nostro articolo de La Voce di New York – l’edificio viene acquistato dal Cavaliere Enrico Ragusa che, nel 1907, lo trasforma nel Grande albergo della Palme (o all’Hotel des Palmes ) con un progetto dell’architetto Ernesto Basile. Questo Hotel non può essere paragonato al Villa Igiea o al San Domenico di Taormina. Ma da questo luogo sono passati personaggi importanti. E, sempre in questo luogo, sono accaduti fatti importanti. Chi scrive ha avuto la fortuna di conoscere due personaggi che di questo Hotel conoscevano tante storie. E alcune di queste storie le avevano vissute di presenza, quindi da testimoni. Parliamo di Alessandro ‘Sandro’ Attanasio, un catanese che, forse, è stato addirittura direttore dell’Hotel delle Palme. E di Tonino Zito, un indimenticabile amico e collega che ha vissuto quella che è passata alla storia come l’ ‘Operazione Milazzo’, una controversa fase della vita politica siciliana consumatasi anche nella stanze di questo Hotel”.

1957: summit di mafia all’Hotel delle Palme di Palermo

“Tra il 1957 e il 1960, insomma, all’Hotel delle Palme di Palermo vanno in scena due accadimenti che rimarranno nella storia. Nel ’57 si tiene proprio a Palermo, e proprio nei saloni dell’Hotel delle Palme, un summit tra i capi della mafia siciliana e di Cosa nostra americana. C’era l’indiscusso capo della mafia siciliana, Giuseppe Genco Russo, che aveva preso il posto di Don Calogero Vizzini, morto nel 1954, e poi altri mafiosi siciliani: Domenico La Fata, Calcedonio Di Pisa, Vincenzo Rimi, Cesare Manzella. La delegazione americana era capeggiata da Giuseppe Bonanno, meglio conosciuto a Brooklyn come Joe Bananas. Assieme a lui c’erano Joe Di Bella, Vito Vitale, Camillo Carmine Galante, Santo Sorge, Giovanni Bonventre, Charles Orlando, John Priziola. E c’era, soprattutto, Lucky Luciano, che 15 anni prima aveva avuto un certo ruolo nella sbarco degli americani in Sicilia (cosa, questa, che alcuni storici oggi negano, forse per cercare di dare dell’Italia un’immagine più seria…). Nel 1957 Luciano è uno degli indiscussi protagonisti della mafia americana e siciliana. L’unico in grado di esercitare un grande ascendente su Cosa nostra. In quegli anni Luciano si è trasferito a Napoli. E’ stato liberato dagli americani nel 1943, si dice per preparare, in Sicilia, lo sbarco delle truppe americane. Oggi alcuni storici provano a smentire tale tesi. Ma a parte il fatto che ci sono altri storici che dicono l’esatto contrario, ci sono anche tante testimonianze che provano il ruolo della mafia in quegli anni. Lo stesso Sandro Attanasio ha scritto un libro: Sicilia senza Italia, dove si dimostra che gli americani sbarcarono in Sicilia quasi senza colpo ferire”. Tra questi lo scrittore e drammaturgo statunintense Eugene Luther Gore Vidal: “La liberazione – scrive – fu l’operazione militare meno sanguinosa di tutta la seconda guerra mondiale. A ungerla con l’olio d’oliva, in modo che non s’inceppasse, ci pensarono i picciotti, che controllavano tutto il territorio, appena arrivò il segnale prestabilito: il lancio dagli aerei americani di migliaia di fazzoletti di seta con una L come monogramma, che stava per Luciano”. Dei fazzoletti con la L lanciati dagli aerei parla anche Pantaleone nel libro ‘Mafia e politica’.

Luchy Luciano e Michele Sindona

“Luciano, siciliano di Lercara Friddi, una volta fuori dalla galera americana, torna in Italia per riorganizzare gli ‘affari’. E’ lui l’artefice del summit dell’Hotel delle Palme di Palermo. L’incontro ha luogo fra il 10 e il 14 ottobre 1957. Chi racconta i particolari del summit è lo scrittore e giornalista Michele Pantaleone nel suo celebre libro ‘Mafia e politica’ (Einaudi 1962). Pantaleone scrive anche alcuni articoli sul giornale L’Ora di Palermo, uno dei pochi organi di stampa che, in quegli anni, parlava di mafia. Secondo Pantaleone, il programma dei lavori era il seguente. Primo: far cessare le guerre di mafia in Sicilia e in America (in quegli anni a Palermo si contavano centinaia di morti). Secondo: i capi della mafia siciliana avrebbero ‘garantito’ i rapporti con Cosa nostra americana. Terzo: accreditare i corrieri siciliani nel traffico di droga. Quarto: separare dal traffico della droga dal contrabbando di sigarette, che gli americani consideravano ininfluente rispetto al business degli stupefacenti. Si racconta che, sempre a Palermo, e sempre nei saloni dell’Hotel delle Palme, si decide la sorte del boss Albert Anastasia, considerato troppo ‘rumoroso’, cioè violento. E non è un caso se il 25 ottobre Anastasia viene trucidato da colpi di mitra mentre si sbarbava nello Sheraton Park Hotel, nel centro di New York. Per la cronaca, quel giorno, tra i personaggi che presero parte all’incontro dell’Hotel delle Palme, seduto in un angolo nella Sala del caminetto, c’era un giovane avvocato siciliano di Patti, che negli anni successivi farà molto parlare di sé: Michele Sindona”.

L’operazione Milazzo

Il caso ha voluto che, stamattina, nel nostro MATTINALE, abbiamo ricordato l’operazione Milazzo. Ebbene, nella vicenda politica dei tre Governi regionali di Silvio Milazzo un ruolo importante lo ha giocato proprio l’Hotel delle Palme. “Nel Parlamento siciliano di quegli anni, nell’autunno del 1958, Silvio Milazzo, tra gli allievi prediletti di don Luigi Sturzo, il prete di Caltagirone fondatore del Cattolicesimo sociale italiano, è un deputato democristiano ribelle. Milazzo ha dato vita a un Governo regionale che ha spedito all’opposizione la Dc ufficiale. Negli anni della ‘Guerra Fredda’ il passo compiuto da Milazzo era considerato politicamente eretico. In pratica, una follia. Dietro questo governo regionale che si ribellava alla Dc e, per certi versi, anche alle ‘Sette sorelle’ (le multinazionali del petrolio che avevano gettato gli occhi sul mare siciliano alla ricerca degli idrocarburi: un po’ quello che sta succedendo di nuovo oggi) c’era l’allora presidente dell’Eni, Enrico Mattei. Dietro Milazzo, almeno in una prima fase, c’era anche don Luigi Sturzo, che voleva impartire una bella lezione ad Amintore Fanfani, in quegli anni uomo forte della politica italiana, visto che ricopriva, contemporaneamente, tre posti di grande potere: segretario nazionale della Dc, capo del Governo e ministro degli Esteri con l’interim. Insomma, Fanfani era a capo di tutto. Esautorato Fanfani, Don Sturzo si illude di convincere Milazzo a staccare la spina del governo regionale. Ma non sarà così. Dopo il primo governo, Milazzo darà vita ad altri due governi appoggiati da uno schieramento eterogeneo di politici, massoni e mafiosi. Il Pci appoggia il governo Milazzo. E lo fa con la ‘benedizione’ di Palmiro Togliatti, all’epoca segretario del Partito comunista italiano. Anche Togliatti coltiva un’illusione: spezzare l’unità dei cattolici in politica a partire dalla Sicilia, dove è nata la Dc. Per perseguire questo (e forse altri obiettivi meno nobili), il Pci non esita a finire nel cuore di un’operazione avversata dai servizi segreti di mezzo mondo e appoggiata dalla mafia siciliana (qualche deputato che si rifiutava di votare il governo Milazzo veniva preso a schiaffi dai capi mafia). Contro il governo Milazzo erano due dirigenti del Pci: Girolamo Li Causi e un allora giovane Pio La Torre. Il primo venne costretto al silenzio, il secondo contava poco o nulla. L’operazione Milazzo si concluderà proprio nei saloni dell’Hotel delle Palme. Con i deputati milazziani che proveranno a ‘comprare’ i voti di un paio di deputati democristiani del Parlamento siciliano. Ma verranno ingannati e sputtanati a Palazzo Reale, la sede del Parlamento dell’Isola”.

Da Wagner al Crispi, ‘re’ degli ascari siciliani

“Ma l’Hotel delle Palme è stato anche altro. Tra gli ospiti di questo albergo si ricorda Richard Wagner, che proprio a Palermo conclude la partitura del “Parsifal“. Wagner alloggiava con la seconda moglie, Cosima Listz, e con uno stuolo di accompagnatori. Si fermerà all’Hotel della Palme, nella suite 124, dal 5 novembre 1881 all’1 febbraio 1882. Le cronache del tempo raccontano dei pessimi rapporti tra il titolare dell’Hotel, il cavaliere Ragusa, e lo stesso Wagner. Pare che il musicista andrà via senza saldare il conto. Parlando molto male del cavaliere Ragusa”. “Un altro personaggio che frequentava abitualmente l’Hotel delle Palme è stato Francesco Crispi, siciliano in bilico tra Ribera, provincia di Agrigento, e Palazzo Adriano, provincia di Palermo. Crispi – che è considerato il ‘padre deli ascari siciliani’, cioè dei politici siciliani che hanno svenduto la Sicilia a Roma per farsi i cavoli propri – che sarà anche Presidente del Consiglio, veniva eletto a Palermo. All’Hotel della Palme soggiornava spesso anche Vittorio Emanuele Orlando, siciliano, giurista (è considerato il fondatore della scuola italiana di Diritto Pubblico) e politico. Buona forchetta, chi lo ha conosciuto racconta che sceglieva sempre questo Hotel per la cucina.

Le strane morti di Camilo Josè Enrique Rodò Pineyro e Raymond Roussel

Un altro illustre ospite delle Palme di Palermo è Camilo Josè Enrique Rodò Pineyro, giornalista e filosofo uruguaiano, un pensatore liberale piuttosto noto nel suo tempo. Rodò arriva a Palermo il 3 aprile del 1917. E a Palermo morirà, la mattina del Primo Maggio 1917. Il filosofo era di salute cagionevole. Nella notte era stato male ed era finito all’ospedale ‘San Saverio’, che oggi non esiste più. Morte normale o ci potrebbe essere stato altro? Allora si parlò anche di avvelenamento. Il filosofo verrà imbalsamato e finirà al cimitero dei Rotoli dentro una speciale cassa. Nel 1920 la sua salma verrà rimpatriata in Uruguay. Nella notte tra il 13 e il 14 luglio, anno 1933, nella stanza 224 viene trovato morto lo scrittore surrealista francese Raymond Roussel. Leonardo Sciascia scriverà un celebre saggio: “Atti relativi alla morte di Raymond Roussel”. In questo racconto-inchiesta, pubblicato nel 1971 dalla casa editrice Sellerio (e tradotto in francese), Sciascia prova a smentire l’ipotesi del suicidio, anche se la vicenda rimane avvolta nel mistero.

Charles Poletti e i due baroni siciliani

Nel 1943 il tenente colonnello Charles Poletti, capo dell’Amgot (Allied military government of occupied territory), piazza all’Hotel delle Palme il proprio quartiere generale. L’occasione, si dirà, per trafugare qualche opera d’arte. Tra i personaggi particolari che hanno alloggiato all’Hotel delle Palme c’è anche il barone Agostino La Lomia, originario di Canicattì, provincia di Agrigento, che occupava stabilmente la stanza numero 124. Il barone si scriveva le lettere e se le spediva. Facendosele consegnare alla reception, alla presenza di molta gente. La suite 204 è stata, per oltre mezzo secolo, la casa del barone Giuseppe Di Stefano, originario di Castelvetrano, provincia di Trapani, morto il 5 aprile 1998 all’età di 92 anni. Si racconta che il barone si era auto-esiliato per sfuggire a una vendetta di mafia. Vero? Falso? Chissà.

Foto tratta da Sicilia Fan

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