1860: Garibaldi e Crispi si rimangiano la promessa di dare le terre ai contadini siciliani

3 ottobre 2020

Occupazione militare, promesse non mantenute e inganni: così l’Italia di Garibaldi e Crispi conquista la Sicilia. Ai contadini avevano promesso la fine delle tasse ingiuste e l’assegnazione delle terre. Invece le terre verranno assegnate ai ‘reduci’ della farsesca impresa del mille, mentre i contadini rimarranno in balìa dei mafiosi amici e sodali di Garibaldi e Crispi. Le città dell’Isola in rivolta 

“In quella torrida estate del 1860 non pochi furono i tumulti in vari paesi poveri della Sicilia a seguito delle mancate promesse: Regalbuto, Polizzi Generosa, Tusa, Biancavilla, Racalmuto, Nicosia, Cesarò, Randazzo, Maletto, Petralia, Resuttano, Montemaggiore, Castelnuovo, Capaci, Castiglione, Collesano, Centuripe, Mirto, Caronia, Alcara Li Fusi, Nissoria, Mistretta, Cefalù, Linguaglossa, Trecastagni, Pedara. Tumulti che nascevano appunto dall’illusione, dalla constatazione della mancata promessa di abolire la tassa sul macinato, e altre imposte e balzelli, nonché dal tradimento dell’atto del 2 giugno 1860, firmato da Francesco Crispi, dall’inganno relativamente alla divisione delle terre dei demani comunali, invece, assegnati ai garibaldini combattenti o ai loro eredi, se caduti”.

Tommaso Romano, “Sicilia, 1860 – 1870 – Una storia da riscrivere”, ed. ISSPE, pag. 20.

Tratto da Regno delle Due Sicilie.eu

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