La Regione di Musumeci: il tragico errore della Lega di Salvini all’Identità siciliana/ MATTINALE 513

13 maggio 2020

La Lega in Sicilia e nel Sud Italia è già una contraddizione in termini. Ora il presidente della Regione, Nello Musumeci, pur di non toccare le ‘pastette agricole’ di Gianfranco Miccichè e di ‘pezzi’ della presunta sinistra siciliana, ha preferito affidare ai leghisti la gestione della cultura e dell’Identità siciliana. Un pastrocchio che provocherà solo danni all’immagine della nostra Isola nel mondo

Pur di non scontentare Gianfranco Miccichè e i suoi alleati – ovvero ‘pezzi’ della ‘presunta’ sinistra siciliana – il presidente della Regione, Nello Musumeci, si sta producendo nel più impensabile dei capitomboli politici: affidare alla Lega di Matteo Salvini l’assessorato regionale ai Beni culturali e all’Identità siciliana. Noi, ieri sera, nel dare la notizia della Lega prossima a entrare nel Governo della nostra Isola ci rifiutavamo di credere che Musumeci avrebbe affidato ai leghisti la gestione dell’Identità siciliana. Invece…

Invece ci siamo sbagliati. Alla fine, Musumeci, pur di fare quadrare i conti della sua capricciosa (e consociativa) maggioranza di centrodestra-centrosinistra ha preferito evitare lo scontro con Miccichè e fare ‘ingoiare’ ai siciliani il leghista di turno chiamato ad occuparsi dell’Identità culturale della nostra Isola…

E’ un errore culturale e politico grossolano. La Sicilia non si può presentare al mondo con un leghista che gestisce Cultura e Identità siciliana! C’è, in questa scelta, una grande superficialità!

Già un siciliano leghista è una contraddizione in termini: contraddizione culturale prima che politica. La Lega – per chi l’avesse dimenticato – nasce al grido di “Roma ladrona”: contro uno Stato centrale che, secondo una ricostruzione sbagliata della storia, foraggiava il Sud a spese del Nord Italia.

Chi conosce la storia sa che le cose sono andate – e vanno ancora – in modo opposto. Uno dei primi atti di casa Savoia commissionato a qual brigante e bandito di Giuseppe Garibaldi fu quello di svuotare le ‘casse’ del Banco di Sicilia e del Banco di Napoli per foraggiare un Piemonte di montanari e coltivatori di riso (così, per inciso, alla Sicilia, a partire dai primi anni della ‘presunta’ unità d’Italia, venne impedito di coltivare il riso).

Nel 1860 il Nord Italia era povero mentre il Regno delle Due Sicilie era uno degli Stati europei più importanti dell’epoca. In quegli anni erano gli italiani del Nord che emigravano verso il Nord Europa, non certo i meridionali.

Il Sud Italia è stato trattato – ed è ancora oggi trattato – come una colonia. Con la connivenza delle associazioni criminali del Sud Italia – mafia siciliana in testa – che vengono assoldate dallo Stato per controllare le popolazioni del Sud.

La ‘colonizzazione’ la completa Giovanni Giolitti: suo il capolavoro politico del ‘Decollo industriale’ del Nord a spese del Sud.

Il fascismo lascia tutto immutato, limitandosi ad affidare ai suoi tecnici – gli economisti agrari degli anni ’30, Arrigo Serpieri e Giuseppe Tassinari – il peraltro tardivo attacco al latifondo.

Ma è con la Cassa del Mezzogiorno, istituita nel 1950, che si certificherà la truffa del Nord ai danni del Sud. Tutte le opere programmate dai tecnici della Casmez (abbreviazione di Cassa del Mezzogiorno) vengono realizzate, in un modo o nell’altro, da grandi imprese del Nord.

Per superare questa condizione di sudditanza la classe dirigente del Sud Italia di fine anni ’70-primi anni ’80 – per lo più democristiana e socialista – dopo un dibattito durato oltre sei anni, dà vita all’Agenzia per il Mezzogiorno. 

Corre l’anno 1986. Le opere per il Sud – questo il ‘succo’ del superamento della Cassa per il Mezzogiorno – dovranno essere progettate dallo stesso Sud. Sembra una rivoluzione. Ma dura pochi mesi, perché a partire, grosso modo, dal 1987, i grandi gruppi imprenditoriali del Sud vengono eliminati, in parte perché collusi con le varie forme di criminalità, in parte perché è così che dovevano andare le cose.

Risultato: quasi tutte le grandi opere progettate ai tempi dell’Agensud verranno gestite (e in alcuni casi mai completate) da imprese del Nord.

Alla caduta della Prima Repubblica tutti i fondi per il Sud non spesi finiranno in buona parte a gruppi del Nord. La Fiat in Basilicata è uno di questi esempi. Al Sud finiranno le briciole con i Patti territoriali.

Nel 2001 comincia lo scippo sistematico al Sud documentato dall’Eurispes: 840 miliardi scippati dalle Regioni del Nord alle Regioni del Sud dai primi anni del 2000 al 2017. E lo scippo continua.

E al Sud cosa resta? Restano i fondi strutturali europei che, però, vanno a rilento, sia perché la gestione è complicata, sia perché interviene il ‘Patto di stabilità’ che ne impedisce la totale utilizzazione.

Arrivano le riprogrammazioni dei fondi europei e dei pochi investimenti dello Stato. Così il Nord, oltre a prendersi tutto l’intervento ordinario dello Stato nel Sud, si prende anche una parte dei fondi europei destinati al Sud.

Arriviamo così ai giorni nostri. E qui il Sud dimostra ancora una volta la sudditanza verso il Nord. Qualche giorno fa il Ministro per il Sud, il siciliano Giuseppe Provenzano, in Parlamento dice sostanzialmente che il Nord non può continuare a scippare soldi al Sud.

E’ successo che, per l’emergenza Coronavirus, il Governo Conte bis ha pensato bene di togliere al Sud una parte dei fondi europei non spesi, compresi quelli già programmati (cioè pronti per essere spesi) per portarli al Nord.

Il Ministro Provenzano, bontà sua, dice che non si deve fare. Dice, in sostanza, che ciò che è del Sud deve restare al Sud. Una dichiarazione che in un Paese normale sarebbe ovvia, in Italia diventa invece ‘rivoluzionaria’: così la dipingono gli amici del Movimento 24 Agosto per l’Equità Territoriale, sempre pronti a celebrare le ‘gesta’ di un Ministro – il citato Provenzano – che finora, di concreto, ha prodotto solo chiacchiere.

L’ultima delle chiacchiere del Ministro Provenzano si concentra nell’ovvietà: se il Nord, questa volta, non deruberà il Sud sarà una grande vittoria… Interessante, no?

In questo scenario arriva la scelta ‘intelligente’ del presidente della Regione Musumeci: i Beni culturali – che alla fine sono l’Identità culturale della Sicilia – e la stessa gestione dell’identità culturale andrà alla Lega di Salvini!

Sarebbe stato più logico affidare ai leghisti la gestione dell’Agricoltura controllata, da quando è iniziata l’attuale legislatura, non da Forza Italia, ma da Gianfranco Miccichè, legato a doppio filo a ‘pezzi’ della finta sinistra siciliana.

Ricordiamo che l’ultima gestione dell’assessorato regionale dell’Agricoltura è stata targata PD con Antonello Cracolici; al PD è subentrato il sistema di potere personale di Miccichè, eletto presidente dell’Assemblea regionale siciliana grazie ai voti dei parlamentari del PD.

Miccichè è alleato di ‘pezzi’ della finta sinistra alla Regione e al Comune di Palermo. Al Comune del capoluogo della Sicilia i sodali del presidente dell’Ars sono pappa e ciccia con gli attuali ‘padroni’ della città (i risultati di questa alleanza si vedono…).

Il presidente Musumeci avrebbe potuto imprimere una svolta rompendo il grumo di potere che lega il sistema di potere di Miccichè a ‘pezzi’ della finta sinistra. Ma ha preferito seguire la propria indole, che è quella di un democristiano che media, media, media…

Qualche lettore dirà: ma voi, nei giorni scorsi, avete pubblicato appelli in favore dell’attuale assessore al’Agricoltura, il giovane Edy Bandiera, vicino a Miccichè.

Vero. Ma noi, per nostra scelta, pubblichiamo tutto: anche quello che non ci piace. Si chiama democrazia. Ieri, ad esempio, abbiamo pubblicato un articolo del segretario di Rifondazione comunista in favore del Tram di Palermo, opera a nostro avviso sbagliata e dispendiosa. 

Lo stesso discorso vale per l’attuale gestione dell’assessorato all’agricoltura siciliana, assolutamente insufficiente e consociativa.

Così ora, per mediare, la Sicilia avrà due problemi: l’agricoltura che continuerà ad essere gestita male e i leghisti che si occuperanno di ‘Identità’ siciliana.

Da oggi avremo difficoltà a capire se a fare più danni sarà Miccichè con i suoi amici della finta ‘sinistra’ siciliana o Musumeci con i leghisti al suo seguito…

 

 

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