Il ‘caso Trapani-Alitalia insegna che la Sicilia deve fare da sola/ MATTINALE 541

12 giugno 2020

La vicenda dello scalo trapanese è il paradigma dell’intera Sicilia, che deve imparare a fare da sola, dimenticando l’Italia e l’Unione europea. Così come il risparmio privato degli italiani, se utilizzato bene, porrebbe fine alle speculazioni tedesche contro l’Italia, il risparmio dei siciliani potrebbe risolvere il problema dei trasporti aerei della Sicilia e i problemi della stessa economia della nostra Isola

di Economicus

I bene informati raccontano che quest’anno, per la Sicilia, ci sarà solo un “turismo di prossimità”. Ciò significa che saranno i siciliani a godersi la Sicilia. Ed è anche logico, si potrebbe aggiungere. Per cogliere appieno questa logicità basta mettere insieme due notizie: da una parte l’abbandono dell’aeroporto di Trapani da parte dell’Alitalia; dall’altra parte, la ‘scoperta’ che la provincia di Trapani è una delle mete più ambite dai turisti. Due più due fa sempre quattro…

Una delle grandi truffe operate dal liberismo economico l’ha descritta in un celebre libro l’economista John Kenneth Galbraith alla fine degli anni ’50 del secolo passato. Il titolo del volume è La società opulenta. L’autore, con ironia, si prende gioco del capitalismo sostenendo che, nelle mani dei capitalisti, le persone vengono trasformate in consumatori e basta.

Ovviamente, le polemiche contro Galbraith furono feroci. L’aggettivo più amichevole che utilizzarono contro di lui fu “bolscevico”. Un noto imprenditore del tempo, che si sentì toccato direttamente perché, pur predicando il liberismo, era diventato un monopolista, lanciò una crociata contro di lui e contro il suo libro. L’economista gli rispose che di lui, i tanti che l’avevano conosciuto e non esattamente apprezzato, ricordavano in particolare una formula che ripeteva spesso quando doveva chiudere un affare:

“Al diavolo l’interesse pubblico!”.

Ma l’economista – originario del Canada, ma naturalizzato negli Stati Uniti d’America – dice anche un’altra cosa. Sempre con ironia prende in giro i crismi del liberismo economico e i suoi rappresentanti – proprio quel liberismo sfrenato che oggi trionfa nell’Unione europea – sostenendo che coloro i quali si battono per la libera concorrenza, considerata quasi una fede, in realtà puntano solo ad acquisire una posizione dominante nel mercato per fare i propri comodi.

Vi dice niente questa considerazione? Pensate alla Germania che, tra il 2011 e il 2016, ha imposto le “riforme” alla Grecia, alleggerendo questo Paese di quasi 220 miliardi di euro (soldi stanziati dall’Unione europea per ‘aiutare’ la Grecia e finiti nelle ‘casse’ delle banche pubbliche tedesche con il gioco dei diversi tassi d’interesse) per poi acquistare, a prezzi stracciati, porti, aeroporti e altre infrastrutture della stessa Grecia.

Di questo, ovviamente, non si parla. Né si parla del fatto che vogliono fare la stessa cosa con l’Italia appioppandogli il MES – il Meccanismo Europeo di Stabilità – per mettere le mani sul risparmio privato italiano che è pari a poco più di due volte e mezzo il debito pubblico italiano: debito pubblico pari a 2 mila e 400 miliardi di euro fatto passare per “problema gravissimo”.

Come hanno osservato quattro economisti italiani che lavorano nell’interesse dell’Italia e non per fare ingrassare chi controlla l’Unione europea, basterebbe nazionalizzare il debito pubblico italiano, utilizzando in modo intelligente e conveniente il risparmio privato del nostro Paese, e finirebbero le speculazioni e i ricatti contro l’Italia.

Ma il problema è che, oggi, l’Italia è controllata proprio da chi gli deve imporre il MES per conto di una Germania con il culo a terra causa Coronavirus (i tedeschi non sanno più a chi vendere le proprie automobili e, in generale, non sanno dove esportare le proprie merci: e questo, per un’economia che, per il 50-60%, fonda il proprio Prodotto interno lordo sulle esportazioni è un problema molto serio).

Mettiamola così: quel poco che resta dell’Italia in termini di ‘cassa’ – e soprattutto gli asset italiani che invece valgono tantissimo – debbono essere utilizzati per consentire ai tedeschi di mantenere ciò che la loro malconcia economia non gli consente più di mantenere: l’alto tenore di vita.

Direte: cosa c’entra il ‘caso’ Trapani-Alitalia con questa storia? E’ perfettamente dentro questa logica. La Sicilia e, in generale, il Sud Italia sono stati appena sfiorati dal Coronavirus. Mettendo da parte le interpretazioni sul perché ciò sia avvenuto, un fatto è certo: oggi sono nelle condizioni, meglio di altre Regioni italiane, di far ripartire le attività turistiche. 

Ma ciò non sta avvenendo, sia per paura di un ritorno del virus, sia perché il Governo italiano – come avviene regolarmente dal 1860 – non sta aiutando il Sud e la Sicilia, sia per mancanza di lungimiranza, nel caso della Sicilia, degli stessi siciliani.

E’ vero, Alitalia ha abbandonato lo scalo di Trapani. Ma siamo sicuri che i sindaci del Trapanese hanno fatto il possibile per tenere nel proprio aeroporto le possibili compagnie aeree diverse da Alitalia?

Lo sappiamo: i Comuni siciliani sono senza soldi. Vero. Ma le scoperture con le banche ci sono. E ci sono anche i debiti fuori Bilancio che ogni anno vengono pagati dai Comuni….

La morale di questo nostro articolo è che, se la Sicilia si vuole salvare per non finire nelle grinfie di chi oggi controlla l’Unione europea, deve imparare a fare da sé. Inutile pensare che il Governo nazionale – anche se pieno di Ministri e vice Ministri siciliani – farà qualcosa di positivo per la Sicilia. Non lo farà, come non lo sta facendo l’attuale Governo Conte bis che invece sta affossando la Sicilia.

Così come il risparmio privato degli italiani, se utilizzato in modo intelligente e produttivo, porrebbe fine alle speculazioni contro l’Italia, i soldi che oggi i siciliani pagano per i biglietti aerei potrebbero andare a sostenere una compagnia aerea siciliana che faccia gli interessi della Sicilia.

Lo stesso discorso vale per i consumi alimentari. Fino a quando i siciliani non la smetteranno di andare a fare la spesa nei supermercati esteri, la cui presenza, nella nostra Isola, è agevolata da una politica regionale di ‘ascari’ (e da politici comunali altrettanto ‘ascari’), l’economia siciliana non si risolleverà.

Basta grandi centri commerciali per fare la spesa. E se proprio non potete farne a meno, scegliete quelli siciliani o, al limite, meridionali, mai quelli del Nord Italia o, peggio, esteri!

Foto tratta da La Sicilia

 

 

 

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