Prestito a Fca Italy (gruppo Agnelli-Elkann) da 6,3 miliardi con garanzie dello Stato: perché non ci convince

20 maggio 2020

In questa vicenda un po’ surreale il sistema creditizio italiano – che ormai è teleguidato dalla BCE – dimostra di essere forte con i deboli (gli italiani) e debole con i forti (gli stranieri). I dubbi del nostro amico economista che vive a Londra 

di Economicus

E’ giusto che il sistema creditizio italiano – e segnatamente Banca Intesa San Paolo – conceda un prestito di 6,3 miliardi di euro, garantito al 70% dallo Stato italiano, a Fca Italy (Fiat Chrysler Automobiles), gruppo che fa capo agli Agnelli-Elkann, con sede legale in Olanda e sede fiscale a Londra? Noi nutriamo dubbi. Proviamo a illustrarli.

Non vogliamo tediare il lettore con la proposta, avanzata da alcuni esponenti politici italiani, secondo i quali il gruppo, una volta incassato il prestito, dovrebbe trasferire la sede in Italia. Né ci interessa sapere che, il prossimo anno, il gruppo elargirà ai soci un bel dividendo. Né ci convince la tesi di alcuni sindacalisti, secondo i quali il gruppo dà lavoro in Italia a 55 mila persone, più l’indotto.

A nostro modesto avviso, il problema è un po’ diverso. E riguarda l’atteggiamento tenuto dalle banche, negli ultimi anni, con le famiglie e con le imprese italiane.

Anche se vivo a Londra non ho mai perso i miei contatti con amici che vivono nel Nord e nel Sud Italia. Sia chi vive al Nord, sia chi vive al Sud mi ha raccontato che, negli ultimi anni, in base agli ‘ordini’ impartiti all’Italia da una banca privata, ovvero dalla Banca Centrale Europea (BCE), che non è affatto, ad onta del nome che porta, la Banca Centrale Europea, ma una banca privata che, fino ad oggi, ha fatto solo gli interessi della Germania (con l’eccezione del Quantitative Easing che, infatti, è stato contestato dalla Corte Costituzionale tedesca), al sistema economico italiano sono state imposte penalizzazioni.

Infatti, su ordine della BCE, famiglie e imprese italiane (soprattutto le piccole e medie imprese italiane) sono state invitate a rientrare in tempi stretti dalle scoperture bancarie. Molte famiglie, per ottemperare a questo invito sono state costrette a ridurre il tenore di vita e a indebitarsi altrove. Le imprese che avevano i capitali per rientrare dalle scoperture hanno subìto contraccolpi notevoli e, in un modo o nell’altro, sono rientrate dalle scoperture.

Ma ci sono state tante imprese – soprattutto piccole imprese italiane – che, a causa delle direttive impartite dalla BCE, hanno chiuso i battenti.

A conti fatti, la rigidità bancaria imposta all’Italia dalla BCE è servita solo a creare problemi a famiglie e imprese italiane, a ridurre la liquidità nel nostro Paese e, in ultima analisi, a creare recessione economica. 

Superfluo aggiungere che chi ha pagato il prezzo più elevato di questa linea della rigidità adottata dalla BCE sono state le imprese e le famiglie del Sud Italia.

Per non dimenticare quanto avvenuto in Sicilia nel 2011, quando la Fiat ha chiuso lo stabilimento di Termini Imerese, creando un danno economico enorme! Chi ha massacrato il Sud Italia merita un premio?

Che senso ha tenere “i conti in ordine” – fobia tedesca che risale agli anni della Repubblica di Weimar – se poi crei disoccupazione? A meno che non sia valido il seguente retro-pensiero: meno imprese italiane, più imprese tedesche…

E che dire dei 400 miliardi di euro di prestiti annunciati qualche mese fa dal capo del Governo italiano, Giuseppe Conte? “Ci sarà la garanzia dello Stato”, si diceva. Poi si è scoperto che si tratta solo di normali garanzie bancarie!

Insomma, verso gli italiani, dal sistema bancario italiano non è arrivato e non arriva alcuna agevolazione. Poi arriva un gruppo estero, chiede un prestito di 6,3 miliardi di euro alla più importante banca italiana e la garanzia dello Stato italiana e si aprono tutte le porte!

Se l’Italia è questa, ebbene, non c’è da meravigliarsi se farà la fine del Regno delle Due Sicilie, uno dei più grandi Stati europei fatto scomparire per mano estera nel 1860…

 

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