Anticipiamo la Germania: moneta statale senza debito e prepariamoci alla fine dell’Eurozona/ MATTINALE 492

18 aprile 2020

E’ inutile girarci attorno. L’economia tedesca è ormai alle corde. In questo scenario l’Eurozona non ha più motivo di esistere. La cosa che l’Italia non deve assolutamente fare, in questo momento, è contrarre nuovi debiti: né con il MES (che in Italia dovrebbe essere stato archiviato), né con gli Eurobond. In attesa del crollo, l’Italia, se vuole evitare il disastro economico e sociale, deve puntare subito su una moneta statale senza debito

di Economicus

In questa fase storica complicatissima le vie di uscita dalla doppia crisi – sanitaria ed economica – non sono molte. Ma ce ne sono due, in particolare, che vanno evitate: il MES, che per fortuna l’Italia ha ormai archiviato, e gli Eurobond, che per l’Italia sono impraticabili perché troppo onerosi e pericolosi.

Non sappiamo cosa succederà la prossima settimana. Ma sappiamo che il capo del Governo italiano, Giuseppe Conte, non avrà il mandato per trattare in Europa per un’eventuale applicazione in Italia del MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità. In Parlamento, infatti, c’è una solida maggioranza contraria al MES composta da Movimento 5 Stelle, Lega e Fratelli d’Italia.

A meno che i grillini non cambino opinione – e la cosa ci sembra improbabile perché scomparirebbero – il MES, in Italia, come già accennato, è già archiviato.

E’ vero, c’è il PD, che è favorevole al MES e controlla la maggioranza del Consiglio dei Ministri e la poltrona italiana nella Commissione europea. Ma il PD, ormai, non ha più il 40% dei voti, ma un 18% in discesa. Morale: i dirigenti di questo partito se ne dovranno fare una ragione e ‘inghiottire’ il no al MES.

L’altro scoglio pericoloso per l’Italia è rappresentato dagli Eurobond. Si tratta di una forma di indebitamento senza lo strozzinaggio tipico del MES. Ma gli Eurobond possono funzionare per cifre piccole o medie e in una condizione di stabilità economica e finanziaria.

Solo che, in questo momento, l’Italia ha bisogno di grandi investimenti, in un momento storico di grande instabilità politica, economica e finanziaria.

L’Italia, per provare a far ripartire la propria economia – provare e non farla ripartire matematicamente: le due cose sono molto diverse – ha bisogno di una cifra consistente. Quanto? C’è chi dice 200 miliardi di euro. Una somma che a nostro modesto avviso è bassa rispetto al danno economico prodotto dall’emergenza Coronavirus.

Parlano i fatti, non le chiacchiere in televisione. E i fatti ci dicono che non tutti gli italiani che ne hanno diritto riceveranno l’indennizzo di 600 euro, perché lo Stato italiano non ha, in questo momento, i 48 milioni di euro per completare i pagamenti.

Pensate un po’ come hanno ridotto l’Italia: quella che un tempo era una delle più importanti realtà industriali del mondo (il riferimento è al settore manifatturiero e non automobilistico: il settore automobilistico, in Italia, è stato sempre un peso pagato dalle piccole e medie imprese del nostro Paese) oggi è praticamente ridotto alla fame!

A parte i circa 13 milioni di poveri (di cui 5 milioni circa indigenti), di cui non parla nessuno, a parte la montagna di disoccupati concentrati in massima parte nel Sud, adesso l’Italia deve fare i conti con una crisi economica spaventosa.

E nel pieno di questa crisi, mentre tutti gli altri Paesi industriali del mondo (ma anche Paesi non industriali, ufficialmente più poveri dell’Italia) aiutano famiglie e imprese con interventi a fondo perduto, il nostro Paese tiene milioni di persone in casa (giustamente, perché è l’unico modo per frenare la diffusione del virus che, purtroppo, è ancora tra noi), ma gli sta facendo pagare energia elettrica, acqua, gas, telefono e adesso – è notizia di queste ore – anche l’IMU!

Ricordate cosa dicevano in televisione i nostri cari governanti, a cominciare dai grillini, quando hanno chiuso in casa gli italiani?

“Tranquilli, tutti i pagamenti sono sospesi”.

Invece non hanno sospeso una mazza! E adesso bisogna pagare anche l’IMU, sempre mentre siamo reclusi in casa. Tranquilli, però: il Governo Conte bis ci viene incontro: niente sanzioni in caso di ritardo nei pagamenti. L’importante cari italiani chiusi in casa, è che paghiate…

Dire che siamo davanti a una schifezza politica è poco!

Questa è l’Italia di oggi, signori: un Paese ridotto al ‘friggi e mangia’: altro che grande potenza industriale del mondo! Altro che “grande Paese”!

Ora pensate un po’ cosa succederebbe se l’Italia dovesse prendere in prestito 200 miliardi (che comunque non basterebbero: ce ne vorrebbero almeno 300 di miliardi di euro per provare a far ripartire l’economia) con gli Eurobond. Vi diciamo subito che sarebbe una follia. Illustriamo il perché.

Gli Eurobond eventualmente sottoscritti dall’Italia, per fatti tecnici che è troppo lungo illustrare, finirebbero sotto una giurisdizione straniera. Se, come è probabile, l’Eurozona dovesse collassare (ora illustreremo il perché ciò potrebbe avvenire, anche a breve), l’Italia farebbe la fine che ha fatto la Grecia nel 2015, che si è trovata a fronteggiare un debito di 250-300 miliardi di euro detenuto, per oltre il 60%, da soggetti stranieri.

Sappiamo tutti che fine ha fatto la Grecia…

E allora? E allora l’Italia deve evitare altri indebitamenti: né MES, né Eurobond. Anche perché gli italiani hanno già pagato circa 4 mila miliardi di interessi sul debito pubblico e, nonostante questo, si ritrovano con un debito pubblico pari a oltre 2 mila e 400 miliardi di euro.

Non c’è bisogno di essere economisti per capire che l’euro è un sistema truffaldino con il quale un Paese – la Germania – ha fatto il bello e il cattivo tempo, finanziando la propria riunificazione a spese, soprattutto, dei Paesi dell’Europa mediterranea.

Come si esce da questa strettoia? L’abbiamo scritto più volte: intanto dando vita a una moneta parallela all’euro, in accordo con le leggi italiane e con i trattati europei. 

L’abbiamo già scritto e lo ribadiamo: l’euro, moneta di provenienza bancaria, può convivere con una moneta statale. La differenza è intuitiva: l’euro, come già accennato, è una moneta a credito e nasce indebitando lo Stato, nel nostro caso indebitando l’Italia, che deve emettere e cedere in garanzia titoli del debito pubblico per ottenere il denaro per andare avanti; la seconda – la moneta statale – non indebita lo Stato che la emette, nel nostro caso non indebita lo Stato italiano (qui trovate l’illustrazione della moneta parallela all’euro). 

Questa sarebbe solo la prima mossa. E poi?

Il senatore della Basilicata, Saverio De Bonis, è molto pragmatico: sostiene che l’Europa – Francia, Germania, Olanda e via continuando – vuole distruggere l’economia italiana a partire dal sistema industriale del Nord Italia: da qui la sua proposta di uscire dall’Eurozona ed entrare nell’area del dollaro.

Non è una proposta sbagliata. Ma dubitiamo che l’attuale Governo – o un nuovo Governo, perché sul MES si potrebbe consumare la rottura tra Movimento 5 Stelle e PD – opterà per una soluzione così radicale. Il coraggio non ci sembra una prerogativa della classe politica italiana.

Il fatto, ad esempio, che la Lega di Salvini si presenti come antieuropeista è una balla: i leghisti sono liberisti: sono il volto un po’ più protezionista del demenziale liberismo europeo: e vano evitati, soprattutto al Sud. 

Non rimane che provare a capire quello che succederà. Guardando alla Germania, perché è da lì che partirà la fine dell’Eurozona.

L’economia tedesca è bloccata. La Merkel e compagni hanno imposto a tutti gli europei la politica economica del demenziale rigore. Risultato: bassi salari, disperazione sociale e povertà. I tedeschi, in economia, non sono mai stati lungimiranti. Se lo fossero stati non avrebbero impoverito i Paesi che acquistavano i sui beni.

L’economia della Germania è imperniata per il 50-60% sulle esportazioni. Se impoverisci chi acquista i tuoi beni ti dai la zappa sui piedi: che è quello che hanno fatto i tedeschi in Europa.

A complicargli la vita sono arrivati i dazi doganali americani: altra ‘botta’ tremenda per l’export tedesco.

Poi è arrivato il Coronavirus. In un’economia normale, per l’industria – soprattutto per l’industria automobilistica – il blocco di sei mesi provoca una catastrofe: beni invenduti, licenziamenti e via continuando.

Ora, bene che vada – ma deve andare veramente bene – la pandemia di Coronavirus dovrebbe farci tornare ad una normalità comunque precaria entro un anno e mezzo. In questo anno e mezzo, nel mondo, le persone sane di testa di tutto si dovrebbero occupare, tranne che acquistare le auto tedesche. 

Ciò significa che le industrie automobilistiche della Germania hanno già chiuso. Al massimo, se saranno bravi, i tedeschi potranno cominciare a produrre mascherine e guanti…

In tutto questo ci sono sempre i 4 milioni e forse più di migranti bloccati sulla frontiera turca ‘puntati’ sulla Germania. Non è una bella prospettiva, o sbagliamo? Tanto più che il Regno Unito ha già salutato l’Europa finto-unita, mentre gli Stati Uniti continuano a considerare l’Unione europea distruttiva e da eliminare.

In questo scenario l’Eurozona non ha grandi prospettive. Gli ‘europeisti’ dicono che bisogna stringere i denti, che bisogna trovare soluzioni comuni. La presidente della Commissione europea, la tedesca Ursula von der Leyen, chiede addirittura scusa all’Italia per essere stata lasciata sola ad affrontare l’emergenza Coronavirus.

Ebbene, chi ‘mastica’ un po’ di politica sa che, nei momenti difficili, la verità sta nell’esatto contrario di quanto affermato dai politici. 

Insomma, ci dobbiamo preparare al peggio. Non ce lo diranno mai, ma in questo momento, in Europa, ognuno pensa per sé. I tedeschi stanno calcolando come guadagnare dalla fine dell’euro. Il presidente francese, Macron, che non è affatto un ingenuo, in queste ore ha messo le mani avanti: ha ricordato alla Germania i debiti che gli sono stati condonati pochi anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale.

Macron ha anticipato la linea politica del suo Paese, che da qualche tempo ha un debito pubblico lievemente superiore a quello italiano…

L’unica cosa che non deve fare l’Italia, in questo momento, è nuovo debito. E prepararsi a tutte le eventualità. Ma proprio tutte!

Foto tratta da Il Messaggero

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