Massimo Costa: “La Corte dei Conti in Sicilia vede le cose piccole e perde di vista quelle grandi”

28 dicembre 2019

“Tutti sappiamo che il disavanzo della Regione nasce dalla slealtà dello Stato… Ma è certo che se gli accordi incostituzionali da cui sono discesi decreti “attuativi” altrettanto incostituzionali dello Statuto fossero revocati, in breve la Regione coprirebbe i disavanzi e anzi andrebbe rapidamente in avanzo”

di Massimo Costa
tratto da ECOSICILIA

Conosco il Giudice Abbonato da quando era poco più che laureato; ha avuto un curriculum molto brillante ed è una persona molto preparata, da sempre. Esordì proprio con una monografia sui conti della Regione nei primi anni ’90. Sono contento che la Corte dei Conti abbia gente preparata come lui e i suoi colleghi.

Detto questo, non posso esimermi dal notare che la Corte dei Conti fa una serie di rilievi tecnici sul Bilancio della Regione, nei quali si perde di vista la ragione principale delle difficoltà finanziarie dell’ente, che poi non restano solo dell’Ente (quello che “affettuosamente” chiamo la “Amministrazione coloniale siciliana”). Forse non è compito loro, forse è compito loro essere miopi, nel senso letterale del termine di vedere le cose piccole, piccolissime, e vicine, e perdere di vista quelle macroscopiche.

Anche l’intervento politico del Presidente della Regione aggira il problema principale.

Parafrasando Schumpeter, tutti parlano dell’Amleto, senza mai citare il “principe danese”, cioè il protagonista.

Lasciatemi scrivere queste due righe, destinate solo a pochi amici, certo di essere solo un antipatico “grillo parlante”. Però lo sento come un dovere civico e professionale. Se non parla sul bilancio un ordinario di Ragioneria, per di più sicilianista, chi deve farlo?

Cominciamo dal disavanzo. Il disavanzo è una partita contabile, non coincidente con il debito, che è altra cosa. La riforma del 2011 delle contabilità pubblica ne impone rigorosi contenimenti e ripiani, ordinari e straordinari. La Regione, a quanto pare, non ce la fa proprio. Abbiamo detto più volte, e tutti facciamo finta di niente, che il disavanzo della Regione nasce dalla slealtà dello Stato, che le lascia le spese frodandole sulle entrate.

Non voglio ripetere il quando e il come, troppo lungo e chi vuole sa benissimo dove documentarsi (per esempio in questo articolo e negli articoli allegati a questo stesso articolo). Ma è certo che se gli accordi incostituzionali da cui sono discesi decreti “attuativi” altrettanto incostituzionali dello Statuto fossero revocati, in breve la Regione coprirebbe i disavanzi e anzi andrebbe rapidamente in avanzo.

La Corte vuole che il disavanzo sia recuperato a “botte” di circa un miliardo l’anno, cioè un quindicesimo del proprio bilancio.

Non sono d’accordo. Esiste un limite fisico al ripianamento dei bilanci, quando ci sono spese incomprimibili. Per dare un’idea dell’enormità di tagli o tasse, sul solo bilancio regionale della Sicilia, per un miliardo in un anno, è come se qualcuno chiedesse allo Stato una spaventosa manovra da 40 miliardi di euro circa in un solo anno. Tutti sanno che questo sarebbe il conto salatissimo del Fiscal compact, ma tutti sanno altrettanto bene che è impagabile e che lo Stato, stiamo parlando di chi veramente può attivare la leva tributaria, quando deve trovare 2 o 3 miliardi si mette “a testa sotto e piedi all’aria” e fa fatica enorme a trovarli.

Per la Corte dei Conti, invece, togliere un miliardo in un anno dal bilancio della Regione è un MUST. Si deve fare e basta. E no, questo è miopia. La catastrofe è strutturale, causata dallo Stato italiano che ha saccheggiato la Sicilia, ed è allo Stato italiano che spetta rimediare, non alla pelle dei Siciliani incolpevoli.

Cala il debito, buona notizia, ma calano anche le spese correnti. A parte il fatto che questo significa fare politiche “pro-cicliche” che deprimono la domanda interna, facciamo finta che questa sia davvero una buona notizia.

La “brutta notizia” sarebbe che per fare calare i debiti la Regione ha quasi azzerato gli investimenti, e questo alla Corte non va giù.

E qui non capisco: deve diminuire il debito, deve diminuire il disavanzo, però al contempo deve crescere, con un bilancio ridotto, la spesa per investimenti. A me sembra che le due cose non possano stare insieme. Ma forse è un mio limite.

Poi ci sono osservazioni mirate sulla spesa dei fondi europei, con qualche luce, sulle leggi di spesa, etc. Non mi esprimo: sono i classici temi di cui giustamente si deve occupare la Corte. Non sono centrali, però, il “principe danese” non emerge mai.

E ancora emerge il caos contabile delle partecipate: la Regione ancora non riesce a fare bilanci consolidati attendibili. Per farlo ci vuole volontà, soldi (quelli che voi non volete che si spendano mai) e una buona partecipata informatica (quella che tanti soggetti, compresa la magistratura contabile) non ha mai voluto far funzionare con mille cavilli che ne hanno paralizzato il funzionamento. Diciamo, in siciliano, l’ogghiu fituso e ‘a padedda spunnata: la Regione, pure con i propri pochi fondi, non ha forse razionalizzato come avrebbe dovuto la sua “pararegione”, un po’ malandata ma ancora poderosa.

Infine la colpevole, e certificata, disattenzione della Regione verso Riscossione Sicilia, forse per regalarla meglio allo Stato, come è nei programmi da anni. Questo griderebbe veramente vendetta.

Dura la condizione di colonia al quadrato (l’Italia è a sua volta un protettorato UE, non dimentichiamolo mai), eh? Ma nessuno nelle istituzioni ne parla, facciamo finta di niente, che si tratti solo di “malgoverno locale”. Fa parte della sceneggiata coloniale questo silenzio.

Vae victis!

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